Grusig – “Dr Ahfang Vor Misäärä” (2019)

Artist: Grusig
Title: Dr Ahfang Vor Misäärä
Label: Northern Fog Records
Year: 2019
Genre: Black/Folk Metal
Country: Svizzera

Tracklist:
1. “Dr Ahfang Vor Misäärä”
2. “Schtadtbrand 1405”
3. “Meitschibei”
4. “Ds Fautschä Paradies”
5. “Was Ewig Währt”
6. “Denn, Wenn Dr Wind Di Tod Besingt”
7. “Ä Schüchi Liäbälei”

Sporchi, volgari, irrispettosi, irriverenti, totalmente indisponenti. Anche affascinantemente folkloristici. In ogni senso, talentuosamente menefreghisti e assolutamente Black Metal.
Ma in tanti altri -e ben più sofisticati- modi potrebbero a piena ragione essere definiti gli svizzeri Grusig stando anche soltanto all’operato contenuto nel loro primo e notevole full-length intitolato “Dr Ahfang Vor Misäärä”.

Il logo della band

Venendo subito al sodo, la varietà e la pienezza d’idee, nonché l’assoluta padronanza dei mezzi che il giovane duo orgogliosamente di Berna dimostra di saper già mettere in gioco, ha infatti dello sbalorditivo se finisce per essere sommata all’enorme gusto della scrittura che Gruäbähung e Grüsu insieme riescono a vergare con apparentemente invidiabile nonchalance. Se è vero che cantante (il secondo) e polistrumentista (il primo) hanno già più o meno prolificamente affilato le armi nella loro altra e decisamente meno rifinita manifestazione Chotzä, in tal sede accompagnati da altri quattro brutti ceffi, altrettanto evidente risulta il fatto che una riuscita tale come assoluta prova di debutto abbia, ciononostante, quasi dell’incredibile – sia per la grande originalità che vi confluisce (per una volta il termine coniato in tutta consapevolezza dalla band per autodescriversi, l’apparentemente bizzarro Gloomy Blues, risulta tanto strambo quanto deontologicamente azzeccato), ma anche -e forse soprattutto- per il successo in toto che il platter si conquista grazie ad una serie di scelte azzeccate con la facilità propria dei più navigati veterani e professionisti.

