Column N.22 – Funeral Mist & Firtan (2018)

 

Le sorprese non finiscono con maggio, apparentemente. Giugno ci tiene a non essere da meno, regalandoci un nuovo e assolutamente imprevisto disco degli svedesi Funeral Mist: progetto solitario di Arioch (da qualcuno meglio conosciuto col nome Mortuus, per noti e paralleli motivi). “Hekatomb” è uscito a totale sorpresa, ufficialmente due giorni fa per Norma Evangelium Diaboli, tra lo stupore di chi conosceva e già seguiva il progetto essendo l’ormai celebre cantante impegnato da quattordici anni a tempo pieno e sempre più attivamente con i Marduk, tra tour infiniti e tempi di rilascio ben più serrati; tanto che il suo precedente progetto (comunque, ad onor di cronaca, mai particolarmente prolifico in termini quantitativi) non rilasciava un full da ben nove anni, ovvero da “Maranatha” del 2009.
I più credevano che ormai l’impegno costante e pregevole con la band di Morgan avesse cancellato definitivamente (o quantomeno messo in pesante stand-by) le aspirazioni Funeral Mist, ma -nonostante anche i Marduk stiano per rilasciare un nuovo album (“Viktoria” uscirà il 22 per Century Media)- colui che all’anagrafe risponde a Hans Daniel Rostén anticipa giusto di una settimana la sua band con la sua one-man band, pubblicando così il terzo full in carriera.
I quattordici anni trascorsi con la band originaria di Norrköping si fanno profondi e ormai fisiologicamente sentire, senz’altro in termini stilistici, tanto da arrivare sulle prime a stupire per soluzioni (un “Frontschwein” con inclinazioni religiose? Un “Wormwood” con la produzione di “Frontschwein” e i distintivi cori liturgici?), rivelandosi in realtà dopo giusto uno o due altri ascolti un eccezionale compendio di idiomi in cui la precedente esperienza Funeral Mist va a fondersi irreparabilmente (e con squisita sintesi) con quella Marduk, cogliendo il meglio di ognuna. Ogni brano è identificativo a sé, ma  “Cockatrice” dimostra più immediatamente di altri quanto sia proprio la scrittura del nostro, in seno Funeral Mist, ad essersi affinata grandemente e senza ritorno negli anni.
C’è chi, a suo tempo, disse che i Marduk dall’ingresso di Mortuus abbiano raggiunto nuovi livelli grazie alle ravvicinate vibrazioni Funeral Mist; è altrettanto vero che oggi, alla luce di “Hekatomb”, il favore da parte della storica band è stato ampiamente e splendidamente restituito.

Lo trovate su BandCamp.

Tracklist:
1. “In Nomine Domini”
2. “Naught But Death”
3. “Shedding Skin”
4. “Cockatrice”

5. “Metamorphosis”

6. “Within The Without”
7. “Hosanna”
8. “Pallor Mortis”
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Il secondo pezzo più intrigante della settimana vede un ritorno dei tedeschi Firtan su queste pagine domenicali: “Tag Verweil” segue di qualche settimana il già apprezzato e proposto “Seegang” e va ad aggiungere carne sul fuoco in anticipazione di “Okeanos”, secondo disco della band di Lörrach in arrivo a metà del prossimo mese via Art Of Propaganda Records.
Le intuizioni e la maturazione percepibili dal precedente estratto vengono confermate e macchiate da una composizione ancora più particolare e moderna, pur capacemente ancorata ai classici del Pagan Black tedesco già richiamati nella scorsa occasione: i Firtan si dimostrano anche in “Tag Verweil” in grado di scrivere agilmente pezzi dalla media-lunga durata grazie ad un ottimo chitarrismo, superbe vocals, giri folkloristici sottopelle, dinamica varietà e l’impiego dal sapore magico ed oscuro delle tastiere capaci di rendere sempre accattivante e scorrevole la malinconica scrittura.
Curiosità forse non ravvisabile da chiunque è che il testo del brano -che c’è da giurarci farà coppia con il successivo “Nacht Verweil”– sia una piacevole ed intelligente riproposizione: lode al giorno completamente estrapolata dalla scomposta parte centrale di “Die Sonne Sinkt” (“Il Sole Calante”), poesia tarda di Friedrich Nietzsche pubblicata originariamente nel 1954 nella raccolta postuma intitolata “Werke In Drei Bänden”.

Lo trovate su BandCamp.

Tracklist:
1. “Seegang”
2. “Tag Verweil”
3. “Nacht Verweil”
4. “Purpur”

5. “Uferlos”

6. “Siebente Letzte Einsamkeit”
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Matteo “Theo” Damiani

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