Column N.02 – Abigor & Arkona (2018)

 

Un nuovo disco degli Abigor dovrebbe essere notizia per chiunque abbia un minimo di gusto per la musica estrema, specie dopo le ultime prove tra l’ultimo full e la maestosa apparizione nel collaborativo dell’anno scorso. Si può dire senza timore di smentita che gli austriaci, forti(ssimi) di una carriera venticinquennale proprio quest’anno, stiano vivendo dal 2014 un periodo ininterrotto d’intensa e particolare ispirazione artistica. Certo, il duo ha sempre brillato per composizione eccellente e discreta costanza qualitativa nelle sue uscite, e sicuramente il ritorno dietro al microfono del fuoriclasse di evocatività Silenius, col suo stile inimitabilmente malvagio, fa molto. Ma c’è di più.
Impossibile, infatti, reputarla unica causa del peculiare splendore oscuro di cui sono cariche tutte le composizioni di P.K. e T.T. dall’ora penultimo album “Leytmotif Luzifer” in avanti. E diciamolo anche: le aspettative del sottoscritto, che hanno caricato l’attesa per l’arrivo di “Höllenzwang – Chronicles Of Perdition” (disponibile all’ascolto digitale da questa settimana e in arrivo ufficialmente a fine mese per Avantgarde Music), erano molto alte.
Le hanno mantenute? Le hanno tradite? Giudicate voi stessi incominciando dal settimo brano “Hymn To The Flaming Void”. Sono sicuro che loro mi prenderebbero a male parole per questo e che desiderino che il disco venga invece ascoltato (soltanto) nella sua interezza (quindi fatelo dopo).
Ma nostra la casa, nostre le regole.

Lo trovate su BandCamp.

Tracklist:
1. “All Hail Darkness And Evil”
2. “Sword Of Silence”
3. “Our Lord’s Arrival – Black Death Sathanas”
4. “
The Cold Breath Of Satan”
5. “None Before Him”

6. “Olden Days”
7. “Hymn To The Flaming Void”
8. “Christ’s Descent Into Hell”
9. “Ancient Fog Of Evil”
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In settimana i russi Arkona ci hanno offerto un secondo antipasto dal nuovo album “Khram”, dopo “Shtorm” di qualche tempo fa, con quello che sarà il sesto pezzo dell’ormai prossimo ottavo album in studio dei moscoviti, in uscita il 19 del mese per Napalm Records.
Dell’evoluzione eclettica della band si è già detto, forse in parte sempre meno smaccatamente Folk e sicuramente in altra parte sempre più intenzionati a guidare la loro traversata verso lidi più sciamanici, cupi ed introspettivi. Ma, nonostante l’eclettismo ampiamente dimostrato nelle ultime prove, un pezzo del calibro di “V Pogonie Za Beloj Ten’Yu” è comunque parecchio sorprendente: con costruzione di cesello in tremendo bilico sul disastro incompiuto e completo, i nostri riescono invece a confezionare previa immensa bravura otto minuti di arrangiamenti squisiti e di intricate ritmiche totalmente polimorfe, coadiuvate da un ritornello francamente irresistibile, combinando quindi complessità espressiva ed immediatezza melodica, creando un pezzo difficile, profondo e ciononostante perfettamente adatto (anche) alla sua funzione di singolo. Ok, forse non esageratamente adatto alla funzione di singolo tutto sommato. Ma provate a dirmi che il ritornello, di due sole e brevissime apparizioni in otto minuti, non vi danza in testa.
Se per caso vi ha fatto schifo ascoltato su YouTube, qualche giorno fa, provate comunque a riascoltarlo qui. Il suono era orribile e il groviglio di ritmiche rovinato da una scarsa comprensibilità, potreste accorgervi di una netta differenza.

Lo trovate su BandCamp.

Tracklist:
1. “Mantra (Intro)”
2. “Shtorm”
3. “Tseluya Zhizn'”
4. “
Rebionok Bez Imeni”
5. “Khram”

6. “V Pogonie Za Beloj Ten’Yu”
7. “V Ladonyah Bogov”
8. “Volchitsa”
9. “Mantra (Outro)”

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Matteo “Theo” Damiani

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