Impaled Nazarene – “All That You Fear” (2003)

Artist: Impaled Nazarene
Title: All That You Fear
Label: Osmose Productions
Year: 2003
Genre: Black Metal
Country: Finlandia

Tracklist:
1. “Kohta Ei Naura Enää Jeesuskaan”
2. “Armageddon Death Squad”
3. “The Endless War”
4. “The Maggot Crusher”
5. “Curse Of The Dead Medusa”
6. “Suffer In Silence”
7. “Halo Of Flies”
8. “Recreate Thru Hate”
9. “Goat Seeds Of Doom”
10. “Even More Pain”
11. “Tribulation Hell”
12. “Urgent Need To Kill”
13. “All That You Fear”

Tutto ciò che temi. Azzeccare il titolo giusto per un disco è un affare assai più ingarbugliato e complesso di quanto si pensi, basti ragionare su quanto delicato e importante risulti ad esempio quando ci si trova all’esordio; quanto cruciale sia un titolo preso in pieno per la ricezione di un gruppo con ancora tutto da dimostrare e l’impeto squisitamente giovanile tradottosi nel volere ucciderli tutti senza mostrare alcuna pietà. Ad ogni modo, nel 2003, gli Impaled Nazarene sono tutto fuorché una banda di novellini, avendo in saccoccia oltre due lustri di indefessa militanza nello scenario finnico da loro stessi inaugurato e sette full-length assestatisi su vari gradi di eccellenza, l’ultimo dei quali peraltro una freschissima reinterpretazione del proprio sound. Dotato anch’esso di un titolo a dir poco folgorante, l’“Absence Of War Does Not Mean Peace” schierava in prima linea degli hook melodici figli dell’amore del quintetto per il Metal classico, per le chitarre ficcanti di Glen Tipton e K.K. Downing appoggiate su di una scrittura andata via via evolvendosi in meglio.
Destino vuole, però, che nel marzo appunto del medesimo anno l’autore di molte di quelle micidiali scudisciate a sei corde, il solo venticinquenne Teemu “Somnium” Raimoranta impegnato anche nella tribù amica Finntroll, precipiti sul ghiaccio da un ponte nel pieno centro di Helsinki in un incidente che lo stesso Mika Luttinen non esita a definire del tutto intenzionale: si voglia dare credito o meno alla versione fornita da una simile personalità abbonata allo scandalo, tale drammatico evento riaccende qualcosa dentro gli Impaled Nazarene, i quali forse per la prima volta dopo dieci anni e passa di schermaglie e provocazioni si sentono stavolta davvero in pericolo, e per tutta risposta fanno scudo intorno al monicker in modo da ribadirne la fama distruttiva, tornando a sparare per uccidere.

Il logo della band

In verità, va detto che “All That You Fear” non è affatto un banale ritorno al passato, dal momento che sarebbe sciocco rinnegare i passi in avanti compiuti dal plotone finlandese con l’avvento del nuovo millennio. I veterani Slutti666, Onraj 9mm e Repe Misanthrope non sono più quelli dell’ultraviolenza allucinata e fine a sé stessa dell’in quel senso irraggiungibile Rapture”, mentre dal canto suo l’ancora fresco d’ingresso Arc V 666, sotto il suo look punkeggiante e le sue basse pennate assassine, nasconde una visione d’insieme da una parte poco conciliabile col polimorfismo dissociato dei primi episodi, ma dall’altra perfetta per dare forma unica e totalizzante alla propensione al caos del vocalist. Proprio da mr. Mika Arnkil viene fatto allora il nome di Tuomo Louhio, sua vecchia conoscenza nei thrasher Antidote reclutata per riempire il vuoto lasciato in metà del comparto chitarristico, ed una volta confermata la trimurti composta da Jussila, Kippo e Karmila dietro a pulsanti e levette è pertanto ora di entrare per la terza ed ultima volta negli Astia Studios; lo stesso luogo in cui si era andata formando, sin dai tempi di “Nihil” e del breve stint del ragazzo selvaggio Alexi Laiho, la svolta all’insegna dell’immediatezza che adesso gli Impaled Nazarene intendono, se non sopprimere, quantomeno limitare a un certo numero di pezzi in scaletta nei quali tale predilizione avrà, conseguentemente, modo di esprimersi più lucidamente rispetto che ai pressoché quaranta minuti dell’intero “Absence Of War…”.
Per il resto, a partire dal ringhio che introduce lo schizzato battesimo del fuoco in lingua madre “Kohta Ei Naura Enää Jeesuskaan”, i tre quarti d’ora di “All That You Fear” recuperano l’aggressività senza fronzoli degli anni Novanta filtrata dalle produzioni scintillanti e dal manesco savoir faire maturati con l’avvento dei Duemila, facendo dell’album un capitolo di transizione ed allo stesso tempo un comprensibilissimo fan favourite dalla fortissima identità.

