Shining – “VII: Född Förlorare” (2011)

Artist: Shining
Title: VII: Född Förlorare
Label: Spinefarm Records
Year: 2011
Genre: Depressive Black Metal
Country: Svezia

Tracklist:
1. “Förtvivlan, Min Arvedel”
2. “Tiden Läker Inga Sår”
3. “Människa O’Avskyvärda Människa”
4. “Tillsammans Är Vi Allt”
5. “I Nattens Timma”
6. “FFF”

Il consumatore medio di Black Metal è una creatura decisamente affascinante, caratterizzata da curiose peculiarità come ad esempio il ricorso ossessivo-compulsivo a slogan e frasi fatte inevitabilmente vuote aventi il solo scopo di giustificare agli occhi del mondo esterno qualcosa che in realtà non avrebbe alcun bisogno di imbarazzate scusanti, ossia l’irrazionale amore per una musica a volte sì innegabilmente infantile nelle tematiche ma forse proprio per questo meravigliosa nella potenziale gamma di sensazioni trasmesse. Per lungo tempo è stato “ma io ascolto anche altri generi” lo stentoreo mantra principale dietro cui nascondere il proprio apprezzamento per sonorità inspiegabilmente additate dai profani come stantie ed in ogni miglior caso riconducibili a quattro esaltati a zonzo nelle foreste scandinave, mentre nell’epoca di ritrovata coscienza civile vera o presunta che sia, e che chi legge il presente articolo nel periodo della sua redazione sta inevitabilmente vivendo, il cosiddetto blackster si è visto per di più costretto ad aggiornarsi di fronte alle tigri di carta rappresentate dagli arcinoti dibattiti scatenatisi, tra gli altri, a proposito di MardukTaake: “bisogna saper scindere la musica dalla persona che la compone” è dunque la nuova, perfetta autoassoluzione di chi non tollera di vedere il proprio giocattolo personale sottoposto a legittime interpretazioni in verità tipiche di qualsiasi forma d’arte – una frasetta di comodo ripetuta bovinamente da soggetti che però, una volta che si sposta il focus della discussione su certe band, sembrano essere anche i primi ad accantonare del tutto la tanto amata musica in favore di polemiche trite e ritrite incentrate sugli artisti, o ancor meglio per persone nel loro rocambolesco privato, dietro ad essa.

Il logo della band

Con l’uscita nel 2009 di “VI: Klagopsalmer”, il pubblico del cosiddetto metallo nero trova infine un pretesto per sfogare senza più remore tutta la propria malcelata antipatia per Niklas Kvarforth, le cui controversie tra istrionici, megalomani decessi inscenati ad arte e concerti turbolenti erano già state diffuse in ogni dove grazie al propagarsi veloce di internet e delle numerosi community virtuali di appassionati durante il primo decennio del nuovo millennio; questi ultimi, evidentemente provocati nonostante l’aria di distaccata superiorità assunta da molti di loro, hanno quindi modo di indicare la rovina degli Shining nei riff d’impatto e nel sound design sempre più performante, caratteristiche già sdoganate nell’invece pluripremiato V: Halmstad” eppure -chissà perché- divenute un peccato mortale solo dopo gli incresciosi fatti del 2007. Con somma ironia “VII: Född Förlorare”, album chiamato a seguire direttamente quella che ad oggi rimane la prova di rottura agli occhi di gran parte dei sostenitori più o meno dichiarati, è anche l’unico nella storia dell’act svedese a vedere del tutto intatta la formazione del precedente lavoro in studio, proseguendo così nella camaleontica direzione ormai divenuta definitiva per la gioia un po’ di chiunque: quella di un frontman musicalmente molto più ambizioso di quel che possa distrattamente sembrare e da tempo allergico ad un sottogenere da lui stesso codificato ma poi preso d’assalto in seguito al successo della sua creatura; quella dei sostenitori che hanno compreso il potenziale disturbante di una proposta concettualmente molto più profonda di quanto le elegie liriche all’eroina e al suicidio lascerebbero immaginare; ed infine dei detrattori che possono continuare a vomitare disprezzo verso il fantoccio Kvarforth in pasto al suo pubblico ma che nel frattempo rimane saldo sulla cresta dell’onda mediatica.

