Novembre 2018 – Selvans

 

Occasioni attorno a voi incessanti vi ricordano che Natale si avvicina e che non sapete mai cosa regalare agli amichetti metallari, vi conosciamo, ma la vostra webzine preferita vi viene incontro anche questa volta offrendovi un bello spunto con il meglio del mese trascorso secondo l’intero staff. Perché non partire quindi da qualcuno di questi?
Oppure niente feste, va bene. Purché non rinunciate alla musica.
In questo caso, tornando a noi -come prevedibile (nel risultato ma non nei modi)- i nostrani Selvans hanno spopolato stravincendo, convincendo la totalità della redazione con il loro secondo full-length “Faunalia” (fuori ormai da inizio novembre per Avantgarde Music) che ha sbaragliato ogni possibile ed impossibile concorrenza portando la band abruzzese ad un dito dal meglio uscito nell’anno. O forse direttamente tra il meglio? Al solito, a seguire, abbiamo anche gli altri tre contendenti che maggiormente sono spuntati tra le preferenze di chi vi scrive ogni giorno su queste pagine virtuali e, cosa invece inusuale, ben (altri) due di essi sono italiani (nonché rilasciati dalla stessa label, anch’essa italiana). Ciliegina sulla torta: il terzo è invece di nazionalità sconosciuta, tuttavia assolutamente non nuovo sulla webzine…
Ma andiamo con ordine partendo innanzitutto dagli autori di ciò che è già stato celebrato come disco della settimana solo una decina di giorni fa; ora anche disco del mese per tutto lo staff.

 

 

“Una conferma che sa di consacrazione, “Faunalia” dei Selvans arricchisce la tavolozza degli abruzzesi facendo risplendere ed esplodere un concentrato d’influenze tanto variopinte quanto perfettamente focalizzate. Tra meraviglie di folklore, tradizioni, miti, leggende, scaramanzie popolari, magia, maledizioni e odi a susseguirsi sfumate l’una nell’altra, il duo consegna un lavoro ricchissimo di dettagli, intraprendente, d’ampio respiro, dal taglio cinematografico per composizione e dalla spiccata unicità. Tra Black Metal atmosferico, folkloristico, sinfonico, non di rado avanguardistico, ogni brano è un episodio con carisma a sé; tuttavia imprescindibile tassello incastrato senza sforzi per creare un mosaico imperdibile.”

(Leggi di più nella recensione che lo elegge disco della scorsa settimana, qui.)

Opera d’arte a 360 gradi e papabile disco dell’anno per gli abruzzesi Selvans, autori di un’avventura sonora complessa ma soddisfacente. La ricchezza di Faunalia” risiede nelle sue molteplici facce non limitate da confini musicali, ma che spaziano tra gli elementi classici del Black Metal, eleganti composizioni di sintetizzatore o echi folkloristici fino ad arrivare a momenti quasi cinematografici (in particolare riferimenti al mondo horror). A tutto questo aggiungiamo il tratto epico delle liriche e le prestazioni strumentali/vocali/tecniche di altissimo livello per confezionare un prodotto difficilmente trascurabile.”

Se c’è una cosa di cui non si possono accusare i Selvans nella stesura di “Faunalia” è di certo la mancanza di coraggio. Totalmente consapevoli dei propri mezzi, già ampiamente dimostrati nelle release precedenti, si imbarcano nell’ambizioso e dichiarato obiettivo di offrire un drammatico compendio di oscura arte italiana. Questo permette loro di spaziare, sia musicalmente che liricamente, fra ricercati riferimenti letterari propri del Belpaese, che si riflettono direttamente in sonorità che scivolano fra rimandi al loro passato artistico fino a inaspettati spezzoni dal flavour cinematografico. Nonostante un concept così complesso e apparentemente frammentario, i Selvans riescono a conservare la propria impulsiva ferinità, accostando il personale tragico misticismo ad una prestazione strumentale nel complesso perfezionata, che vede un apparato tastieristico dilagante, prorompente e vero incanalatore dell’estro della band.”

