Grima – “Will Of The Primordial” (2019)

Artist: Grima
Title: Will Of The Primordial
Label: Naturmacht Productions
Year: 2019
Genre: Atmospheric/Folk Black Metal
Country: Russia

Tracklist:
1. “Siberian Sorrow”
2. “The Shrouded In Darkness”
3. “Leshiy”
4. “Spiritual Emptiness”
5. “Enisey”
6. “Blizzard”
7. “Howl At Night”
8. “Rest In The Snow”

Coltivare è un’arte a suo modo.
Ricreare quella precisa magia che sta nel saper crescere e nel far crescere, poi molto metaforica e simmetricamente mimetica dei più basilari principi vitali, è un’abilità che non ogni persona (e, di contiguo, artista) matura allo stesso tempo o nel medesimo modo. Non è probabilmente del resto un caso che la psicologia voglia essere proprio ciò che cresce più lento, forse per la stabilità e presumibile cura del suo percorso, ad avere in sé il destino di far sbocciare i fiori più belli e duraturi. Stratagemma a tratti retorico che, per tutta ammissione, se applicato senza attenta cognizione garantisce la più grande ed inauspicabile sequela di dimostrazioni e giustificazioni parasillogistiche in favore dell’assurdo, è tuttavia innegabile che gli esempi siano pur sempre un’infinità anche solo fermandosi e circoscrivendolo alla sua applicazione in musica. Sta di più pragmatico fatto che, da oggi, anche i siberiani Grima possano essere inclusi nella pregevole categoria dei capaci corridori sulla lunga distanza; quelli che sembrano metterci di più ad arrivare all’ipotetico raccolto, bruciato con vistosa foga da altri, ma quando questo viene finalmente mietuto ciò che vi si può assaporare è di assoluto e longevo valore.

Il logo della band

Una precisazione al lettore è doverosa: l’introduzione non vuole in alcun modo sottintendere che il lavoro dei due fratelli russi (apparentemente gemelli) Morbius e Vilhelm sia stato fino a questo momento deficitario di qualsivoglia bontà o interesse; i Grima hanno per l’appunto percorso una strada per certi versi sicura tuttavia stabile, fatta di piccoli ma consistenti traguardi a scadenza biennale e perseguiti disco dopo disco, a partire dal solido (ma tutto fuorché memorabile) “Devotion To Lord” che nel 2015 mostrava buoni spunti su cui lavorare una sostanza ancora decisamente troppo acerba, ancorata all’impropria estetica percepibile come Cascadian e mancante di quell’effettivo guizzo che li potesse far distinguere in un filone di per sé affollato – esattamente ciò che ha reso decisamente più interessante il successivo “Tales Of The Enchanted Woods” nel 2017: sophomore album con cui i due hanno iniziato a far vociferare su di loro grazie ad una maturazione in sicurezza e mezzi, nonché all’impiego della vena folkloristica che è stato vero e proprio punto di svolta e catalizzatore di personalità nel progetto.
Altri due anni ed è pronto “Will Of The Primordial”, terzo centro del gruppo che riparte intelligentemente proprio dai momenti più sviluppati, raffinati e riccamente arrangiati del precedente disco per costruire il tassello dell’effettiva consacrazione artistica, quel lavoro di piena maturità nella scrittura che -considerata l’abilità d’intessere atmosfere immaginifiche e di grande impatto già dimostrata dai Grima– potesse consegnare loro le chiavi per la sala dei grandi.

