Column N.05 – Nasheim & Saor (2019)

 

La colonna di oggi è letteralmente un’occasione di festa grande per gli ascoltatori di Black Metal atmosferico dal momento che entrambi i pezzi su cui cade il riflettore sono le rispettive ed auspicate conferme di due dischi attesissimi e usciti ufficialmente in settimana (nonché integralmente ascoltabili in streaming, uno e due). Se non foste tra i saggi che attendevano la loro pubblicazione o questo non  bastasse a renderveli interessanti, il sottoscritto si permette di asserire che ci troviamo di fronte a due tra i più bei dischi usciti dal loro filone negli ultimi anni.
Partiamo con gli svedesi Nasheim che abbiamo su queste pagine amato per anni (e specialmente da quel 2014 in cui uscì “Solens Vemod”), anticipato in ogni modo possibile, e di cui finalmente possiamo farvi ascoltare “Sänk Mig I Tystnad”: pezzo conclusivo di “Jord Och Aska”, fuori dall’altro ieri per la tedesca Northern Silence Productions.
Poche le parole realmente adatte a descrivere lo splendore che Erik Grahn ha riversato in un album che è un continuum musicale in oltre quaranta minuti progressivi e ricchissimi, di cui peraltro parleremo molto meglio in altra sede prestissimo. Quasi un delitto nei confronti dell’irrinunciabile prima parte, ma -se possibile- la perfezione millimetricamente sfiorata si trova proprio nel suo straziante finale.
Il quarto d’ora abbondante della tranche conclusiva del disco vale infatti oro anche se preso singolarmente, tanto è eloquentemente completo, maturo e ricco di personalità e talento, ma se ascoltato nell’insieme dell’album finisce per essere davvero un picco emotivo, compositivo e realizzativo clamoroso. Come scivolare lentamente e senza accorgersene in un universo intimo e sacrale. (Non) vi possa bastare.

Lo trovate su BandCamp.

Tracklist:
1. “Att Sväva Över Vidderna”
2. “Grå De Bittert Sådda Skogar”
3. “Sänk Mig I Tystnad”
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Attesi al varco erano senz’altro anche gli scozzesi Saor con “Forgotten Paths”, terzo o quarto (se contiamo anche “Roots” sotto questo monicker) album della one-man band ricca di contribuenti che non solo conferma lo stato di estrema salute artistica del suo mastermind Andy Marshall, ma ce lo riporta in gioco al meglio delle sue capacità – pronto ad alzare l’asticella qualitativa ancora una volta. E probabilmente anche più dell’ultima.
Il disco per varie ragioni è ascoltabile da un po’ online per tutti, nonostante la pubblicazione ufficiale sia avvenuta soltanto in settimana, pertanto molti di voi l’avranno probabilmente già gustato e digerito; qualora però foste tra quelli che cadono dal proverbiale pero alla lettura di queste parole (niente di male in ciò, prima o dopo l’importante è arrivarci) o non lo stessero attendendo con particolare fervore, e non abbiate quindi ancora sentito “quella con Neige che apre il disco e che tutti i curiosi aspettavano, ri-diamo l’occasione anche qui. Anche perché, parliamoci chiaro, sarebbe imperdonabile non includere in una colonna un pezzo simile.
“Forgotten Paths”, title-track e robusta opener del disco, dischiude le danze nel più roccioso e senza fronzoli dei modi proseguendo in oltre dieci minuti di variazioni di tempi, colori e umori anche grazie all’a dir poco necessaria ospitata di Stéphane Paut degli Alcest che ci sfibra nel microfono le sue corde vocali senza risparmiarsi nella sezione conclusiva. Ma non solo.
Come sopra, parleremo senz’altro anche di “Forgotten Paths” nella sua interezza a brevissimo, tuttavia nel frattempo non si può non riconoscere che il brano che gli regala il titolo non sia -con ogni probabilità- il più vario, maturo (e forse, nel suo complesso, riuscito?) dell’intera discografia degli scozzesi. Se vi pare poco…

Lo trovate su BandCamp.

Tracklist:
1. “Forgotten Paths”
2. “Monadh”
3. “Bròn”
4. “Exile”
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Matteo “Theo” Damiani

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