Weekly Playlist N.08 (2021)

 

Nel corso dell’ultimo weekend abbiamo appreso alcuni fatti di cui evidentemente solo noi in questo isolato angolo della rete eravamo all’oscuro: prima che i musicisti (o dovremmo definirli performer?) hanno scoperto le gioie delle lotte operaie e hanno iniziato a scioperare (!); poi che i promoter (anzi, pardon, bisogna chiamarli i salvatori del Metal) vorrebbero tanto tornare ad organizzare eventi, ma guai a muoversi secondo modalità che prediligano passione e socialità invece del guadagno e dell’ego; e infine che il concerto (ma verrebbe anche da dire ritrovo occasionale in cui sfoggiare la t-shirt da 30 euro) è per definizione la massima forma di fruizione musicale possibile: perché dai, vuoi mettere la birra, il pogo e le lucine belle?
Sarà per il nostro scandagliare un genere che giusto sulla dimensione live ha sempre puntato molto meno rispetto ad altre sonorità, ma dopo l’isteria generata da certi cosiddetti flash-mob la playlist di oggi, stilata al solito in realtà con un inevitabile certo anticipo, si fa involontariamente beffe di tali supposte realtà empiriche schierando per la stragrande maggioranza nomi che, per un motivo o per l’altro, non hanno mai messo piede su un palcoscenico né mai lo faranno. In aggiunta, visto che la scorsa volta non ne avevamo incluse, il programma odierno prevede la massiccia presenza di chicche insperate e consigli distribuiti a cuor pesantissimo da Pagan Storm Webzine senza particolari motivazioni, se non la speranza di farvi provare esperienze più appaganti rispetto allo stare davanti a un monitor a guardare i Lacuna Coil che si truccano inutilmente: non avevano affatto bisogno di mettersi il cerone in faccia senza motivazione reale i Raate, ineffabile creatura finlandese in letargo da ormai un decennio buono ma della quale ci è capitato di riascoltare di recente il bellissimo debutto Sielu, Linna”. Se vi attizza un bel compendio di Black Metal dall’arrangiamento tanto cupo quanto atipico, cadenzato e a tinte medievali, registrato coi mezzi del 2007 e le cattive intenzioni del 1997, concedetevi quantomeno un giro di prova sull’opener “Raudan Takoja” dopodiché correte a recuperare l’intero lavoro. Lievemente meglio noto anche per via del suo concepimento nella gloriosa Norvegia del 1994, Serenades In Blood Minor” dei Carpathian Full Moon rimane una perla dal bagliore stilistico realmente unico e distante da qualsiasi opera (non solo) contemporanea, tanto che “Above The Pantheon” non potevamo esimerci dal metterla in tabella di marcia in beneficio ai meno istruiti in platea (con tastiere cortesia di un oggi più noto che allora Jon Bakken, da quasi due decenni imbracciante le quattro corde distorte dei Kampfar). Se volessimo tuttavia tornare a sguazzare nel pantano dei monicker semisconosciuti e maggiormente aggressivi, rimanendo però coi piedi piantati a metà anni novanta, non ci sarebbe problema e finiremmo per presentarvi i tedeschi Mayhemic Truth ed il loro unico parto ufficiale intitolato Cythraw”: pubblicato nel 1995 e felicemente incluso nella utile compilation In Memoriam”, questo EP di tre tracce aperto dalla furente “Bluot Era Hathu” costituisce un piccolo quanto sostanzioso passo in avanti nello sviluppo della corrente stilisticamente vichinga o più largamente pagana in Germania, la cui epica avventuriera scorre impetuosa dalle onde infrante sull’incipit ai cori da drakkar tirato in mezzo alla tempesta; il grado zero del marciume lo raggiungiamo invece sul finale per gentilissima concessione dei Bestial Summoning, sensazione olandese d’antan alquanto gettonata negli ambienti meno sofisticati al quale comunque spetta l’onore del colpo di grazia, incassato nel 1992 come oggi sulle note di “Birth Of The Antichrist” dall’assordante cult record The Dark War Has Begun”.
