Impaled Nazarene – “Eight Headed Serpent” (2021)

Artist: Impaled Nazarene
Title: Eight Headed Serpent
Label: Osmose Productions
Year: 2021
Genre: Black Metal
Country: Finlandia

Tracklist:
1. “Goat Of Mendes”
2. “Eight Headed Serpent”
3. “Shock And Awe”
4. “The Nonconformists”
5. “The Octagon Order”
6. “Metastasizing And Changing Threat”
7. “Debauchery And Decay”
8. “Human Cesspool”
9. “Apocalypse Pervertor”
10. “Triumphant Return Of The Antichrist”
11. “Unholy Necromancy”
12. “Mutilation Of The Nazarene Whore”
13. “Foucault Pendulum”

Diversamente dal drago Yamata No Orochi dalle Cronache del Kojiki (i cosiddetti eventi antichi originari della mitologia giapponese), le otto teste ed altrettante code del serpente dai connotati biblici degli Impaled Nazarene eruttano direttamente dai più profondi estremi ribollenti di incontaminato fuoco infernale, mentre i cieli bruciano di un purissimo odio rosso che tutto consuma e si tingono di un nero soffocante a perdita d’occhio. Parimenti alla sua controparte squamata orientale, l’osceno rettile proteiforme finnico oscura qualunque montagna e valle esistente con la sua sola apparizione tremenda e mole non meno colossale. Ma al posto di far brulicare la fauna di cedri, muschi e cipressi lungo i suoi infiniti dorsi irrigati dal sangue costantemente versato sul ventre, l’unica cosa interessante per quello pericolosamente invocato dagli angry young men finnici è radere al suolo il mondo intero; e al posto di essere appagato dalle carni di una vergine datagli in pasto annualmente, la sua fame ed ingordigia di distruzione non hanno alcun limite fatta eccezione per quello della fine di ogni cosa in un orizzonte di morte e devastazione che lascia intravedere come unico futuro possibile per l’uomo la stendhalina silhouette del tossico e letale fungo atomico, frattanto che esseri deboli vengono massacrati senza pietà ed il tormento domina ovunque con forza bestiale e sadistica quale ultima legge: ogni anima adesso forzatamente inchinata di fronte alla grande opera dittatoriale ed ora di Satana che è giunta – il più grande regalo all’umanità privata di qualsivoglia forma di ossigeno, la sua stessa estinzione.

Il logo della band

Non molto sembra dunque essere cambiato nelle intenzioni ciniche e strafottenti degli Impaled Nazarene in occasione del loro tredicesimo full-length, nonostante gli inediti -questi sì- sette anni trascorsi dall’uscita di “Vigorous And Liberating Death”: nessuna divinità marittima come Susanoo No Mikoto trapasserà infine a fil di spada il meritato mostro serpentiforme che l’umanità indebolita ed impotente deve fronteggiare nel frattempo che il mondo intero brucia sotto i colpi di bombe ed esalazioni di gas nervino a tappeto. Un raid apocalittico in nuove tredici fiabe dal sottotesto morboso segna però il ritorno trionfale e lucido dell’imperatore finlandese nettamente rinvigorito rispetto all’ultima, francamente stanca, prova in studio, nonché impegnato con molta più serietà e meticolosità a cuor leggero che in altri capitoli (sebbene non manchino l’usuale umorismo macabro come l’esagerazione qualunquisticamente grottesca nell’introduzione campionata della fulminante “Goat Of Mendes” o nella variegata “Debauchery And Decay” ed “Apocalypse Pervertor”) a scandagliare in giusto mezz’ora le più basse e gravi depravazioni nascoste nell’uomo, il fascino per cui le perversioni e tutto ciò che più appare moralmente disprezzabile vengano a galla nei momenti inaspettati e privi di senso, e come infine queste inclinazioni in verità incelabili si traducano nella straordinarietà degli eventi più incomprensibili e lontani dalla razionalità tanto vantata dalla nostra specie, a sua volta trascinata dalla band in modo nemmeno troppo romanzato in un futuro in cui l’aver giocato troppo col fuoco e la resistenza alla ragione nel nome di isterie di massa -e contro la massa- totalmente ingiustificate, nonché la ritrosia alla stessa sopravvivenza tramite l’aderenza a totali assurdità hanno significato il dovuto perire (“Focault Pendulum”). Otto teste che dimostrano quanto proprio alcuni tra i più ferventi maestri della cosiddetta ignoranza in musica non siano poi ignoranti affatto, e che per l’occasione strappano otto bocconi da ogni corpo mutilato: due per ogni cavaliere dell’Apocalisse a cui degli Impaled Nazarene impersonificatisi intonano canti come non mai nel segno del caprone.

