Agosto 2020 – Núll

 

Si esaurisce l’ultima fiammella della fievole vita di un nerissimo agosto ed il ripiombare nell’oscurità autunnale è ormai imminente. In caso servisse una colonna sonora particolarmente adeguata per il lieto avvenimento ed uscire nuovamente allo scoperto, non si poteva davvero fare di meglio: un gran finale d’estate così cupo raramente si è visto, e campioni assoluti di muto cordoglio nell’intonare strazianti inni alla destabilizzazione che porta con sé l’intero concetto di fine, di conclusione, dèbacle, mancanza od assenza sono stati gli islandesi Núll, forti(ssimi) del loro secondo album “Entity”, ufficialmente fuori da ieri tramite la beneamata Ván Records che almeno uno all’anno a trapassare secco il cuore (o a far paura per davvero, più in generale) sembra proprio non riuscire a non piazzarlo.
Non vi bastasse (e ad ogni modo non dovrebbe, quantomeno considerato ciò che segue…) la nuova giustificata sensazione dalla terra dei ghiacci e del fuoco -per forza di cose, o per la legge dei piccolissimi numeri- comprendente le due menti esecutive dei Misþyrming (e dunque Naðra), si stagliano imperiosi a quasi pari merito e condiviso apprezzamento in redazione gli italiani Prison Of Mirrors con il debutto “De Ritualibus Et Sacrificiis Ad Serviendum Abysso”, patrocinato da niente meno che sua maestà Norma Evangelium Diaboli (per l’esattezza coccolato dalle braccia della sotto-etichetta parente Oration Records), ormai ufficialmente uscito in versione digitale ma le cui copie fisiche sono state rimandate di un altro paio di settimane. Previste a giorni o meno, non è un grosso problema: per la qualità si attende per bene e ci sono, al solito, comunque altri tre album da comprare e gustare al meglio fin d’ora, trattati, discussi e caldamente consigliati nella seguente rassegna…

 

 

La disperazione, lo sconforto, la tragedia strisciante in un sostrato di mancanza di senso e puro vuoto pneumatico emotivo. Il nulla più totale a cui aggrapparsi per ritrovare il più concreto tutto, l’entità che possa finalmente allontanare dalle risposte più fuorvianti e soprattutto dalla ricerca di esse: d’ampiezze immense e seducenti eppure claustrofobico come solo l’accezione migliore del lemma Depressive o Doom accostato al linguaggio più nero del Metal estremo può e deve saper essere, “Entity” fornice passaggi d’inaudito struggimento scavati in allibente profondità da chitarre incave, strazianti, storpiate e maledette nella vacua cornice di un grigiore totale e d’impressionante oppressione. Un viaggio a sprofondo nell’oscurità narrato da voci inumane e luttuose, nei recessi più abominevoli, desolati e volutamente dimenticati dell’anima verso i picchi emozionali strazianti di cui i Núll si fanno maestosi interpreti, preziosissimi araldi di futilità che colpiscono pesantissimi, dritti al cuore. Semplicemente imperdibile.”

Le basse frequenze serpeggiano e saturano gli scenari aperti, vuoti e desolanti di una grigia Islanda, che puntuale si ripresenta ai cancelli d’ebano della Webzine. Gli interpreti sono ormai famigerati, ma l’approccio è -per quanto risulti forse ironico utilizzare un aggettivo simile in un contesto tanto nichilista e monolitico- fresco e, al netto del genere, più arioso di quanto si possa presagire dalle prime note: il merito è di una produzione sorprendentemente equilibrata, che ben bilancia esalta la versatilità del guitar working di D.G. e di una prova vocale dall’espressività annichilente. Le strutture cadenzate e ipnotiche dei crescendo di “Entity” sono il tragico regalo di un’estate morente che non sapevate di attendere.”

Musica di gran classe quella forgiata ed espressa dai Núll nel loro secondo full-length intitolato “Entity”: la band islandese si destreggia quasi romanticamente tra scenari Doom e Black Metal senza però scendere mai in territori funerei, ma riuscendo comunque a trasmettere una sensazione di oppressione e disperazione vivida grazie ad un’eccellente utilizzo di sonorità ricercate e vocalismi in pulito. L’organizzazione del disco e l’evoluzione delle tracce regalano un ascolto sempre coinvolgente ed estremamente fluido: sicuramente più piacevoli da ascoltare che non da ricercare sul vostro motore di ricerca.”