La band

Presentato dal leader come il ritorno nei bassifondi della natale Halmstad dopo un’interlocutoria parentesi confezionata giusto per levarsi di dosso la morsa discografica di Osmose Productions, il settimo sigillo degli Shining (il primo dall’adozione ufficiale della numerazione romana a fregiarsi nuovamente dello splendido logo esposto in copertina, nonché l’ultimo finora) porta invece avanti l’approccio teorico iniziato con l’apparentemente lontano “IV: The Eerie Cold” ma sublimato proprio nel precedente cronologico “Klagopsalmer”, per il quale l’avvicinamento a lidi senz’altro più abbordabili è d’altro canto messo al servizio di contenuti sonori e testuali alquanto perturbanti; nulla spaventa ed inquieta nel profondo l’uomo, del resto, quanto la presenza del Male persino nei simboli stessi della purezza, come il canto infantile che apre (attraverso un contrasto a questo punto non certo originale ma dannatamente efficace) il singolone di lancio “Förtvivlan, Min Arvedel”. Accompagnata dal celebre videoclip contenente tutto il campionario del Kvarforth-pensiero, oltre ad un impagabile Peter Huss dall’aria assai infastidita e dagli occhiali da sole anche in notturna, l’opener si appoggia sul riffing dal groove ficcante affinato via via per oltre un lustro, lontanissimo dalla staticità Depressive ancora contenuta nel terzo e nel quarto disco ma rimalleata, bensì ricollegabile al discorso iniziale per cui un fraseggio degno di una qualsiasi Rock band americana da classifica viene appesantito, rigonfiato ed inondato dall’oscurità degli onnipresenti arpeggi e delle vocals sinceramente possedute. Parimenti riproposta dal vivo, “Människa O’Avskyvärda Människa” mantiene l’irruenza Heavy Metal e la trasporta persino nel comparto solistico avvalendosi della comparsa di lusso Christopher Amott, libero dal giogo Arch Enemy ed autore qui di una prova assolutamente straripante in tandem con l’al solito impeccabile Huss – vera chiave strumentistica e compositiva dell’evoluzione in sensibilità degli Shining, chitarristicamente esplosa con tutta la sua forza nel quinto capitolo e nel successivo. Le ospitate in “Född Förlorare”, primo dei sette fratelli a farne massiccio utilizzo, sono difatti linfa per la varietà di soluzioni adottate nel processo di scrittura, aprendo la strada prima alle sferzate Black Metal vibrate dal sodale Erik Danielsson di fama Watain al vertice dell’ottimamente costruita “Tiden Läker Inga Sår”, poi allo stupendo refrain di “Tillsammans Är Vi Allt” interpretato da Håkan Hemlin del duo Folk Rock svedese Nordman. Superato quindi il momento cover (in quel periodo tra l’altro al picco del suo esercizio con quelle riservate al tributo dell’operato di Katatonia, dei Kent e del prince of darkness Alice Cooper, non solo nel maxi-singolo riservato alla promozione dell’album ma anche nell’apposito e straniante EP “Lots Of Girls Gonna Get Hurt”) con “I Nattens Timma” dei sempre connazionali Landberk, sono i tocchi melodici di “FFF” a trascinare l’ascoltatore sull’altra riva dello Stige, sballottato tra i sibillini cori femminili, strumentazione classica e la coda di organo che chiude un coerente tributo alla defunta madre di Kvarforth così come un altro grande album uscito dalla sua penna, in elegantissimo equilibrio sopra al baratro del culto di sé stessa di lì a poco sfiorato su “Redefining Darkness”.

Subito dopo “Född Förlorare” arriva l’ennesimo cambio in una line-up tra le più ironicamente durature per una creatura come gli Shining, il quale in sinergia con la fama in esponenziale crescita del progetto (Spinefarm Records è dopotutto già da anni entrata nell’orbita produttivo-distributiva di Universal Music) ne spinge il mentore in una fase di stallo evidenziata da uscite tutto sommato forse anche evitabili, siano esse l’EP di stravaganti cover oppure i rifacimenti personali contenuti nel comunque più che affascinante ed interessante “Feberdrömmar I Vaket Tillstånd”. Ma quel che più resta a distanza di dieci anni è che coloro i quali sono rimasti attratti o scandalizzati dalle sole bravate di Kvarforth non hanno mai avuto il modo né il privilegio di accorgersi di quanto il settimo full-length dell’ensemble svedese fosse uno dei suoi più raffinati di sempre nonché il punto di massa critica precedente a tale ricaduta, troppo impegnati com’erano ad elogiarne qualsiasi sciocchezza o stigmatizzarne qualunque mossa; in ogni caso, contribuendo proprio con il loro gossip di bassa lega all’incancrenirsi momentaneo di un estro compositivo florido come pochi altri nel genere. Ancora una volta sarà però Niklas stesso, conscio o meno di tutto ciò, a liberarsi dal pantano sensazionalistico che nulla c’entra con le grandi canzoni contenute in “Född Förlorare” rifugiandosi nelle suggestioni Blues ed acustiche di “IX: Everyone, Everything, Everywhere, Ends” (coinciso non per nulla con un periodo di assenza dalla ribalta mediatica) e tornando infine a picchiare duro su ogni fronte con X: Varg Utan Flock”, manifesto dal canto suo di un disprezzo onnicomprensivo finalmente di nuovo capace del gesto secondo lui più crudele che esista: la creazione.

Michele “Ordog” Finelli

Precedente Primordial - "Redemption At The Puritan's Hand" (2011) Successivo Peste Noire - "L'Ordure À L'État Pur" (2011)