Fate dunque buon uso della conoscenza appresa da questo poker di proposte e non dimenticate nel frattempo di tenere un occhio e un orecchio puntati verso la perfida Albione, dalle cui bianche e frastagliate coste sono attesi alcuni dischetti da non perdere se si vuole iniziare la primavera nel modo corretto: oggi ve ne ne segnaliamo due partendo col sempre più invitante sophomore record griffato Fuath, che ribadiamo sarà fuori il 19 marzo e sarà probabilmente una discreta bomba; in caso contrario sarà nostro piacere denunciare il manigoldo di Glasgow Andy Marshall per la pubblicità ingannevole (anche) nella nuova “Into The Forest Of Shadows”. Ci mordiamo invece le mani per la forzata scarsa copertura (caricare i singoli su YouTube, perdio!) data nella rubrica del giovedì a The Hollow Man”, ultima creazione del collettivo londinese Void immessa nel circuito digitale durante l’affollatissima chiusura di febbraio. Chi di voi rimpiange le atmosfere cupe e cibernetiche molto in voga un ventennio fa ed oggi fin troppo rare farebbe meglio a spararsi subito l’intero album, mentre pure quelli diffidenti verso le ingerenze industriali potrebbero essere comunque catturati dall’ugola smerigliatrice presente in “The Black Iron Prison”.
Siamo quindi passati dal bel mezzo dei nineties all’oscurità del nostro hic et nunc, dunque che ne dite di trovare una sorta di via di mezzo grazie ai ben quattro ultimi arrivati in settimana nei ranghi di Darkest Past? L’archivio di articoli monografici dedicati agli anniversari appare via via più improntato alla glorificazione di periodi dal valore abbastanza sottaciuto, tipo quel 2011 di cui abbiamo ricordato in settimana (altri) due grandi esempi di sonorità malinconiche: le pennellate blu tratteggiate da “Darker Days” (impossibile scegliere un titolo diverso) brillano dopo dieci anni tanto quanto gli altri cinque movimenti di Torn Beyond Reason”, opera seconda degli australiani Woods Of Desolation venuta al mondo tra mille tormenti giusto otto giorni prima di Fallen”, secondo colpo di coda di un Varg Vikernes ex-galeotto ma ancora non del tutto irrecuperabile al quale ripensiamo nostalgici percependo nelle ossa la perduta fierezza di “Jeg Faller”. La magniloquenza del refrain si spegne poco a poco mentre le lancette della macchina del tempo indicano che ci troviamo nel 2006; e a darci il benvenuto con un bel dito medio alzato a tutto e tutti sono come ovvio i norvegesi Darkthrone del controverso The Cult Is Alive”, prova di cui è lecito pensare, dire e scrivere quel che si vuole ma che fa salire la maleducazione ogni volta che quella dannatissima “Graveyard Slut” esce dalle casse. A fare il paio con un full-length da sempre al centro di grandi dibattiti e soprattutto a quello di una grande carriera nel bene e anche nel male ve n’è infine uno ben poco considerato pur dall’alto del suo savoir-faire tra il melodico e l’iperviolento, o in altre parole squisitamente svedese. Maelstrom Chaos” è uno di quei dischi coi quali il tempo ancora non si è dimostrato galantuomo in termini di ricezione, nonostante l’imprevisto aumento di popolarità del redivivo gruppo, ma ci ha pensato la redazione più malvagia del web ad allestire un piccolo angolo ove riscoprire lui nonché i mai troppo lodati Mörk Gryning del 2001, penultimo ostacolo con la bordata “Ont Blod” prima di raggiungere la salvezza anche questa settimana.

Ascoltatela interagendo con il tasto play sottostante. Buona scoperta!

 

1. Raate“Raudan Takoja” (from Sielu, Linna”, World Terror Committee 2007)

2. Woods Of Desolation“Darker Days” (from Torn Beyond Reason”, Northern Silence Productions 2011)

3. Darkthrone“Graveyard Slut” (from The Cult Is Alive”, Peaceville Records 2006)

4. Carpathian Full Moon“Above The Pantheon” (from Serenades In Blood Minor”, Avantgarde Music 1994)

5. Fuath“Into The Forest Of Shadows” (from II”, Season Of Mist Records 2021)

6. Void“The Black Iron Prison” (from The Hollow Man”, Duplicate Records 2021)

7. Burzum“Jeg Faller” (from Fallen”, Byelobog Productions 2011)

8. Mayhemic Truth“Bluot Era Hathu” (from Cythraw” (EP), Folter Records 1995)

9. Mörk Gryning“Ont Blod” (from Maelstrom Chaos”, No Fashion Records 2001)

10. Bestial Summoning“Birth Of The Antichrist” (from The Dark War Has Begun”, No Fashion Records 1992)

Michele “Ordog” Finelli

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