Tenebrae In Perpetuum – “Anorexia Obscura” (2019)

Artist: Tenebrae In Perpetuum
Title: Anorexia Obscura
Label: Debemur Morti Productions
Year: 2019
Genre: Experimental Black Metal
Country: Italia

Tracklist:
1. “Dissonanze Mentali”
2. “Anorexia Obscura”
3. “Oscillazione Ipnotica Profonda”
4. “L’Epoca Oscura Del Caos”
5. “Nero, Oscuro Concetto Di Assoluto”
6. “Criogenia Letale”
7. “Silicio Freddo”

Iniziamo pure con il dire che i Tenebrae In Perpetuum, in “Anorexia Obscura”, hanno dato prova di avere ben chiara (e, probabilmente, anche di poter tenere nel loro piccolo) una lezione di cruciale importanza e attualità: esistere non è un diritto. Tantomeno può mostrarsi o rivelarsi un obbligo.

Il logo della band

Ego, vanità (di vanità?), correlata ricerca di visibilità e la meccanica implicita della corsa in frenetica sincronizzazione al passo altrui verso il male minore pur di esserci ed esistere – iscrizione di un sacrificio ultimo rivisto in chiave e moda post-moderna; tutto fatto a pacchetto e lasciato coscientemente a marcire nei recessi delle imperiture foreste dolomitiche, dal canto loro, perenne monito di una futilità sottaciuta e immota a ricordare l’effimera piccolezza di ogni azione più vistosa e appariscente, il fu terzetto guidato da Atratus (The Frozen Glare) decise di fermarsi a tempo indefinito dieci anni or sono con il suo terzo full-length intitolato“L’Eterno Maligno Silenzio”, prova maggiore del gruppo che li aveva portati ad ingrandire parcamente -ma con sottile intelligenza- il comunque orgogliosamente scarno comparto esecutivo di Black Metal grezzo, viscerale, freddo e iniziatico, esiziale e criptico nella trattazione religiosa e mortalmente morbosa delle tematiche, nonché a farsi da parte definitivamente dopo la pubblicazione dello split-album di materiale -compositivamente altro- con i Khrom, interrompendo così un’evoluzione di dieci anni dai tratti forse silenti ma sicuramente innegabili.
“Triumphata Morte”, canzone inedita pubblicata a sorpresa nel secondo disco della compilation marchiata Debemur Morti e commemorativa dei tre lustri della label, ha invece infranto sull’estremo finire dello scorso anno un silenzio mortuario durato un’ulteriore intera decade mostrando (pallidamente e senza ulteriori spiegazioni, ma gettando in retrospettiva più di un timido indizio) il ricorso, per la prima volta, a un linguaggio biologicamente alieno a quello unico del Black Metal primitivo e spiritualmente sudicio a cui avevano abituato in tre album e correlate appendici i Nostri. La ragione d’essere (e forse anche la motivazione) del lunghissimo break e del successivo ritorno è però palesata, chiaramente e senza possibilità di fraintendimento, dal mordente ritorno alla lunga durata in “Anorexia Obscura”.