Al netto di alcuni difetti persistenti e imputabili più che altro ad un’ampollosità a volte quasi castrante, il secondo full-length degli abruzzesi conferma la loro straordinaria capacità di storytelling, di creazione di atmosfere della più varia natura. Anche tralasciando liriche e riferimenti, difficilmente l’ascoltatore non rimarrà assorto nel tenebroso universo di “Faunalia”, merito soprattutto dell’oculato lavoro dei tanti strumenti tradizionali e delle ispirate prestazioni sia di Selvans Haruspex che dei vari ospiti dietro il microfono. Nonostante appunto qualche carenza in fatto di coesione possa essere riscontrabile (si può discutere sull’eccessività del doppio finale in chiusura del disco), con questo lavoro i Selvans consolidano il loro status e dimostrano le loro indubbie qualità di scrittura ed esecuzione.”

“Al giorno d’oggi, per le band di Metal estremo, il lavoro più difficile non è tanto esordire ma piuttosto il confermarsi: la vera prova del nove. Devono averlo capito i nostrani Selvans, ai quali spettava il non facile compito di eguagliare o superare il meraviglioso disco di debutto “Lupercalia”. Obbiettivo raggiunto? Certo che sì; gli abruzzesi non solo eguagliano il precedente album, ma superano di gran lunga le più rosee aspettative con un disco molto variegato e personale, in cui il loro ormai classico Black Metal atmosferico si fonde con influenze che vanno da Ennio Morricone a Claudio Simonetti dei Goblin, che danno al tutto una sorta d’impronta sonora molto cinematografica all’italiana. Ottima la prova di tutti i musicisti coinvolti nei brani; particolarmente degno di nota è il contributo vocale di Mercy, dei liguri Ianva, per il brano “Magna Mater Maior Mons”. Un tocco di classe per uno dei brani più belli del duo abruzzese.”

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Il debutto su full-length degli Arkhtinn, intitolato “最初の災害”, che attendevamo dall’ultimo demo uscito a febbraio. È passato quasi un anno ormai ma qualcuno di voi lo ricorderà: come promesso, la band ha fatto confluire nel suo debut (fuori dal 16 novembre per Amor Fati Productions) le due anime precedentemente seprate sulle due facce delle musicassette, imponendosi con altrettante nomination come nome e realtà da tener d’occhio senza più dubbi.

Gli Arkthinn fanno confluire in “最初の災害” tutte le precedenti sfaccettature veicolando in due mastodontici brani, oltre la ventina di minuti di durata ciascuno, un nuovo approccio che mescola il scintillante ed estremissimo Black Metal atmosferico, cosmico e schizzato -il cui muro del suono saturo ed impenetrabile trita impietoso venature senz’altro Darkspace– con le distese oscure di Ambient che si fa oggi meno rarefatto che nei demo – difatti più solido, elettronico, melodico e di sicura presa sull’ascoltatore che rimarrà inevitabilmente ammaliato anche dagli inaspettati momenti fisici e dall’incredibile tiro che i quaranta minuti abbondanti del debutto del gruppo offre con inaspettata profondità nel turbinio schiacciasassi di riff sbriciolati e vocals strazianti (specialmente in “二番”).”

(Ascolta “二番” nella colonna ad essa dedicata, leggendo di più al riguardo, qui.)

