Impaled Nazarene – “Pro Patria Finlandia” (2006)

Artist: Impaled Nazarene
Title: Pro Patria Finlandia
Label: Osmose Productions
Year: 2006
Genre: Black Metal
Country: Finlandia

Tracklist:
1. “Weapons To Tame A Land”
2. “Something Sinister”
3. “Goat Sodomy”
4. “Neighbourcide”
5. “One Dead Nation Under Dead God”
6. “For Those Who Have Fallen”
7. “Leucorrhea”
8. “Kut”
9. “This Castrated World”
10. “Psykosis”
11. “Contempt”
12. “I Wage War”
13. “Cancer”
14. “Hate – Despise – Arrogance”

La pubblicazione proprio nel 2005 della prima e ad oggi unica testimonianza live immortalata su disco appare quasi come un segno provvidenziale e rivelatore, poiché la strabordante esibizione tenuta nel finire del 2004 sul palco del Tavastia Club e finita poi su “Death Comes In 26 Carefully Selected Pieces” esprime tutta la pura ed inalterata potenza di fuoco di cui sono capaci gli Impaled Nazarene durante uno dei numerosi apici creativi, in una discografia fino a quel momento semplicemente perfetta. Al giro di boa degli anni ‘00, l’Armageddon Death Squad con ancora sede ad Oulu proviene infatti da un triplete di lavori particolarmente impeccabili dove l’esaltante cocktail molotov di Hardcore Punk, Speed e Black Metal si arricchisce dell’anfetaminico intuito melodico di due figure, a distanza di vent’anni, purtroppo accomunate non più soltanto dall’enorme talento con la chitarra: sull’ancora abbastanza rudimentale “Nihil” si ricorda difatti la momentanea e a posteriori ben poco strombazzata comparsa di un Alexi Laiho appena ventunenne ma già in rampa di lancio coi suoi Children Of Bodom, mentre sarà anche -se non soprattutto- l’innesto del suo pressoché coetaneo Teemu “Somnium” Raimoranta a scatenare quel turbinio inarrestabile di sciabolate cordofone intitolato “Absence Of War Does Not Mean Peace”. A fare da punto esclamativo ad un simile combo di schiaffoni sul volto di chiunque avesse l’ardore di darli per ristagnanti dopo il rinomato tris iniziale di carriera, nel 2003 l’altrettanto tellurico All That You Fear” ridimensiona forse leggermente le sferzate di melodia lasciando spazio ad un sound fattosi via via più compresso, gonfio di steroidi e fracassone tanto quanto lo stile esecutivo dell’altro nuovo entrato Mika “Arc V 666” Arnkil, vero torturatore delle quattro corde nonché elemento tutt’altro che secondario nella direzione imboccata dagli Impaled Nazarene successivamente al suo ingresso nei ranghi dell’allora quintetto.

Il logo della band

E dunque Sonic Pump Studios furono: scelti da Mika Luttinen e sgherri al seguito per la prima volta dopo anni di onorato servizio presso gli Astia di Anssi Kippo, gli studi di registrazione ubicati nella capitale Helsinki racchiudono nel loro stesso nome tutto quel che c’è da capire sulla proposta perlopiù messa a punto in quelle sale. “Pro Patria Finlandia” nel 2006 gratta via la patina composta dai guizzi urticanti delle asce che ancora imperversavano in alcuni eccellenti stralci del precedente capitolo, ma anziché tornare al taglio grezzo e compresso del dittico Latex Cult”Rapture” (1996-1998) il bellicoso quintetto assistito dall’inseparabile Mika Jussila al mastering tira su un muro di basso e di chitarre semplicemente impenetrabile, compatto e liscio quanto un proiettile vagante e lanciato all’incirca sulle stesse velocità.
La totale assenza di rallentamenti nel disco è un ulteriore segnale di come il flirt con gli stacchi armonici e le influenze dal Metal più tradizionale di Judas Priest ed Iron Maiden fosse bello che terminato: entrati nel secondo lustro del nuovo millennio gli Impaled Nazarene sono votati più che mai all’impatto frontale del Thrash duro e puro, genere in quel momento protagonista di un’insperata rinascita grazie tra l’altro ai suoni colossali ottenuti nei rispettivi comeback (al genere duro e puro o totali, a seconda dei casi) dei vari Testament, Exodus, ma soprattutto Kreator, Sodom e Destruction. Il ricorso a production values a loro modo rivoluzionarie da parte di questi storici monicker ed idoli adolescenziali è probabilmente un’ispirazione non trascurabile per la cricca di Slutti666, la quale in ogni caso appronta una formula adatta a tale makeover sonoro inforcando gli occhiali da sole e concentrandosi sul tirare fuori una sequela di ben quattordici speditivi pezzi che prendano allo stomaco e colpiscano puntualmente sotto la cintura.

