Artist: The Great Old Ones
Title: “EOD: A Tale Of Dark Legacy”
Label: Season Of Mist Records
Year: 2017
Genre: Black Metal
Country: Francia
Tracklist:
1. “Searching For R. Olmstead (Intro)”
2. “The Shadow Over Innsmouth”
3. “When The Stars Align”
4. “The Ritual”
5. “Wanderings”
6. “In Screams And Flames”
7. “Mare Infinitum”
Diverse sono le manifestazioni letterarie e cinematografiche che hanno trasposto su carta o pellicola l’orrore umano più o meno efficacemente. Non altrettante, invece, sono le manifestazioni artistiche in ambito musicale che abbiano fatto ricorso in un modo o nell’altro ad una tematica così profonda, analizzandola. Seppur con evidenti metafore prese in prestito principalmente dall’abusato mondo lovecraftiano, i The Great Old Ones rientrano sicuramente nella ristretta categoria di band ed artisti costantemente alla ricerca di un mezzo, un vettore, per veicolare le sensazioni di raccapriccio e terrore che l’uomo prova non appena riesce a guardarsi dentro.
I cultisti francesi tornano a distanza di tre anni dall’ottimo “Tekeli-Li”, seconda prova che già aveva colpito e affascinato per via della sua particolare e misteriosa natura espressiva, dimostrandosi longeva e pregna di oscurità scintillante nelle sue variopinte trame. Il ristretto pubblico dei Nostri non è il solo ad essere rimasto sorpreso ed intrappolato dalla maturazione del secondo album dell’anomalo quintetto di Bordeaux (rinnovato nei suoi ranghi in seguito alle registrazioni del nuovo disco): la connazionale e rinomata Season Of Mist ha deciso che averli con sé avrebbe portato buoni frutti e chi scrive non può che confermare in maniera assoluta il successo di “EOD: A Tale Of Dark legacy”, nuovo e terzo full-length dei cupi transalpini nonché prima uscita per la citata label sempre più prossima al mercato delle major in ambito estremo.
“EOD” (acronimo di “Esoteric Order of Dagon”, in riferimento al racconto di Lovecraft a sua volta reminiscente dell’omonima divinità demoniaca mesopotamica) è il primo concept-album della band in cui i The Great Old Ones scelgono di optare per un approccio che riesce incredibilmente a privilegiare ed esaltare sia l’aspetto opprimente e soffocante già sviluppato in “Tekeli-Li”, sia le oggi più smaccate intuizioni melodiche dal taglio particolarmente immediato. Una direzione aiutata in particolar modo da una massiccia produzione moderna e curata al parossismo, tanto potente e bombastica quanto dettagliata ma comunque graffiante ed incisiva, capace di restituire un’altissima fedeltà sulle dense basse frequenze -basilari per la riuscita e resa dinamica delle nuove composizioni- e far emergere allo stesso tempo i sommersi passaggi melodici, paradossalmente più presenti che in passato per via di una scrittura molto più diretta ma non per questo meno interessante o catacombale. In guisa di smacco, da “EOD” sgorgano ad ogni modo anche diverse delle partiture più aggressive e violente dell’intera produzione del combo; l’assalto dell’opener “The Shadow Over Innsmouth” valga come compendioso biglietto da visita.
Stilisticamente, ritroviamo i The Great Old Ones e i loro distintivi layer chitarristici ora spaziare tra gli attacchi asfissianti ed annichilenti in modo ancor più capace; un inaspettato ennesimo miglioramento complessivo che mostra la band districarsi in modo encomiabile tra le frequenti micidiali parti veloci e quelle agghiacciantemente lente. Si prenda come esempio globale anche la sola “The Ritual”, probabilmente il brano più sorprendente del lotto, con la sua progressione dall’incedere lento e quasi marziale, a tratti tribale, che sfocia in aggressività totale e rapidi ritmi sincopati a reggere un riffing intenso ed esiziale, accolto con sgomento. Ancora, “When The Stars Align” vede la band sperimentare osando la creazione di brani più corti e diretti, dal grande appeal melodico pur rifuggendo strutture tradizionali, mentre nella conclusiva “Mare Infinitum” si consuma tutta la tragica classe di un lento e lungo dramma finale dopo le visioni apocalittiche dell’anomala “In Screams And Flames” (impreziosita da un inedito solismo armonico che potrebbe tranquillamente uscire dalle pennate di un Peter Huss, realizzato invece dall’apposito ospite Aurélien Edouard).
Ogni singolo brano in “EOD: A Tale Of Dark legacy”, al nettto delle rispettive peculiarità, restituisce i The Great Old Ones nella loro forma ad oggi migliore e in definitiva più matura, fregiandosi di immediatezza pur senza mancare di ricercatezza.
Registrato, realizzato e curato presso i Conkrete Studios, visivamente impreziosito dai sempre affascinanti ed evocativi dipinti dello stesso chitarrista Jeff Grimal impiegati come comparto grafico, il terzo album dei Nostri francesi presenta un taglio più cinematico e un’esecuzione tentacolare che lo rendono la colonna sonora ideale della fine dei tempi interiore, del catastrofico vuoto e della mutazione del male, nonché uno dei punti più alti nel suo genere per il 2017. Ne si può essere già certi.
– Matteo “Theo” Damiani –