Column N.06 – Alghazanth & Sojourner (2018)

 

Questa settimana i finlandesi Alghazanth hanno sorpreso nel più autentico senso del termine. Detta fuori dai denti, non è che la band si sia mai distinta granché per memorabilità con le sue uscite. Eppure, oltre ad aver annunciato l’imminente arrivo di un nuovo album, hanno anche decretato che sarà il conclusivo del loro percorso artistico e che le tastiere saranno ad opera completa di niente-meno-che Henri “Trollhorn” Sorvali (di Moonsorrow e Finntroll, partecipe, tra gli altri, in occasioni più analoghe su dei recentissimi Satanic Warmaster, su dei meno recenti Barathrum e degli ancor meno recenti Ensiferum).
L’ottavo chiodo sulla bara chiamata Alghazanth, che dopo il 31 marzo verrà spedita all’Inferno (aka ad esibirsi in casa per un’ultima volta in quel di Hyvinkää in occasione dello Steelfest di quest’anno), si intitola appropriatamente “Eight Coffin Nails” e vedrà la luce (o l’oscurità, a questo punto) per l’affezionata Woodcut Records. Ciononostante, la vera sorpresa cui si accennava in apertura è che proprio giunta all’ormai ultimo atto la band sembri volerci regalare quella freschezza compositiva che raramente aveva portato nei nostri lettori durante l’intera carriera. Sicuro è che l’eccellente tocco di Lord Sorvali qui si fa sentire ampiamente, ma ancor più sicuro è che “Facing The North” -scelta come anteprima per lanciare il nuovo album questa settimana- è in ultima analisi un ottimo pezzo che, al netto di vocals tutto tranne che eccezionali per interpretazione e pathos, incanala in modo finalmente incisivo tutta l’anima melodica e a tratti elegantemente sinfonica del Black Metal di stampo smaccatamente finnico del gruppo del buon Thasmorg. Ora sì che le premesse per chiudere in bellezza ci sono tutte.

Lo trovate su SoundCloud.

Tracklist:
1. “Self-Exiled”
2. “Facing The North”
3. “Aureate Water”
4. “
The Upright Road”
5. “At Their Table”
6. “The Foe Of Many Masks”

7. “Twice Eleven”
8. “Pohjoinen”
9. “To Flames The Flesh”
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Un ritorno invece apparentemente atteso da molti è quello dei Sojourner, autori nel 2016 del debutto “Empires Of Ash” per Avantgarde Music. Già allora non troppo debitori al filone di Black atmosferico impregnato di epico/fantasy in cui si erano inseriti con capacità, eleganza e una buona dose di personalità, non hanno impiegato molto a ritagliarsi un posto bello alto all’interno del gotha dei suoi interpreti che possiedono ambizione più alta di sembrare una delle copie sbiadite della formula Summoning. E sebbene la più grande influenza dei nostri fosse, invece, sicuramente rintracciabile nei Caladan Brood per la (maggiore) modernità della proposta, le differenze con il duo austriaco (così come con il Black Metal – che sia atmosferico o meno in senso stretto) si preannunciano ancora più marcate oggi in vista del secondo album: “The Shadowed Road”, in uscita il prossimo 15 marzo di nuovo per la label meneghina.
“Winter’s Slumber”, opener del disco, è stata rilasciata come antipasto ed evidenzia da sola parecchie novità in seno alla formazione (coadiuvata da un batterista in carne ed ossa a sostituire la comunque riuscita drum-machine dell’esordio) nonché alcune migliorie. Banalmente, non proprio quelle che sarebbe più lecito aspettarsi: la produzione è di alto livello, ad opera di Øystein G. Brun (Borknagar) per quanto riguarda il missaggio e persino di Dan Swanö per il mastering finale, seppur manchi totalmente di carattere e si dimostri dunque incapace di valorizzare stile e composizione della musica. Secondariamente, per quanto il suono di una batteria umana sia sicuramente migliore di quello della sua controparte elettronica, altrettanto non si può dire in questo caso riguardo la scrittura della stessa – che non brilla particolarmente per eleganza o riuscita rispetto al debutto, scontrandosi con i limiti (non più apparentemente paradossali ed anzi ora) evidenti dello stesso strumento incastrato suo malgrado in un filone che lo vorrebbe ancor più ridimensionato (o quantomeno non così potentemente evidenziato) e che, proprio per questa insicurezza di natura di fondo che gli impedisce di andare oltre, rimane in un limbo a tratti fastidioso. Tuttavia, ed è probabilmente chiaro se siamo qui a parlarne, il pezzo non manca di creare anticipazione e curiosità nei confronti del disco, merito soprattutto di uno sviluppato e sempre più caratterizzante aspetto melodico del chitarrismo e dell’inserimento maturo degli strumenti a fiato, così come dell’ottimo impiego delle vocals femminili di Chloe Bray e dello stile che (più vicino ad un certo tipo di Death melodico, complice la produzione standardizzante) sembra slegarsi ancora ulteriormente dai cliché del filone, continuando a grantire ai Sojourner se non altro ampie dosi di personalità in fase di arrangiamento.

Lo trovate su BandCamp.

Tracklist:
1. “Winter’s Slumber”

2. “Titan”
3. “Ode To The Sovereign”
4. “
An Oath Sworn In Sorrow”

5. “Our Bones Among The Ruins”
6. “Where Lost Hope Dies”
7. “The Shadowed Road”
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Matteo “Theo” Damiani

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