Column N.25 – Alcest & Dold Vorde Ens Navn (2019)

 

Gli Alcest hanno firmato per Nuclear Blast. Ebbene sì. Notizia ormai vecchia quanto originariamente inaspettata, è vero, ma se questo figura(va) tra i vostri peggiori incubi perché siete tra quelli seriamente convinti (e non lo dite solo perché va detto) che le major come attività sportiva mattutina rovinino le band che firmano, occorre informarvi che il pezzo in anteprima con cui il pluripremiato duo francese ci introduce “Spiritual Instinct” potrebbe sorprendervi. Oppure no.
Ma così va la vita, in ogni caso, e sebbene la provocazione appena scoccata sia ben lungi dall’essere, per tutta ammissione e in via effettiva, un encomio all’operato di major comunque disprezzabili ma per ben altri motivi di quelli che sono di più solita imputazione, tagliando un paio di convenevoli inutili per la band in questione “Protection” è effettivamente il classico singolo di immediato (nonché meritato) successo che meglio non ti può far sperare: ci si ritrova dentro l’intero DNA della band, che però suona a sua volta leggermente diversa dal solito – il tanto che basta per non spaventare nessuno, per suonare naturale e per intrigare un po’ tutti. Mossa che si tramuta in una vittoria (e/o sorpresa) plateale specialmente perché vi era seriamente più di qualcuno apparentemente convinto che una label potesse rovinare una band con un disco già scritto, registrato e prodotto al momento della firma. Vi era? Chissà.
L’unica vera domanda rimanente da qui al 25 ottobre è quindi: ma il pezzo funziona davvero o è tutto trademark inconfondibile che sfuma elegante ma sibillino nel più puro mestiere? La risposta è che funziona un po’ da qualunque parte lo si guardi e senza nemmeno essere paraculo: ricco di spunti e direzioni nonostante duri poco meno di sei minuti (eppure pronto ad acchiappare al primo ascolto), c’è Neige sia a volteggiare nell’etere che a sgolarsi, Winterhalter che non vi farà staccare l’orecchio un secondo dalle brillanti scelte di accenti ritmici, una produzione di grande intelligenza a 360 gradi (in particolare un suono del rullante da annali; batteristi con voce in capitolo su come suonare sui dischi che state leggendo: prendete nota) e persino un inizio sorprendentemente pesante e tanto Metal – tanto da trarre quasi in inganno per un attimo.
Ma soprattutto c’è l’emozione; e finché nella musica degli Alcest vi è quella, in fondo, possono tirare fuori lo stile che vogliono. Che sembra non riuscire a rovinarli nemmeno la Nuclear Blast. Per ora, dite? Maliziosi…

Lo trovate su YouTube.

Tracklist:
1. “Les Jardins De Minuit”
2. “Protection”
3. “Sapphire”
4. “L’Île Des Morts”
5. “Le Miroir”
6. “Spiritual Instinct”
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Chi scrive odia come poche cose al mondo dover fare il listone di nomi in stile selling points, ma qui occorre per amore d’informazione e contesto. Prendete Vicotnik (Dødheimsgard, Ved Buens Ende, Strid, ex-Code tra i traguardi più importanti), un ormai quasi auto-esiliato Håvard Jørgensen (l’Haavard che fu manina -o zampetta- dietro le chitarre dei primi Ulver) di ritorno, e aggiungetevi un pizzico di Øyvind Myrvoll (l’attuale batterista dei Dødheimsgard e nei riformati Ved Buens Ende a togliere uno degli strumenti al signor Eide, il cui operato potete aver apprezzato nei Nidingr) e del bassista dei (nemmeno a dirlo) Dødheimsgard del periodo “Satanic Art” (1999): il risultato sarà l’EP di debutto -quasi un peccato non sia da subito un full, ma ci si accontenta- dei Dold Vorde Ens Navn, intitolato “Gjengangere I Hjertets Mørke” e in arrivo il 13 settembre per Soulseller Records.
Quasi un peccato non si tratti di un full perché, a giudicare da quegli eccezionali due minuti di teaser (o brano in versione edit che sia) di “Drukkenskapens Kirkegård” (se ve li siete persi potete ascoltarli qui) sommati a “Vitnesbyrd” scelto questa settimana come singolo d’anteprima, l’unico rammarico è che la produzione sia in definitiva eccessivamente fai da te e non proprio performante – fortunatamente, l’eccessiva compressione (che penalizza in particolar modo, nemmeno a dirlo, la batteria) non riesce comunque a mettere in ombra, ma nemmeno danneggiare o scalfire, l’incredibile bontà della scrittura e del resto delle scelte stilistiche che i quattro hanno versato nel progetto; Black Metal definito d’annata e di rimando alla purezza del norvegese anni ’90 ma che tale non è, se non nelle chitarre inconfondibili di “Nattens Madrigal” (ok, non è poco), e che al contrario ci mostra un Vicotnik particolarmente stellare nel versare nelle strofe tutta la follia di cui è capace (il break centrale strappa una lacrima agli amanti delle stramberie, voce e non voce), trovando il sottoscritto -tra parentesi- a sperare fortemente che sul prossimo Dødheimsgard a cantare sia lui e nessun altro, nonché a poter segnalare definitivamente il progetto come qualcosa di ben più di uno sfizio di musicisti e sperimentatori affermati messo in piedi tanto per tenere fresco l’approccio e scambiarsi gli strumenti e le mansioni artistiche.
Fossero degli sconosciuti scatterebbe automatico il ne sentiremo parlare.

Lo trovate su BandCamp.

Tracklist:
1. “Den Ensomme Død”
2. “Drukkenskapens Kirkegård”
3. “Vitnesbyrd”
4. “Blodets Hvisken”
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Matteo “Theo” Damiani

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