La band

Imbastita infatti una proposta di chiaro stampo atmosferico ispirata a sacralità, forza e fragilità della natura, i fratelli Sysoev vi hanno progressivamente accostato -parallelamente all’inclusione sempre maggiore degli elementi mutuati dalla tradizione folkloristica musicale siberiana- la presenza del magico, del fiabesco e del leggendario. L’inizio è emblematico: subito ad accoglierci in fade-in ritroviamo il caratteristico suono dell’organetto diatonico già impiegato a sorpresa per innalzare la composizione in brani perno dell’evoluzione della band come furono “The Moon and Its Shadows” e “Ritual”. Non è un caso, bensì avvisaglia (preludio, se si preferisce) di un carattere votato al sempre maggiore inglobamento nella struttura portante dei pezzi della musica Folk e dei suoi strumenti (due sono persino i momenti totalmente dedicativi: il delicato interludio “Spiritual Emptiness” e la malinconica chiusura di fisarmonica, chitarra acustica ed effettistica dal sapore Neo-Folk, “Rest In The Snow” – quasi una delocalizzazione degli Agalloch alle prese con i loro demoni pagani di Sol Invictusiana memoria).
La matrice da cui la commistione col Black Metal viene ricreata è sicuramente slava per fenotipo stilistico (inconfondibilmente nelle metriche e nella stesura relativa al cantato in screaming), sebbene i Grima tendano a rimanerne ai bordi evitando con capacità di assomigliare mai a nessun altro nome di spicco nel panorama, sia qualora osservati dal generale o viceversa dal particolare; si tratta di una dote non trascurabile in un filone che, proprio per la relativa inamovibilità dei suoi elementi portanti e dopo l’esplosione avvenuta durante la metà della prima decade degli anni 2000, in tempi recenti ha faticato enormemente a produrre nuove ed esaltanti realtà. I Grima sono quindi un’eccellente anomalia genetica in quanto portano in tavola, nonché nel loro mix, per larga misura gli stessi mezzi usati geograficamente attorno a loro per -tuttavia- giungere ad un risultato di grande ed aliena personalità.
Lo dimostrano immediatamente e senza sbaglio gli arabeschi di chitarra e fisarmonica in bella mostra in episodi come “Siberian Sorrow”, le cui luttuose melodie in lead guitar sono tra le più riuscite dell’album (seconde solo ai momenti lenti di “Leshiy”, di enorme evocatività), e in generale tutta la sequela di paesaggi innevati e di gelo dipinti ora dal ronzare delle chitarre e dall’incedere serrato della batteria, spesso tempestoso (ottimi i suoni specialmente durante le discese e rullate più lunghe), o dai rintocchi incantati di tastiere veloci a sciogliersi nel calore delle eleganti e sfarzose sezioni sinfoniche (“The Shrouded In Darkness” esempio cristallino di come la crescita sotto questo punto di vista sia stata portentosa) spesso loro volta in simbiosi con il tono più soffuso ma decisivo della fisarmonica, od ulteriormente riscaldati dagli strumming acustici posti in lontananza. Il risultato finale è estremamente fecondo, sia quando questa è impiegata, malinconica e raminga, per perforare la coltre di freddo distesa dai Grima, che in maniera più energica a corroborare le tormente ritmiche (il finale di “Howl At Night”, su tutti).
Gli arrangiamenti di grande pregio non sono tuttavia riservati alle parti di organetto e fisarmonica o alle partiture sinfoniche e di tastiere, queste a mostrare tutta la loro enorme importanza dopo qualche ascolto che ne possa dischiudere i layer (se si eccettua un episodio dall’impronta epica come “Enisey” in cui la rilevanza è invece immediata): le linee di batteria ricche di spunti e le vocals più curate che in precedenza (sempre high-pitched per toni, “Blizzard” un esempio dai tratti forse estremi, ma generalmente più rotonde in resa finale per merito dell’aggiunta delle backing) non sono loro volta seconde alla cura delle chitarre, che è certosina – tanto che non veniamo risparmiati nemmeno da sparuti ma gustosissimi assoli, precisi e urgenti proprio nel far raggiungere ai brani vette di muta classe come da più esperto copione; una spia del gusto melodico del duo che ha avuto modo di crescere e dimostrarsi a tutto tondo in ogni momento del platter.

Ulteriormente perfezionato da una produzione ariosa e di livello in grado di far respirare egregiamente ogni più sottile elemento nel mix (e mantenere la giusta, ottenebrata resa nei momenti più concitati), “Will Of The Primordial” è quindi un disco ricco di varietà e grande sostanza al cui ascolto trasuda con estrema efficacia tutta la capacità dei Grima di regalare all’ascoltatore grandi, distaccate -più che popolari, si direbbe gravemente inumane- atmosfere ricche d’incanto e sofferenza che, senza mai ricorrere all’espediente della dilatazione per essere raggiunte, gettano splendenti luci sul loro futuro.
C’è chi è baciato dal genio e dalla fortuna più sfacciata, spesso benedetta dall’inconsapevolezza più totale, e chi invece ci arriva tassello dopo tassello con la dedizione e l’impegno. Attenzione, tuttavia, a reputare i frutti dei secondi meno prelibati di quelli dei primi, a non cadere nell’inganno della caccia al mero sensazionalismo, perché s’è vero che in musica non conta il mezzo quanto il risultato, allora non è affatto così scontato che, talvolta, non possano essere proprio i secondi a superare gli apparentemente più favoriti; i Grima hanno coltivato con costanza i semi pazientemente gettati sul loro percorso di onesta prova ed errore – e i frutti in “Will Of The Primordial” sono tra i più belli nel panorama atmosferico e folkloristico tra quelli raccolti non solo quest’anno, ma da tempo a questa parte.

Matteo “Theo” Damiani

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