Column N.26 – The Great Old Ones & White Ward (2019)

 

Colonna piena dei più graditi ritorni questa domenica, il primo dei quali ci permette anche di avere un’idea più chiara (nonché di tirare un enorme sospiro di sollievo) riguardo la direzione che i francesi The Great Old Ones sembrano aver intrapreso nell’imminente “Cosmicism”.
Come ormai dovreste sapere, il quarto full-length della band guidata da Benjamin Guerry arriverà sugli scaffali per Season Of Mist  il prossimo 22 ottobre (a giusto tre giorni di distanza da altri quotatissimi connazionali, ricordate bene) e la seconda anteprima con cui è presentato li riporta a sperimentare felicemente nelle nostre cuffie o casse. Si rallentano i battiti in quel marasma di oscura liquidità sottomarina fatta di layer ed infiniti riverberi a caotico intreccio che tanto aveva caratterizzato la loro avanguardistica e splendida evoluzione: “Nyarlathotep” chiuderà l’album (mentre la precedentemente divulgata “The Omniscient” lo aprirà dopo una introduzione, giusto per dare un’idea) e se come il sottoscritto avevate temuto una forse eccessiva semplificazione melodica o mancanza di coraggio nel TGOO-sound all’ascolto del primo singolo potete tornare tranquillamente a conservare le più alte aspettatite per l’arrivo del disco. E, perché no, anche a rivalutare la diversità del precedente estratto. In ogni caso, non mancate di lasciarvi avvolgere dalle lunghe, lente ed orrorifiche spire che i Nostri hanno splendidamente preparato per noi.

Lo trovate su YouTube.

Tracklist:
1. “Cosmic Depths”
2. “The Omniscient”
3. “Of Dementia”
4. “Lost Carcosa”
5. “A Thousand Young”
6. “Dreams Of The Nuclear Chaos”
7. “Nyarlathotep”
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Passiamo come promesso da un disco atteso (e già anticipato) all’altro grazie agli ucraini White Ward che propongono a loro volta un secondo estratto da “Love Exchange Failure”, sophomore album della band che verrà pubblicato il 20 settembre tramite Debemur Morti Productions che due anni fa ebbe l’onore e il merito di scoprirli e farceli conoscere.
E se “Futility Report” poteva benissimo essere temuto come si fa con la diffidenza di ciò che si prevede come un fuoco di paglia per la sua estrema originalità e la title-track del nuovo album annusata come un falso allarme tra i meno propensi all’ottimismo e alla buona musica, “Dead Heart Confession” (altro monolite che supera i dieci minuti di durata, ciononostante il più breve dei quattro episodi più ricchi e coraggiosi del lavoro) cristallizza il tutto in una realtà tangibile e innegabile, aggiungendo tasselli sempre più variopinti e coagulandoli nel suono del gruppo di Odessa che, precedentemente, era categorizzabile come sicuramente sperimentale ma decisamente più frammentario: sfuriate di catastrofismo cosmico, sassofono (sicuramente non il più importante nella proposta della band ma probabilmente il più integrato), vivida catarsi urbana ingranata in un’inedita sensibilità quasi Shoegaze e pesantezza tipicamente Post-Metal a mettere una firma inconfondibile per tratto (eppure nuova per figura) al raffinato Black Metal dei quattro e siglare il secondo motivo per cui dovreste seriamente attendere l’arrivo di “Love Exchange Failure”, sia che abbiate amato il debutto o che non l’abbiate fatto. Se avete hype fate bene.

Lo trovate su YouTube.

Tracklist:
1. “Love Exchange Failure”
2. “Poisonous Flowers Of Violence”
3. “Dead Heart Confession”
4. “Shelter”
5. “No Cure For Pain”
6. “Surfaces And Depths”
7. “Uncanny Delusions”
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Matteo “Theo” Damiani

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