Artist: Der Weg Einer Freiheit
Title: “Stellar”
Label: Season Of Mist Records
Year: 2015
Genre: Black Metal
Country: Germania
Tracklist:
1. “Repulsion”
2. “Requiem”
3. “Einkehr”
4. “Verbund”
5. “Eiswanderer”
6. “Letzte Sonne”
Giungono al traguardo del terzo full-length personale i tedeschi (e giovanissimi) Der Weg Einer Freiheit con “Stellar”, che segna anche il non trascurabile salto di qualità dato dall’approdo al roster della francese Season Of Mist Records.
La band di Würzburg, a distanza di tre anni da “Unstille” (Viva Hate Records) che segnava un cambio abbastanza marcato d’intenti dall’ottimo debutto omonimo del 2009 (inizialmente autoprodotto dal quartetto in pochissime e numerate copie, e poi ridistribuito dall’indipendente etichetta connazionale), crea un terzo capitolo visibilmente non intenzionato a proseguire in una nuova direzione nella sua totalità tuttavia senza evitare fastidiose e trascurabili ripetizioni con quanto detto e fatto in passato.
“Stellar” si colloca, infatti, concettualmente e stilisticamente a metà strada tra quanto espresso nel debutto e nel secondo capitolo discografico, riprendendo il sentore più disperato e minaccioso del primo ma senza dimenticare totalmente l’approccio più spicciolamente melodico del secondo (la maliziosa rivisitazione dei capolavori svedesi di metà ‘90 in chiave moderna e assimilabile al linguaggio “-post” non era passata inudita a chiunque, dopotutto), denotando ad ascolti ripetuti una maturazione probabilmente giunta proprio con questo nuovo lavoro.
Una personalità ben più marcata e finalmente delineata che in passato emerge sin dall’opener “Repulsion” (uno dei momenti di più alta creatività del platter, peraltro) grazie a scelte stilistiche inedite come l’utilizzo discreto ed azzeccato di pallidi vagiti incrinati di clean vocals dalla malinconica e suadente rassegnazione prima dell’annichilente attacco della sezione più furentemente Black Metal, successiva inoltre ad un’ottima progressione rintracciabile per tutto il pezzo, dove lo spirito della qui indomita nera fiamma rincorre incredibilmente i passaggi dal sapore smaccatamente settantiano e vintage.
Il pezzo, che marca non solo uno dei migliori momenti del disco -come detto- ci mostra anche il quartetto cimentarsi con nuove soluzioni e realizzare, mediante l’allaccio con la seguente “Requiem”, il momento musicale più emotivamente d’effetto della sua carriera ad oggi: le melodie e gli incastri dinamici creati tra sezione ritmica e il vorticoso riffing sempre distintamente curato ci mostrano una band che -senza scardinare preconcetti esistenti- riesce nell’ardua impresa di portare alle orecchie dell’ascoltatore composizioni di classe e varietà rintracciabile sempre più, ascolto dopo ascolto.
Il suono delle chitarre è pieno, definito, ma tagliente e straziante grazie ad una produzione di altissima fattura e cura che rappresenta un vero punto di forza del disco, valorizzando ed esaltando la bontà delle composizioni che emergono con forza proprio grazie alle ottime scelte prese in studio.
La coda semi-acustica corredata di violino e arpeggi in “Requiem” non è la seconda ed ultima sorpresa del grave viaggio del quale i Der Weg Einer Freiheit ci rendono protagonisti grazie a “Stellar”, perché la stessa “Verbund” mette il carico da novanta sulla vena più estrema, tirata, sprezzante e cacofonica del combo con estrema lucidità e perizia, mentre gli accordi prevalentemente aperti e ariosi di “Eiswanderer” richiamano tanto le sonorità del Black Metal svedese post-2000 dei migliori Ondskapt quanto i Cult Of Luna o i Wolves In The Throne Room, senza disdegnare un richiamo o due al primo lavoro degli Altar Of Plagues (“White Tomb”, 2009) ma con una bravura tale da relegare senza possibilità di appello le similitudini di cui sopra a meri tacciati esplicativi, arricchiti dall’espressività fonetica aspra della lingua tedesca che taglia le membra come una gelida tempesta.
La conclusiva “Letzte Sonne” è il pezzo più lungo e probabilmente anche meglio strutturato del lotto, che ben manifesta l’impossibilità di classificare i Der Weg Einer Freiheit (oggi più di ieri) in un solo genere: che sia Melodic Black Metal o Atmospheric Black Metal o ancora Post-Black Metal, ogni etichetta risultana errata quanto improbabile per fattezze stilistiche, andando stretto finanche l’appellativo Black Metal per sé.
Dove tutto richiama qualcosa di già sentito in precedenza ma, al medesimo tempo, rende inutile ed un misero fallimento lo sforzo di paragonare al netto del carico di oscurità, nichilismo e rassegnazione, con cui gli elementi pre-esistenti sono re-interpretati (e sentiti, mi si conceda) dalla band.
Guardandosi indietro con rispetto, rielaborando con modernità palese e arrangiamenti immaginifici, il quartetto bavarese confeziona quindi il suo migliori disco; perché “Stellar” è un lavoro più che adatto a chiunque cerchi malinconia e grigia rassegnazione catartica in musica (estrema nello stile e negli intenti, ma non nell’estetica!), rendendosi quindi un lavoro che entra in profondità ascolto dopo ascolto e -in definitiva- da non lasciarsi sfuggire.
Provare per credere.
“Ciò che dà alla tragedia il suo particolare slancio verso l’alto è il sorgere della convinzione che il mondo e la vita non ci possano dare nessuna vera soddisfazione, e che perciò non meritino il nostro attaccamento: in ciò consiste lo spirito tragico, il quale conduce alla rassegnazione.” (Friedrich Nietzsche)
– Matteo “Theo” Damiani –