La band

In fondo non ci si meraviglia poi tanto se in copertina, al posto di folli scenari cyber-infernali e procaci bellezze vestite soltanto di cartuccera, campeggia incontrastato il nucleare simbolo della compagine nordica adornato di improbabili vermi posticci aggiunti in CGI: l’intento dietro all’ottavo episodio in studio è ribadire la spietatezza dello sgangherato ma sanguinario corpo d’armata, affamato di rivincita sulla sorte dopo essersi ritrovato per la prima volta privato di un membro in maniera tanto definitiva e senza che la testa calda del feldmaresciallo Luttinen avesse nulla a che vedere con lo split. Allo stesso modo, non sorprende il successo ottenuto presso gli adepti dal glorioso singolo “Armageddon Death Squad”, egocentrico ed autocelebrativo nelle liriche come fino a quel momento lo era stata solo, sul predecessore, la sorella “Hardboiled And Still Hellbound” ma strumentalmente ancor più belligerante – dalle quattro corde macellate al via da Arnkil al ritornello in grado da solo di rendere il brano sin da subito un moderno classico di questa ricca discografia.
L’idea di volersi riprendere lo scettro di picchiatori più temuti del giro Black Metal scorre potente su quei ritmi scatenati (seppur legati maggiormente all’esperienza Hardcore di Latex Cult”), e diviene realtà concreta nelle urticanti “Curse Of The Dead Medusa”, “Halo Of Flies” ed “Urgent Need To Kill” dove il sound compresso, da cui sono state asportate senza alcuna anestesia le efficaci armonizzazioni finniche del recente passato, lascia sul suo cammino pile di cadaveri alla mercé dei lanciafiamme dei cinque dominatori dell’armageddon. Il talento inedito di questi nuovi Impaled Nazarene nel dare unidirezionalità alle loro opere non cancella tuttavia alcuni singoli momenti di disorganica genialità, da prendere a sé e godersi a seconda delle proprie perverse inclinazioni sonore: le chitarre squillanti di “The Endless War” intrecciate al rumoroso basso sono atto di pura devozione all’icona Iron Maiden, pareggiata solamente dall’esplicita citazione agli Helloween che invece fa da proverbiale ciliegina sulla torta in “Tribulation Hell”; tutto ciò mentre il d-beat con rullante a frusta di “Goat Seeds Of Doom” rende quest’ultima traccia la più genuinamente divertente del lotto: una badilata sulla nuca condita dal vincente lead stavolta assai in linea col lavoro precedente e dall’ugola spiritata del cantante. Come al solito, però, la velocità non è di certo l’unica modalità espressiva conosciuta dal gruppo, che nelle nicchie a bpm ridotti innestate su “The Maggot Crusher” ed “Even More Pain” fa subodorare l’olezzo della carne morta servita come dessert insieme alla title-track, al suo beffardo organo funebre utilizzato come monito volto ai nemici dell’ensemble, mentre al loro caduto Somnium è riservata la trionfale marcia “Suffer In Silence” nella speranza di rivedersi, ovunque si debba finire al termine di questa delirante corsa verso la distruzione.

E come dicono addio gli Impaled Nazarene, entità sinonimo dei colpi bassi e del cattivo gusto? Con un brano asciutto, a suo modo solenne, appaiato tra l’altro ad un testo amaro ed iracondo ma non per questo privo di quella luttuosa ironia di cui la Finlandia, coi suoi beneamati Sentenced in prima linea, è sempre stata stupendamente intrisa nel profondo. Nemmeno la morte, nella sua incarnazione fisica e reale, ha saputo cambiare l’acida visione del mondo di Mika Luttinen e compari, venuti fuori con l’intento di mandare a quel paese tutto quanto ed intenzionati a continuare in questo proposito nella buona come nella cattiva sorte; fino alla detonazione finale del Pro Patria Finlandia” che seppellirà il lato tamarro sfoggiato da “Absence Of War…” sotto radiazioni atomiche e cordofoni a base di uranio.
In mezzo ai due, tra la minacce a cuor leggero da guerra fredda del 2001 ed il fallout nucleare irreversibile del 2006, si inserisce il da oggi ventennale “All That You Fear” a fare da ponte opportunamente minato, prendendo un po’ da entrambi i fratelloni e mescolando il risultato a sufficienza per farsi apprezzare dall’intera platea di assatanati cultori della band. Il resto del cosiddetto mondo estremo storcerà il naso parlando di soluzioni ripetitive ed ispirazione esaurita dal ’94, segnando una volta ancora la profonda linea di demarcazione tra il noi e loro che gli Impaled Nazarene ribadiscono ad ogni uscita coi propri cavalli di battaglia, sinceri e sarcastici alla maniera di un branco di finlandesi dalla sobrietà precaria ed indisposti a qualsiasi compromesso; non con la Nera Signora né con nessun altro.

Michele “Ordog” Finelli

Precedente Falkenbach - "Ok Nefna Tysvar Ty" (2003) Successivo Wolves In The Throne Room - "Diadem Of 12 Stars" (2006)