Gli anticipati Prison Of Mirrors, nuovo e serio motivo di orgoglio nostrano per merito di “De Ritualibus Et Sacrificiis Ad Serviendum Abysso”full-length di debutto del trio campano già disponibile all’ascolto in anteprima digitale da ormai quasi due mesi, e da quel momento dunque in rotazione e studio continuo da queste parti. In attesa delle copie fisiche e di poterlo apprezzare ancora meglio, iniziamo ad elogiarlo come merita.

“Ipnotico senza ripetizioni, suadente in repellenza, il rituale da vivere in prima persona durante lo scorrere impervio di “De Ritualibus Et Sacrificiis Ad Serviendum Abysso” grazie al raffinato lavorio intessuto dai Prison Of Mirrors non potrebbe essere più fosco. Crescendo di spigoli, di morsi, colpi d’ala e di coda della manticora, di palpabile tensione che -sempre accumulati- raramente vedono la distensione o dispersione di un’apprensione atmosferica che è viscosa, avvolgente, a tratti strangolante, e che culminano puntualmente nell’incipit ciclico della traccia successiva (a sua volta sempre più lunga della precedente fino al titanico finale), gli italiani non si fanno mancare nemmeno gioielli esecutivi come l’inclusione sorprendente di canti di gola e cori monastici strappati e svuotati di contesto prettamente semantico dalla tradizione Deathspell OmegaFuneral Mist di inizio millennio, e così nuovamente riempiti d’austero, criptico logos rinnovato in tutto il suo nascosto splendore: quattro ceri accesi non per mostrare, non per svelare dettagli minuziosi destinati al solo impegnato cercatore, ma per indicare una nuova via all’esoterico in musica.”

“Rifuggendo dal fin troppo scontato tappeto di dissonanze tipico del filone occulto ed esoterico, i Prison Of Mirrors puntano su delle atmosfere altrettanto da incubo ma gorgoglianti e grevi, ricche di dettagli e rintocchi sommersi scanditi da un pattern batteristico intricato e ossessivo. Il vero dinamismo delle chitarre emerge solo con il passare dei minuti, sia per via di una graduale crescita di complessità ed imprevedibilità traccia dopo traccia, che per la lenta e difficile assimilazione che la densa e fumosa atmosfera richiede fin dal principio. La misteriosa band nostrana debutta dunque con un disco dalla lunga gestazione compositiva e dall’altrettanto non facile ascolto, ma che possiede ben celata in sé una buona dose di personalità in suono e tratti che sarà in grado di tenere imbrigliati per numerosi ascolti anche i più esigenti.”

Ritualistico e ipnotico debutto discografico per i salernitani Prison Of Mirrors, autori di un Black Metal stilisticamente dilatato e capace di gettare l’ascoltatore in un nero, organico vortice sonoro. È proprio la naturalezza della produzione con i suoi attributi quasi tpici della resa live a dare un’ulteriore dimensione alle quattro tracce che vanno a comporre “De Ritualibus Et Sacrificiis Ad Serviendum Abysso”; ascolto dopo ascolto si percepisce infatti sempre più il groove melanconico di quest’opera grazie alle tante pecularità strumentali che entrano in gioco specialmente nella seconda metà dell’album. Imperdibile.”

“De Ritualibus Et Sacrificiis Ad Serviendum Abysso” è decisamente un buon debuto per la band nostrana che propone un Black/Doom Metal dai tratti molto atmosferici per il carico di evocatività, uno stile in cui tuttavia gli elementi più violenti della musica non mancano affatto. Le parti cariche di aggressività, solo un volto della proposta, ben si alternano a quelle più cadenzate che ne rappresentano il secondo, mefistofeliche o pacate, in un complesso fluire dove ogni elemento viene soffocato dal turbinio di oscurità e puzza di morte rituale fedelmente veicolata da una buona produzione che -a sua volta- è ago della bilancia per le due componenti essenziali della loro musica.”