La band

Anche solo l’attacco di “Weapons To Tame A Land” non lascia spazio ai dubbi: il nono full-length dei finnici sarà il loro più violento in assoluto, o i cinque moriranno provandoci. Il retaggio Black espresso da blast-beat e tremolo picking viene bombardato da iniezioni di testosterone e trasfigurato così in un esplosivo ibrido, un terminator armato fino ai denti che rilegge il Thrash moderno della coeva ondata svedese inaugurata dai The Haunted attraverso la lente smerigliata dell’Hardcore, del Crust e del Grind tanto cari agli Impaled Nazarene degli ultimi venticinque anni. Nonostante la bravura dietro le pelli dell’ormai rodatissimo Reima “Repe Misanthrope” Kellokoski, anche e soprattutto a queste velocità folli, il massimo del coinvolgimento arriva proprio durante gli episodi meticci dal ritmo intriso di Punk e Speed Metal, dove oltre al rullante implacabile viene fuori il suono pompatissimo delle chitarre specie sulle tonalità basse; i riffoni basilari che sostengono ad esempio “Neighbourcide”, “For Those Who Have Fallen” e “I Wage War” fanno fumare le casse al pari di un estratto qualsiasi da “Suomi Finland Perkele”, mentre gli stacchi tra blast ed up-tempo in “Kut” rendono il brano uno dei molti highlight di carriera poco considerati persino tra i fan stessi della truppa nordica.
Naturalmente l’oscena brigata non si fa problemi nemmeno ad aggiungere qualche passaggio che destabilizzi il naturale decorso del disco, come accade nel risicato minuto in odor di Death Metal intitolato “Cancer” oppure nell’evolversi dell’apprezzatissima “One Dead Nation Under A Dead God”, in cui da un riffing smaccatamente nordeuropeo si sfocia in un Refrain da pugno al cielo intonato col solito moderato trasporto dal superlativo vocalist; da sempre associato a dichiarazioni inusuali e prodezze alcoliche disumane piuttosto che al novero dei grandi urlatori che popolano il genere estremo, e tra i quali viene in realtà inserito davvero troppo poco spesso, il Luttinen di “Pro Patria Finlandia” in particolare è ormai padrone assoluto del proprio screaming dal sapore inconfondibile, sentito e realistico a tal punto da non sembrare mai frutto di una qualsivoglia tecnica vocale bensì il latrato invasato di chi in quei testi deliranti e sconnessi pare crederci sul serio. Le stesse tematiche dell’album sono poi una versione per così dire -e per quanto ciò sia possibile- uncensored delle già classiche liriche vergate da Slutti666 negli precedenti assalti, con il lato più grottesco letto nel booklet dell’impareggiabile Rapture” soppiantato senza mezzi termini dalla sfacciata misoginia e dall’elogio al genocidio su larga scala, con pure evidenti implicazioni nazionaliste che non mancheranno di creare qualche prevedibile polemica da trafiletto alla pubblicazione dell’opera.

Ma non occorre certo essere dei geni per evitare di prendere pericolosamente sul serio, o con apprensione, anche solo mezzo verso scritto dall’autore di “Goat Sodomy” – e tuttavia lo scarto tra i toni tenuti nel corso di un a suo modo sentitissimo nono in studio rispetto a quelli del passato è nel suo piccolo un altro importante indicatore di quanto quelli di quindici anni fa, esatti al momento della scrittura di questo articolo, siano gli Impaled Nazarene meno inclini al compromesso che mai vi capiterà di sentire. La cattiveria misantropica ed orgogliosamente fine a sé stessa di “Pro Patria Finlandia”, elemento centrale da cui il gruppo non si è ancora affrancato ma che oggi sembra incapace di replicare agli stessi livelli, costituisce l’ultimo di una serie di leitmotiv in cui è possibile suddividere un percorso durato oltre tre decadi: l’anarchia compositiva della trilogia fondativa di una leggenda, il delirio punkeggiante di fine anni novanta, la maturazione non da tutti sentita nel songwriting di inizio millennio ed infine il ritorno alla sana ultraviolenza iniziato nel 2006 e proseguito fino ad oggi. Proprio in ciò in bilico tra le due epoche precedenti e tuttavia foriero di innovazione al tempo stesso, “Pro Patria Finlandia” risulta quindi un’istantanea fondamentale nonché ultimo vero lampo di geniale sregolatezza da parte della sgangherata legione condotta da Sir Luttinen; non a caso forse i tre full successivi mancheranno della forza necessaria a portarne avanti il discorso, limitandosi ad oneste riproposizioni dovute magari a fisiologici cali di ispirazione dopo trent’anni di totale dominio su ogni fronte. In ogni caso poco male, perché gli Impaled Nazarene continuano la loro personale guerra atomica ogni volta che salgono sul palco più o meno sobri e ogni volta che un loro album viene ascoltato al massimo del volume, “Pro Patria Finlandia” in testa.

Michele “Ordog” Finelli

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