Column N.31 – A Forest Of Stars & Carpe Noctem (2018)

 

Una settimana fa l’ultima colonna si apriva constatando come un nuovo e riuscito album dei Cultes Des Ghoules non fosse una sorpresa – per grandiosità, s’intende.
Questa la apriamo dicendo invece l’esatto contrario. O meglio, sorprendendoci di come -e quanto- siano riusciti gli inglesi A Forest Of Stars a colpire nel segno con il loro nuovo “Grave Mounds And Grave Mistakes”, uscito questa settimana per Prophecy Productions. Un teatro dell’assurdo ante litteram perché in-realtà-in-età vittoriana? Funambolici voli circensi che rispecchiano un’inaspettata capacità di legare (finalmente) senza (più) cadere nell’incomprensibile tutto l’eclettismo che hanno sempre mostrato? Rispettivamente: lo abbiamo e li abbiamo.
Non che gli A Forest Of Stars non si fossero mai dimostrati talentuosi o capaci. Che fossero bravi, appassionati e soprattutto dotati di enorme gusto si è sempre sentito chiaramente, ma era sfortunatamente sempre mancato loro (o quantomeno nella maggior parte dei casi) un effettivo collante di scrittura focalizzata il giusto, che tenesse insieme in modo efficacemente coeso delle audaci composizioni le cui strutture ed idee dimostrano di essere sempre cangianti e peculiari, tra atmosfera, teatro, recitazione, vera avanguardia, psichedelia, autentica anima elegantemente progressiva d’albione e i più svariati richiami di -letteralmente- qualunque tipo venga loro in mente, incanalati in un Black Metal intenso che è solo il punto d’arrivo.
“Grave Mounds And Grave Mistakes” ci riesce? Valutatelo voi stessi partendo proprio dal fondo della storia con “Decomposing Deity Dance Hall”. Poi fatevi un favore e riprendetela dall’inizio.

Lo trovate su BandCamp.

Tracklist:
1. “Persistence Is All”
2. “Precipice Pirouette”
3. “Tombward Bound”
4. “Premature Invocation”
5. “Children Of The Night Soil”
6. “Taken By The Sea”
7. “Scripturally Transmitted Disease”

8. “Decomposing Deity Dance Hall”
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Se qualche settimana fa vi hanno intrigato gli islandesi Carpe Noctem con il primo brano estratto (al tempo) in anteprima da “Vitrun”, “Hér Hvílir Bölvun” che potete ascoltare qui, abbiamo un regalino per voi: un secondo pezzo intitolato “Söngurinn Sem Ómar Milli Stjarnanna” e che aprirà il disco.
O che apre, dal momento che quel disco al momento in cui questa colonna uscirà sarà probabilmente già ascoltabile nella sua interezza in quanto pubblicato (tramite Code666 Records) due giorni prima di quando potrete leggere queste parole.
Ma la sua opener, in qualunque caso, è un buon pezzo ricco di spunti interessanti, e sorpredentemente saturi, orecchiabili ed accessibili, anche per gli amanti del caotico filone islandese, sempre e comunque ricco di dissonanze ed elementi di difficoltà, che ormai pensa(va)no di averle sentite un po’ tutte provenire da quelle parti; di conseguenza più che meritevole se non altro d’inclusione in una colonna d’ascolto domenicale. Neanche a dirlo, chi era rimasto colpito l’ultima volta sarà contento di ritrovare atmosfere coerenti in similitudine stilistica sicuramente gradite anche in quest’altro brano. Gli altri possono da subito guardare altrove perché (benché più immediato) questo con ogni probabilità non cambierà il giudizio.
O in alternativa, se possibile, provate l’intero disco. In caso contrario, o in caso vogliate comunque dare prima una chance al solo “Söngurinn Sem Ómar Milli Stjarnanna”

Lo trovate su YouTube.

Tracklist:
1. “Söngurinn Sem Ómar Milli Stjarnanna”
2. “Upplausn”
3. “Og Hofið Fylltist Af Reyk”
4. “Hér Hvílir Bölvun”
5. “Úr Beinum Og Brjóski”
6. “Sá Sem Slítur Vængi Flugunnar Hefur Náð Hugljómun”

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Matteo “Theo” Damiani

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