La band

Ogni pezzo di “Dr Ahfang Vor Misäärä”, non ultima l’opener e title-track ad accoglierci con una sberla quasi smoderata, potrebbe valere come perorante della causa e del discorso abbozzato; se non fosse che ognuno di essi fallirebbe invero di portare sul piatto tutta la diversità ed eterogeineità che i Grusig riescono a fondere e colare in un unico maleodorante pezzo di stagno marcato con filo spinato – creando sette brani assortiti, dalla grande linearità stilistica quando in successione (nonché sorprendente orecchiabilità) ma loro modo tutti unici ed insostituibili per i differenti dettagli e colori.
C’è il Black Metal che, come calcificazione quasi estranea al cuore swing-y dei ritmi saggiamente scelti durante l’arrangiamento (il disco è con ogni probabilità scritto su chitarra acustica e solo successivamente suonato in chiave Metal), dona continuo vigore e acidume alla sprezzante anima Blues che lo fa, rimestando, quasi apparire (in una sommaria ed infinitamente ingenerosa sintesi) Black ‘N’ Roll pur senza esserlo; c’è infatti il folklore che dona poi la linfa ai ritmi impazziti che pescano loro volta a piene mani da quelli della musica e della più lurida, bassa tradizione popolare in un modo che finisce per non essere dissimile dalla frenesia annerita degli ultimi Finntroll (quelli maggiormente Swing di “Blodsvept” – come risultato finale, ma sicuramente non in quanto influenza di partenza) per via dell’approccio Blues di sicuro rimando Carpathian Forest, qualora esposta agli strappi tirati in velocità e accenti degli Svikt, e alle armonie urbane, irrimediabilmente ammalate di distonia in minore à la Shining – con cui i Nostri condividono anche l’enorme gusto melodico nei controllati e finissimi assoli di chitarra dall’oscuro flavour Rock, lanciati in bending e armonici che riempiono di frequenze alte le sporcizia dei riff portanti in un’alchemica fusione con le linee ritmiche e vocali dei pattern.
Tutti nomi che vanno in realtà solo a creare un mosaico a cui i Grusig appongono, sempre e comunque, immancabilmente ad ogni singolo e più minimo episodio, il loro personale e già indistinguibile sigillo: basterebbe infatti l’eccezionale prova canora espressivamente sui generis di Grüsu, quando deviato, quando sgolato, quando grottesco, quando posseduto in cori e ritornelli sfacciatamente irresistibili (“Meitschibei”) e anche quando più aggressivo; ma in modo particolare dove rigurgita i versi fuori da ogni schema previsto (i vocalizzi che rimandano alle bettole in cui risuonava ribelle la musica nera e che si fanno spazio all’improvviso in “Schtadtbrand 1405”, caricate di follia e contestualizzate all’humus tipicamente svizzero dei Nostri hanno del clamoroso), sempre arroccati su metriche semplicemente perfette nell’incastrarsi grazie al suono e alla naturalezza del dialetto in una sezione ritmica da urlo.
Al netto del continuo cambio d’impostazione nel riffing, che passa da solidità granitiche a tremule rasoiate mescolandosi con arpeggi acustici senza lasciare un attimo di tregua o noia all’ascoltatore (l’ampio spettro di “Was Ewig Währt” è quasi anticipazione di quello ancor più circolare ed inaspettatamente epico dell’unico brano a superare i dieci minuti di timing), parimenti la batteria nella sua incredibile orecchiabilità melodica -appoggiata sul rimbombare a tappeto di un rumoroso, spesso e distorto basso, più delineato invece quando inatteso solista- risulta essere un elemento chiave nella riuscita del disco (ragguardevole l’uso eclettico e capace della moltitudine di piatti, capaci di donare longevità sia in velocità che nei momenti rallentati svelanti il più intimo scheletro chitarristico bluegrass“Ds Fautschä Paradies”) rendendolo assolutamente irresistibile per tutta la sua ragguardevole durata di cinquanta minuti.

In conclusione, i Grusig con “Dr Ahfang Vor Misäärä” regalano un debutto pieno di stranezze facendole suonare -con non trascurabile capacità- come se fossero le soluzioni più naturali e scontate del mondo; sotto l’egida dell’iconoclasta d’etichetta, ma che nondimeno si pone da subito al di sopra delle (spesso comunque perdonabili) criticità della quasi totalità degli altri debuttanti avvezzi alle mescolanze di mondi apparentemente così distanti fra loro.
“Dr Ahfang Vor Misäärä”, oltre ad essere ben più che un ottimo biglietto da visita,  è infatti un disco che, composto dalle solidissime idee e scrittura di cui vive in ammirevole originalità, raggiunge i più alti livelli proprio con una perizia -e gusto- di arrangiamenti cesellati (assolutamente non solo gli esterni e completisti, essenzialmente riusciti tocchi di sintetizzatori con i picchi quasi mistici di “Denn, Wenn Dr Wind Di Tod Besingt”, la cui durata ne autorizza la dilazione) che permettono l’intelligente ed immediata fruibilità nonostante stravaganza e pluralità di dettagli; e non fallisce pertanto nello spingere con prepotenza il duo tra i più interessanti e notevoli figli del mirabile sottosuolo svizzero degli ultimi anni.
Se questo è soltanto l’inizio, non è definibile un azzardo scommettere che ulteriori sorprese non possano più di tanto tardare o mancare di manifestarsi in tutto il loro splendore.

Matteo “Theo” Damiani

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