Caïna – “Christ Clad In White Phosphorus” (2016)

Artist: Caïna
Title: Christ Clad In White Phosphorus
Label: Apocalyptic Witchcraft Records
Year: 2016
Genre: Industrial Black Metal
Country: Inghilterra

Tracklist:
1. “Oildrenched And Geartorn”

2. “Torture Geometry”
3. “Fumes Of God”
4. “The Throat Of The World”
5. “Gazing On The Quantum Megalith”
6. “God’s Tongue As An Ashtray”
7. “Entartete Kunst”
8. “Pillars Of Salt”
9. “The Promise Of Youth”
10. “Extraordinary Grace”
11. “Christ Clad In White Phosphorus”

Nonostante l’incredibile prolificità, manifestata tramite innumerevoli pubblicazioni minori e la bellezza di sette full-length, gli inglesi Caïna non sono certo un nome tra i più noti e, sfortunatamente, al momento in cui questa recensione viene redatta, l’oggi innegabilmente talentuoso progetto ha deciso di congedarsi definitivamente al suo pubblico con “Christ Clad In White Phosphorus”.

Il logo della band

Nati nel 2004 come progetto solista del polistrumentista inglese Andrew Curtis-Brignell, dopo essere stato rimesso in pista nel 2012 si trasforma in un duo (nel 2014 viene raggiunto alla voce da Laurence Taylor) cambiando anche coordinate stilistiche, passando dal più canonico Black Metal dal taglio moderno (Post-Black Metal è probabilmente la definizione che i più affibbieranno all’ascolto) degli esordi ad un decisamente più personale ed interessante Industrial/Black, intriso di elementi Noise, Ambient e Dark Ambient, ma soprattutto caratterizzato da una sempre più smaccata vena a cavallo tra il Post-Punk d’annata e il Synth-Pop elettronico più cupo.
“Christ Clad In White Phosphorus” è, come anticipato, il titolo del nuovo e settimo full-length del duo (allo stato attuale delle cose da interpretarsi anche come canto del cigno) ed è rilasciato dalla connazionale e giovanissima Apocalyptic Witchcraft Records (le cui lodi sono già state tessute in sede di analisi del debutto degli irlandesi Mortichnia intitolato “Heir To Scoria And Ash”).

La band

Il nuovo album è composto da undici tracce, di cui sette (di)mostranti l’effettivo sound degli attuali Caïna e tre da intendersi più come introduzione ed interludi dalla pretesa rumoristica Noise-Ambient. Menzione a parte per la (troppo) lunga “Extraordinary Grace” posta quasi in chiusura: dodici minuti spaccati di Kosmische Musik che gioca -in modo comunque riuscito e profondo- con psichedelia e lontane spoken-vocals.
I suoni meccanici e distaccati posti all’inizio del disco (“Oildrenched And Geartorn”) richiamano e tradiscono una sicura influenza da parte dei Godflesh, tuttavia il carattere distopico e tremendamente allucinato delle composizioni dell’album porta molto più facilmente a ragionare s’una rivisitazione moderna e contestualizzata al 2016 della lezione originariamente impartita dai Mysticum del 1996 (“In The Streams Of Inferno”). Non mancano rimandi ai Fear Factory più freddi e automatizzati, ma è un’influenza di assai minor conto rapportata al sound incredibilmente maligno, efferato, raw e diretto dei brani di “Christ Clad In White Phosphorus”.
I pezzi sono molto brevi, ma altresì carichi di dettagli e sfumature che emergono solamente dopo ripetuti ascolti, una volta che la spinosa coltre fortificata eretta dalla musica di difficile approccio del duo cade e lascia spazio unicamente all’approccio persino catchy (quando non direttamente Dance!) di gran parte del riffing e delle ottime trovate melodiche.
Uno dei punti di forza del disco è sicuramente il continuo gioco tra ripetizione di matrice Industrial e la totale imprevedibilità di strutture ed influenze: l’oppressione e la sporcizia dei Godflesh riecheggiano perenni, avvolti dal continuo e malsano vorticare di sintetizzatori e chitarrismo Black Metal, fino all’apparire di stilemi persino più propri al Goth/Dark Rock.
Quando l’ascoltatore crede di aver sentito di tutto dai Caïna di “Christ Clad In White Phosphorus” si ritrova alla fine del variegato disco, innanzi alla title-track. L’ultima freccia scoccata è anche tra le più gustose e totalmente inaspettate: una parte vocale pulita -grave e sgraziata- che suona al 100% Post-Punk svetta su chitarre soliste squillanti e sezione ritmica Goth Rock con tanto Bass-Synth pulsante. Una vera perla sul cui finale piomba una scarica di chitarrismo dalla chiara impronta Black Metal, in un’originale e sorprendente lettura che rivela un parallelismo armonico lampante (a fasi alterne dai più attenti già sostenuto, ma forse prima d’ora mai così esplicitato) tra la musica oscura inglese -spopolata sul finire degli anni ’70 e sdoganata agli inizi degli ’80- ed un celebre linguaggio stilistico appartenente all’insanguinato Nord Europa di più di una decade successiva.

Probabilmente non sapremo mai se il duo inglese abbia optato per lo scioglimento in quanto conscio di aver raggiunto un eclettismo forse difficilmente bissabile, un personale limite o un sound che nelle sue fattezze è nella pratica totalmente sviscerato e portato al parossismo; sicuro è che il canto del cigno rispondente al nome di “Christ Clad In White Phosphorus”, mediante la sua natura sotto ogni aspetto incredibilmente estrema, non ortodossa e quasi controversa ma mai priva di coerenza, porterà nel lettore del fortunato ascoltatore un’efferata ventata di originalità e riuscita sperimentazione.

Matteo “Theo” Damiani

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