I finlandesi Havukruunu, ormai probabilmente non più in necessità di gran presentazioni da queste parti, apprezzati dai nostri Ordog e Feanor grazie al nuovo “Uinuos Syömein Sota”. Il terzo full-length, uscito ancora una volta per Naturmacht Productions (il 14 del mese), vede il quartetto affilare le lame ed affinare i propri criteri compositivi, lanciandosi anche in territori che nei due precedenti lavori erano stati giusto adocchiati…

Con oltre tre quarti d’ora di sonorità all’insegna del testosterone più smaccato la terza prova su disco dei finlandesi è un blockbuster uditivo fatto e finito, un supermarket del fomento in cui la struttura dei pezzi non è che un pretesto per mettere in fila enfatici cori maschili, cambi di tempo repentini, schitarrate a manetta e tanti altri effetti speciali da giramento di testa. La ripetitività e la pesantezza che pur si palesano con l’andare dei minuti sono comunque compensate da un discreto tasso tecnico in spolvero, grazie ai lick delle sei corde forse unidirezionali ma mai fuori contesto rispetto alle atmosfere ricreate. Di certo gli Havukruunu non hanno mai l’impatto graffiante dei Månegarm o il gusto epico per la melodia degli Ensiferum dei bei tempi, non la raffinatezza oscura dei Moonsorrow né la magniloquenza over-the-top e teatrale dei Bathory, ma il loro giochino all’accumulo sporcato di nero funziona più che bene nella sua ostentata esageratezza, a patto che si sappia anche cogliere il vago spirito kitsch che innegabilmente v’è dietro.”

Ritornano in pista gli ancora giovanissimi finlandesi Havukruunu con ciò che potremmo bollare come l’album della consacrazione definitiva, quello in cui tutti gli elementi dei due precedenti album vengono ribaditi e persino ampliati nella cornice di un solido Pagan Black Metal, muscolare, roccioso e granitico, graziato dalla tipica vena epica e folle finlandese ma tra le cui note si sente anche un certo approccio Heavy Metal nostalgico, sfumatura che questa volta in particolare dona molta varietà al sound del gruppo, come se l’essenza più appassionata dei Bathory si unisse all’epica tradizional-folkloristica dei Moonsorrow, ma in una chiave personale per nulla scontata. Insomma: ottima riconferma.”

Dolcezza da ultimo, la prelibatezza che segue in menù i frutti del duro lavoro dei finlandesi la offre Sir Tim Yatras (l’ex-Austere di fama Germ – del bellissimo “Grief”, tra le altre collaborazioni) che, col nuovo “Dying Ember” a firma Autumn’s Dawn a ben sei anni dal forse dimenticato “Gone”, ruba il cuore al nostro Ordog piazzandosi suo effettivo disco del mese; nomina singola ma appassionatisima. Copie fisiche invece “out soon” via Dark Adversary.

In nomen omen, come si usa dire: l’uscita del secondogenito in casa Autumn’s Dawn non poteva che cadere in agosto, con l’estate in marcia verso la tomba e l’autunno alle porte senza nemmeno quelle certezze (e quei concerti) che ce lo facevano tanto attendere gli anni scorsi. Eppure in “Dying Ember” il senso di angoscia dovuto all’alternarsi delle stagioni della vita si intreccia con una serenità che ha il suono delle stupende melodie sulle quali poggiano tutti i cinque brani, di rara dolcezza nonostante alcune impennate ritmiche ed una prova vocale eccellente nella sua tangibile disperazione. Tolto questo ricchissimo spettro emotivo l’approccio del duo è in realtà alquanto semplice, con un timing complessivo contenuto ed una composizione basilare dove tuttavia i lead chitarristici dettano il passo senza che la noia venga anche solo contemplata. In sintesi, bastano una chitarra e l’onestà di aprirsi sentendo in prima persona ciò che vorresti percepissero i tuoi ascoltatori: alla fine non ci vuole poi nemmeno molto per fare bella musica, no?”

E dopo aver saltato a piè pari, giunta la fine di luglio, l’ultima possibile tornata di riepilogo nell’affezionato appuntamento mensile per mancanza di nuovo materiale a girare in stereo e finire sulle mensole dello staff (come in realtà non è esattamente la prima volta che accade…), agosto ha dunque ampiamente sanato il misfatto con una selezione capace di soddisfare appieno qualunque esigente gusto e più sottile preferenza stilistica grazie ad un minimo di almeno uno ed un non implausibile massimo di quattro degli album proposti. Settembre e ottobre si preannunciano al contempo semplicemente spaventosi in fatto di anticipazione per quantità e qualità, tempo dunque di approfittare di questo nuovo, eccellente poker di lavori in studio per tornare nelle nostre oscure grotte ad ascoltare, silenziosi e tranquilli, aspettando maligni in sale di pietra e lavorando quando il sole muore a qualche altra possibile sorpresa, in attesa di uscire nuovamente col favore di magiche tenebre, di fare brutale razzia e di rovesciare un trono fatto di menzogne

 

Matteo “Theo” Damiani

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