Sojourner – “Empires Of Ash” (2016)

Artist: Sojourner
Title: Empires Of Ash
Label: Avantgarde Music
Year: 2016
Genre: Atmospheric/Folk Black Metal
Country: Internazionale

Tracklist:
1. “Bound By Blood”

2. “Heritage Of The Natural Realm”
3. “Aeons Of Valor”
4. “The Pale Host”
5. “Homeward”

6. “Trails Of The Earth”
7. “Empires Of Ash”

Raramente capita di trovarsi di fronte ad un progetto internazionale i cui componenti, pur provenendo dalle più distanti regioni fisiche del pianeta, dimostrano coesione e capacità di unire le loro singolari caratteristiche per creare un prodotto avvincente.
I giovanissimi Sojourner rappresentano chiaramente una di queste eccezioni. Nati solamente nel 2015 dalle intenzioni dei due australiani Mike Lamb e Chloe Bray e dello spagnolo Emilio Crespo (oggi trapiantato in Svezia), sono raggiunti durante le registrazioni del debutto da Mike Wilson al basso. Sul finire dell’anno scorso, però, il singolo digitale “Heritage Of The Natural Realm” ha immediatamente ricevuto diverse attenzioni da parte del pubblico più avvezzo al Black Metal atmosferico e folkloristico. Tra le lusinghe attirate figurano quelle della nostrana Avantgarde Music, che senza farsi troppo attendere li ha messi sotto contratto per realizzare il full-length di debutto “Empires Of Ash”.

Il logo della band

I Nostri si muovono sulle coordinate -abbastanza note al pubblico- di quella schiera di estimatori del sound sdoganato dagli austriaci Summoning ormai venti anni orsono, inserendosi tuttavia (già dall’uscita del primo ed inaspettato pezzo) tra le proposte reinterpretanti il dogma nel modo più personale: il primo nome che esce è sicuramente quello degli americani Caladan Brood, presentando uno spettro di richiami stilistici invero piuttosto diverso.
Il fatto che più sorprende è, come accennato in apertura, la distanza geografica dei componenti della band. Ancor più impressionante è come la musica non risenta particolarmente della supposta mancanza di partecipe connessione tra i membri dei Sojourner, potenziale svantaggio sicuramente colmato e controbilanciato da solidissime influenze comuni e da idee spiccatamente cristalline sul da farsi.
Non vi è il minimo dubbio, infatti, che la giovane band (al netto di alcune inesperienze comunque udibili qua e là all’interno del disco) abbia curato nel dettaglio ogni singolo aspetto di “Empires Of Ash” e che poggi sulle solide basi di quelli che sono gli interessi musicali e lirici che hanno direttamente portato alla sua composizione.
A partire dall’aspetto grafico (l’artwork è ad opera di Jordan Grimmer e ben si sposa con i paesaggi dal gusto decadentemente romantico evocati dalle note del platter), passando da parte a parte dei sette corposi e mediamente lunghi brani che compongono l’uscita, i cenni più evidenti sono diretti alla bellezza e forza della Natura, conditi dal variopinto immaginario epico-fantasy che tanto ha giocato (e giovato) sull’affermazione su larga scala del genere proposto.

La band
La band

L’opener “Bound By Blood”, già conosciuta dal pubblico in quanto secondo assaggio d’anteprima del disco, dichiara aperte le danze tra campionamenti naturali e il suono di un’insolita quanto adatta ocarina che già aveva donato segnali sull’originalità e personalità del progetto. Non è tutto: si noti fin da subito come le chitarre ed annessi intrecci abbiano un ruolo decisamente più predominante rispetto alla media del filone di riferimento. Grande importanza è donata sia alla struttura delle ritmiche che ai passaggi solisti, discretamente valorizzate anche nel missaggio che le pone sempre in primo piano accanto alla strumentazione folkloristica. Il riffing delle sette corde è definito e dal taglio moderno, andando a scavalcare l’ormai solita pretesa di spacciare evidenti incapacità tastieristiche per vezzo stilistico. Le tastiere sono quindi curate e presenti ma non totalizzanti l’attenzione dell’avventore.
Le ritmiche dei brani sono, in controtendenza col genere, generalmente sostenute (andando ad evocare un mood più aggressivo e battagliero del solito, piuttosto che unicamente malinconico) portando sfortunatamente l’ascoltatore a sentire in questi casi la mancanza di un batterismo più fisico. Se la drum-machine è componente fondamentale nonché parte integrante del suono di act ieratici come i Summoning, l’utilizzo fàttone in “Empires Of Ash” vorrebbe spesso e volentieri un batterismo più dinamico, sanguigno e reale. Il suono delle sue componenti è decisamente curato, tuttavia si prendano come esempio l’inizio in blast-beat di “Homeward” o le parti affidate al doppio pedale della conclusiva title-track (estendibile più in generale ad ogni parte concitata del disco) per rendersi conto di come queste tendano a far cadere in quei brevi momenti l’atmosfera creata.
“Aeons Of Valor”, grazie alla sua eleganza, riesce ad essere invece uno degli episodi migliori del disco, seguita dall’inaspettata e decisamente riuscita “The Pale Host”: delicato interludio dal sapore a tratti Dark-Wave affidato unicamente ai sintetizzatori e alla voce di Chloe Bray. Le conclusive “Trails Of The Earth” ed “Empires Of Ash” spingono sull’acceleratore, fornendo diversi break acustici e spunti interessanti nella prima (pur talvolta inficiati dal batterismo, come spiegato) e risultando la seconda un ottimo compendio finale di ciò che i Sojourner hanno voluto -e sono riusciti- a offrire in questa prima prova discografica.

Il disco è stato registrato in maniera autonoma e successivamente prodotto (sia missaggio che mastering) a Milano da Gabriele Gramaglia (autore anche della registrazione delle chitarre acustiche in “Trails Of The Earth”) con un buon risultato finale. Un plauso va alla band che, nonostante si sia trovata alle prese con un debutto assoluto, ha deciso di scegliere soluzioni personali piuttosto che incanalarsi in un trend divenuto ormai semplicissimo da seguire: sia sotto l’aspetto stilistico (si noti l’utilizzo dell’ocarina e dei fiati in un contesto simile, piuttosto che le abusate simil-sinfonie, o il grande spazio donato alla voce femminile e ai fraseggi chitarristici quasi sempre ottimamente contestualizzati) che sotto l’aspetto grafico (l’ennesima riproduzione di un quadro di Bierstadt non sarebbe servita a nessuno).
“Empires Of Ash” va dunque a posizionarsi come prima convincente prova di un act che ha deciso di distinguersi, pur volendo esprimersi in un genere ormai prevalentemente saturo, e farà la felicità di ogni amante del Black Metal più epico ed atmosferico.

Matteo “Theo” Damiani

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