Chi vedendo l’ennesima copertina stracolma di lucenti stelle avesse la tentazione di alzare esausto gli occhi a quel cielo tanto ultimamente affollato scartando in partenza gli Arkthinn rischierebbe, almeno in questo caso, di perdersi qualcosa di molto interessante. Certo, i riferimenti, forse dovuti, a chi ha dettato le leggi di un’astrale comunione fra musica ambient e sonorità estreme non mancano, ma quella dei Darkspace è un’influenza dalla quale i Nostri sono partiti evolvendo il proprio sound, forti dell’esperienza maturata nei numerosi demo. Con un primo pezzo che si distende fra atmosfere più dilatate e rarefatte sulle quali gli strumenti a corde si adagiano ruvidamente e un secondo pezzo sbalorditivo, in cui i repentini cambi di tempo vengono dettati dagli incalzanti rintocchi di elettronica, gli Arkhtinn dimostrano definitivamente il proprio talento e di essere in grado di incanalare ed equilibrare le diverse sfaccettature sonore di cui si fanno portavoce.”

 

Il secondo nome italiano della tornata, ovvero i piemontesi Opera IX che siglano con il nuovo “The Gospel” il loro secondo rientro sugli scaffali marchiato Dusktone Records. Una band giunta al suo ottavo full-length e con almeno un paio di dischi particolarmente acclamati non necessita tuttavia più di presentazioni su queste pagine, quindi è tempo che la sola nomina del nostro Feanor vi illustri con chiarezza perché il loro nuovo capitolo, pur privo di sorprese, merita l’attenzione dei sostenitori del gruppo.

“C’era molta curiosità per il ritorno degli Opera IX, uno dei gruppi più importanti nel Metal estremo italiano, specie per via della nuova cantante Dipsas Dianaria (leader dei romani Vidharr). “The Gospel” è un album che potrebbe accontentare sia i fan dei primi dischi che quelli del material più recente: l’atmosfera stregonesca, creata e dettata dalle tastiere, è rimasta difatti pressoché immutata (magari con una strizzata d’occhio ad un certo metodo sinfonico di spiccata matrice norvegese) in un contesto Black Metal che ben gestisce sia le parti aggressive che quelle più melodiche. Buona anche la prova vocale della nuova cantante, che si destreggia fra i molti scream ferali e rabbiosi e le poche clean vocals che, in ogni caso, ben si adattano all’interno del contesto. Un solido ritorno.”

 

L’ultima nomination va al terzo ed ultimo gruppo italiano, i Taur-Im-Duinath che il 3 novembre hanno pubblicato l’esordio su full-length “Del Flusso Eterno” (anch’esso fuori via Dusktone). In realtà quel che troviamo nelle otto tracce, reduce da un timido demo del 2016, è una one-man band proveniente dalla regione campana probabilmente interessante per i più appassionati o inclini all’atmosferico più naturalistico e contemplativo.

Esordio per la one-man band campana Taur-Im-Duinath, che con “Del Flusso Eterno” propone un interessante Black Metal dai tratti atmosferici e malinconici, dove non mancano alcune influenze riconducibili ai Mgła o agli Agalloch (specie nei momenti acustici); non per nulla le chitarre svolgono il ruolo principale nel creare le atmosfere tristi ma al tempo stesso abbastanza epiche. Disco in definitiva consigliato perché, sebbene le influenze dei due gruppi appena citati siano in più d’una occasione evidenti, s’intravede una certa dose di personalità, seppure ancora grezza, nella creazione dei riff di chitarra che sono punto di partenza e vero fulcro del lavoro.”

 

Riassunto in questi quattro l’intero novembre, diamo il benvenuto ufficiale al suo successore avvisandovi anche che abbiamo pubblicato sul sito il nuovo e scintillante calendario per le uscite del 2019; lo trovate ad aspettarvi con tutto ciò che è in arrivo e già stato annunciato qui o nella sua solita, apposita sezione nel menù.
Ma il 2018 non è assolutamente ancora finito e -ve lo anticipiamo già- si chiuderà col botto. Potete crederci. Tutto ciò che vi aspetta (o quasi…) lo trovate come sempre al vostro affezionato calendario di ciò che resta dell’anno corrente. L’ultimo appuntamento con la rubrica è fissato sul morire di dicembre, presumibilmente prima delle usuali preferenze totali di fine anno.

 

Matteo “Theo” Damiani

 

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