Glaciation – “1994” (2012)

Artist: Glaciation
Title: 1994
Label: Tour De Garde Productions
Year: 2012
Genre: Black Metal
Country: Francia

Tracklist:
1. “Mille Neuf Cent Quatre-Vint Quatórze”

2. “Glaciation”
3. “Notre Rechute (Eus)”

Nell’ambito che più strettamente ci concerne su queste pagine, se si nominassero i nomi Alcest e Peste Noire vi è certezza che ben pochi avrebbero necessità di avviare una ricerca su Google aprendo una nuova scheda del browser in utilizzo. Altresì sicuro è che ben più persone potrebbero invece farlo se si chiamassero in gioco i misconosciuti Glaciation, un progetto inizialmente formato da nient’altro che un gruppo di amici (peraltro ormai musicalmente affermati) più per eventuale divertimento -termine da prendere in senso assolutamente e quanto mai lato- che altro.

Il logo della band
Il logo della band

Non siamo sul finire degli anni ’90, bensì nel 2011 in quell’Île-de-France a Parigi che qualche anno dopo l’esplosione dei fenomeni Alcest e Peste Noire dona i natali ad un progetto parallelo che durante l’anno successivo debutterà su full-length, intitolato tributariamente “1994” (in chiaro riferimento all’annata aurea unanimemente considerata -per via del tenore delle sue uscite discografiche- uno degli apici storici del movimento artistico Black Metal in pieno sviluppo), in cui ritroviamo sia Neige che Winterhalter, accompagnati dalla stesura dei testi e da altre parti vocali a cura dell’amico e già collaboratore esterno Valnoir (al secolo Jean-Emmanuel Simoulin, meglio conosciuto con lo pseudonimo artistico di Metastazis) e dalla tutt’altro che sbandierata partecipazione canora da ospite del celeberrimo Famine. Altri componenti hanno partecipato alla realizzazione musicale del primo album del progetto, scrivendo o suonandone parti, ma nessuno dei nostri è stato espressamente od ufficialmente citato tra gli intonsi crediti dell’album; mossa che ha indubbiamente donato un valore totalmente intrinseco all’opera, facendo sì che il prodotto finale ne andasse a guadagnare unicamente per via dell’appeal mediatico dei nomi coinvolti. Senza, per farla breve, cercare di essere l’ennesima super-band; al netto contrario, facendo quasi di tutto per non esserlo.
Stranisce, tuttavia, che di fronte ad una simile qualità (nonché, nell’era dall’infuocato doppio taglio di Internet, al netto delle informazioni comunque trapelate per cortesia di ascoltatori attenti e minuziosi, nonché del più che palese e riconoscibile stile -specialmente vocale- impiegato dai componenti più noti) l’uscita sia in tutti questi anni rimasta apparentemente una piccola perla per pochi appassionati dell’estreme sonorità più squisitamente francesi. Si può tranquillamente quadrare il cerchio del discorso con un mix di mistero, con la voluta assenza di promozione di alcun tipo e la stampa fisica relegata unicamente a nastro limitato (tramite l’ottima canadese Tour De Garde Productions) e vinile autoprodotto tramite No Contact Records: un disco fatto da e per amici, quasi destinato, in partenza e per supposta volontà degli stessi, a rimanere tra questi e poco oltre; sconosciuto al grande pubblico nonostante tutto, “1994” è sulla carta ancora oggi poco più che un (gustoso) break creativo dai rispettivi progetti principali, musicali e non, dei coinvolti.

La band
La band

Grafiche (si osservino le immagini e gli slogan contenuti all’interno delle copie fisiche), titolo ed intenti totali vorrebbero apparentemente tradire una propensione al tributo stilistico verso gli anni ’90 nord europei, tanto norvegesi quanto svedesi, nonostante l’ascolto riveli in realtà praticamente tutt’altro; non si fraintenda, si tratta di Black Metal a tutti gli effetti, orgogliosamente tale finanche, ma recepirlo preventivamente come citazionistico o dall’adolescenziale fine emulativo si tramuterebbe presto in una pretesa non solo drammaticamente sminuente ma altamente fuorviante, se non totalmente errata: un’altra mossa d’inganno provocatorio e sfida calcolata all’ascoltatore disattento, dove l’attitudine fortemente e francamente Punk (nel senso più stretto e grandguignolesco, ma non sintattico, del termine) spadroneggia nell’esecuzione (il piacevole e genuino effetto à la “Transilvanian Hunger”, in cui l’inizio dall’energia dirompente non sottintende necessariamente una fine altrettanto compiuta da parte di musicisti allo stremo delle forze vitali) ma non nella composizione nel modo più assoluto – che si snoda intricata, eclettica e sorprendente per le tre lunghe tracce che compongono il lavoro.
Le fini atmosfere compositive tradizionalmente molto libere tipiche del Black Metal francese dell’ultimo decennio, sempre ed in questo caso non escluso vicine al mondo Avantgarde, vengono incanalate e rivestite di ferale approccio smaccatamente raw, la cui chiave di lettura principale è -banalmente- fornita dai colpi di genio dei primi Peste Noire ed il combinato approccio canoro (si conceda, unico) dei due deus ex machina (Neige e Famine), fusi, amalgamati e filtrati insieme al non troppo dissimile Valnoir dall’esperienza personale degli altri non meglio riconosciuti componenti durante la fredda mezz’ora abbondante di calcolata aggressione pregna di classe: un distillato nero di neve, miseria e carestia schiuso dal riffing sgraziato e sghembo, dalla malinconia malcelata dal tormentato batterismo e dalle sue tormente ritmiche improvvisamente silenziate dall’inaspettato amaro tepore della conclusiva -acustica- “Notre Rechute (Eus)”; a cavallo tra il mondo del Neo-Folk apocalittico e le divagazioni pindariche delle più epifaniche visioni soliste proprie di Stéphane Paut.

Senza utilità è quindi cercare di appesantire ulteriormente la lettura dello scritto con note a margine quando volontariamente evitate allo strenuo ripudio dai creatori stessi: il sangue, la morte, temperatura a trenta gradi sotto lo zero, macchiati da una produzione caustica e da linee vocali che straziano l’anima vi aspettano in un album tanto nascosto quanto semplicemente imperdibile.

“Le gel descend au fond des os, et la misère au fond des clos. La neige et la misère, au fond des âmes; la neige, lourde et diaphane, au fond des âtres froids et des âmes sans flamme, qui se fanent dans les cabanes.” (Emile Verhaeren)

Matteo “Theo” Damiani

 

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