La band

Lo slancio mistico e metafisico è importantemente rivisto; non rinnegato ma riletto e studiato tramite l’attenzione specifica ad una non più palpabile (anche se sicuramente più concreta) materia psicologica perfettamente aderente e coerente con le speculazioni, e sicure evoluzioni artistiche, a cui i Tenebrae In Perpetuum nella figura di Atratus, ora accompagnato soltanto da Chimsicrin alla batteria, dimostrano di essersi sottoposti in dieci anni di assenza e lavorio del subconscio. Ferri gelidi che tagliuzzano e ricompongono un moderno Prometeo lontano dalle luci del giorno, della comunità e della ribalta, sono gli strumenti della disturbante elettronica analogica ineditamente impiegata in una sintesi pulsante che è fugace richiamo stilistico tanto ai Thorns (deprivati tuttavia di approccio industriale) quanto alla Power Electronics più approcciabile e meno criptica, quella bagnata di Dark Ambient e velate sfumature di reiterazione Death Industrial pur senza ricorso all’uso dei campionamenti esterni di Brighter Death Now e Genocide Organ, mescolato all’inconfondibile approccio mistico al Black Metal del gruppo con una naturalezza che non è solo invidiabile per risultato – ma assoluta figura di un’evoluzione che suona quasi inevitabile nella sua più profonda logica espressiva. Lo stridore risultante non è dato -infatti- dagli elementi stilisticamente discordanti, bensì ricercato come vettore primo del tedio trasmesso grazie alla cura ineccepibile dell’atmosfera malsana che ordiscono insieme le trame delle corde di Atratus (per costruzione non troppo dissimili da quanto calcificato in “L’Eterno Maligno Silenzio”, quantomeno nelle sezioni più dirette e meno sperimentali) e il batterismo di grande controllo ad opera di Chimsicrin (gustosissimo nei lunghi, nauseanti rallentamenti e nelle parti più ipnotiche -nella title-track sfioriamo l’ultra Doom-, quanto elegantemente scarno ma mai banale nel servire la canzone in quelli fulminei e blast-driven).
La voce isterica del mastermind narra con asetticità distaccata e affilata le visioni dalla personale risonanza cifrata su cui si basa l’apparato lirico di “Anorexia Obscura”, diretta complice delle trappole chitarristiche -dissonanti in cristallina precisione- che si avvolgono attorno all’ascoltatore nervose e pungenti come una corona di spine. Le geometrie dei let-ring e del trionfo di feedback sono notevoli ma più che accavallarsi caotiche nel loro salmodiare costantemente in minore, prescindendo volentieri dai pattern batteristici, rimandano ad una liberissima interpretazione di gusto à la Blasphemer negli episodi più avanguardistici dei Mayhem dei primi ’00, tuttavia spolpati di medi, disarmonizzati, affilati e taglienti quanto mai (sorprendentemente lineari, persino) nel descrivere in forma aurale le reazioni alla mancanza di controllo mentale.
Il risultato complessivo è di grandissima coesione, coerenza costruttiva e personalità, lontano dagli eccessi in follia innovatrice dei comunque non dissimili (per il solo modo d’impiego dei rintocchi di materia elettronica ma non per gli obiettivi estetici) Dødheimsgard di “666 International”, particolarmente interessante soprattutto perché nell’ambito di una proposta che al contrario è dichiaratamente devota al carattere lo-fi, scarno, dissoluto e rumoroso del Black Metal. Ciononostante, sebbene ovvero la patina grezza che circonda da sempre l’operato del progetto sia orgogliosamente mantenuta di prim’ordine, la produzione si rivela da subito di estremo valore: ampia ed ariosa per far convivere gli elementi e per far risuonare le linee di basso fino in profondità in un gioco dinamico di frequenze riempite e svuotate che è tronfio dei suoi attacchi sferrati al padiglione auricolare dell’ascoltatore, quanto delle sue assenze per valorizzare sia l’organicità che la profondità complessiva del suono.

I Tenebrae In Perpetuum, dunque novelli indagatori di un orrore più sottile ed insito nell’interruzione del lineare funzionamento cerebrale, forti di una discografia d’eccellente crescita oggi più che mai, dimostrano in “Anorexia Obscura” di essere ancora più rilevanti e profondi di ieri realizzando il loro viaggio più sconcertante e sconfortante, spiacevole e al contempo originale senza essere tuttavia particolarmente ostico od impraticabile; parzialmente immediato senza rinunciare al vestirsi d’interesse; attraente come una scena a cui non si riesca a distogliere lo sguardo proprio per la sua atrocità.
Non vi è dubbio: in un tripudio di dolore ansiogeno osservato esternamente dal suo stesso proprietario tramite narrazione in prima persona differita, l’oscurità più nera e pesante potrà anche diventare quasi una mera formalità, ma il silenzio è necessario affinché il più eloquente dei suoni possa essere udito.

Matteo “Theo” Damiani

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