La band

“Eight Headed Serpent” è pertanto un disco che sa e gronda di sangue, di una ultraviolenza che tuttavia, a differenza dei più statici, talvolta lunghi e maggiormente compatti album rilasciati dopo la defibrillante coppia di “All That You Fear” e “Pro Patria Finlandia”, torna senza strattoni stilistici finalmente al servizio della grande canzone e della varietà esattamente come nei più pregevoli e ormai leggendari episodi della band (uno su tutti, l’immortale “Suomi Finland Perkele” qui non casualmente citato) senza rassomigliarne alcuno in particolare e senza porsi quale il classico compendio di una carriera enormemente lunga ed estesa, servendo solo a dimostrarne l’eccessiva esistenza che ben più che di testardaggine puzza di stanca ed ingiustificabile vita vegetale. Piuttosto, grande attenzione è intelligentemente donata al caratterizzare ogni brano senza che questi prendano mai strade troppo eterogenee od eterodosse per i binari saldi e competenti della band, riuscendo tuttavia ad impreziosire di puro godimento sia i nervi d’acciaio e la giustizia del ferro rovente esercitate nell’opener che gli episodi estremamente trascinanti come l’inno “The Nonconformists” (in perenne corsa ad ostacoli saltati tra l’interno di piatti suonati come cowbell in imitazioni d-beat ed armonici impazziti), “Debauchery And Decay”, i ritornelli di “Shock And Awe” o la sezione centrale della title-track in cui urlatori e picchiatori lasciano che la morte piombi dall’alto in empie mutilazioni Rock ‘N’ Roll mai tanto bene esercitate dal gruppo mentre il basso distorto macellato da Arkki riempie di una pioggia di rimbalzi metallici l’aria. Allo stesso tempo caos anarchico e precisione militare sono fatti prigionieri dall’Ordine dell’Ottagono e dalla sua forza invincibile nelle soluzioni più drastiche e violente possibili (dallo sparo nei genitali senza ritegno “Human Cesspool” di neanche un minuto, all’assalto frontale dai toni quasi-Death Metal di “Triumphant Return Of The Antichrist” o dell’ancor più estrema “Mutilation Of The Nazarene Whore”) come nel sensazionale panico generato dalle tirate di oscurità in “Unholy Necromancy”, nella bordata di antipatia “Metastasizing And Changing Threat” e nell’impazzita “The Octagon Order”, o nella melmosa, rivoltante e gustosissima distensione “Focault Pendulum” in cui Ullgrén sigla splendidamente una dosata e perfetta parte di quel bagaglio e di quella perizia Doom dai suoi Shape Of Despair. In generale proprio sulla prestazione del chitarrista, coadiuvato dall’evidente intesa e sinergia generale tra musicisti che ha dell’inscalfibile a prova di granata, è questa volta dovuto soffermarsi per poter notare, peraltro molto facilmente, quanto nei solchi di “Eight Headed Serpent” si trovino i suoi migliori sforzi di sempre col gruppo: un talento su cui dubbi non ve ne sono mai stati, ma dai rovesci finalmente pari se non superiori anche in questo contesto stilistico a quelli del suo predecessore (o del tandem LuohioAnttila) fino al picco “Pro Patria Finlandia” e a tratti persino più prelibati, tra una brutalità liberatoria in braccio a liriche disumane, così catartica e purificatoria, e scariche di adrenalina senza sopravvissuti da omonimo Bathory sotto anfetamine nel nome unico ed esclusivo della vittoria condensata in trentadue minuti dalla macchina assassina originaria della periferica Oulu.

Percussioni da incubo battono quindi la via del terrore senza rinunce, pulsioni ed intenti sadistici frantumano la spina dorsale con assoluta crudeltà, sei corde di magie ed incantesimi corrompono l’anima e una voce urlatrice dagli inferi taglia i timpani declamando follia e verità: contro ogni avversità e contro qualunque tipo di massa esistente ed inesistente al mondo, tra fitte polveri di fuoco serrato e inarrestabile come l’incedere di un panzer corazzato passa su chiunque tenti invano di arrestargli la strada, la brigata degli inadatti per definizione è tornata alla carica forte più che mai anche per merito di un timing complessivo perfettamente contenuto rispetto ad un “Manifest” ed una produzione più compressa e adatta alla proposta rispetto al precedente album. Giù il capo, di conseguenza, per i maestri dominatori, armati di scompostezza e volgarità, maleducazione e pessime intenzioni, autocelebrazione piacevolmente assortita, sconclusionatezza ed intolleranza, ossessioni varie ed insofferenza misantropica; ovverosia una band totalmente sprovvista di freni ieri come oggi ma che dopo trent’anni di carriera ed impegno nel perorare il più anticonformista, testardo e menefreghista dei Black Metal secondo la sua unica propria ragione continua ad avere zero pari ed altrettanti eredi in patria come all’estero, e che nel farlo rilascia uno dei suoi migliori dischi.

“We are from Finland, you can fuck off! We are Impaled Nazarene, go get fucked!”

Matteo “Theo” Damiani

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