Beltez – “Exiled, Punished… Rejected” (2017)

Artist: Beltez
Title: Exiled, Punished… Rejected
Label: Bret Hard Records
Year: 2017
Genre: Black Metal
Country: Germania

Tracklist:
1. “Prelude”
2. “Adamantinarx”
3. “Repent And Restless”
4. “Algol”
5. “Exiled, Punished… Rejected”
6. “Soulweaving”

È dalle parole di “God’s Demon”, romanzo del 2007 del celebre sceneggiatore e scrittore newyorkese Wayne Barlow, che scaturisce l’ispirazione lirica e concettuale per la realizzazione di “Exiled, Punished… Rejected”, terzo effettivo full-length dei tedeschi Beltez giunti al suo rilascio mediante Bret Hard Records.
Sebbene l’immaginario del disco e le sue liriche siano dunque basati s’un mondo tendenzialmente distopico ed ascrivibile al contesto fantascientifico, il nuovo album della formazione teutonica procede musicalmente su lidi che lasciano invero vasto spazio a molta più introspezione ed analisi emotiva a briglia sciolta.

Il logo della band

Nonostante l’eufemisticamente esigua fama, è bene notare che la carriera dei Beltez incomincia in realtà ben quindici anni fa con l’uscita del full di debutto autoprodotto ed intitolato “Beltane”. Davvero niente di speciale e -quasi a volermi dare ragione- la band ha successivamente intrapreso un proficuo periodo di iato durato la bellezza di undici anni, fino all’uscita del secondo lavoro “Tod: Part I”. Nonostante la pur discreta maturazione avvenuta, più che altro attribuibile al lunghissimo lasso di tempo trascorso, ancora non ci trovavamo assolutamente tra le mani un disco della fattura compositiva di “Exiled, Punished… Rejected”.
Lo stile dei Beltez si è chimericamente evoluto ed è oggi decisamente inquadrabile in un Black Metal feroce e ardentemente malinconico, lontanissimo dal canovaccio simil-Depressive degli esordi, con tuttavia un’ottima vena moderna che lo riallaccia alle prodezze indimenticate del sound Altar Of Plagues o, prendendola più larga, a un approccio tendenzialmente americano e vicino alle divagazioni atmosferiche dilatate da Wolves In The Throne Room, Addaura e compagnia. Coerentemente con la fonte dell’ispirazione lirica del disco stesso, la poetica naturalistica e rituale tipica dei padrini viene qui totalmente bypassata da un realismo bruciante e in perfetta linea congiuntiva con il carattere maligno, negativo e piuttosto pratico -positivista in termini- del pessimismo che permea l’intera release.
Le melodie sono però ben più evidenti e mai sommerse dalle conosciute texture fameliche e dai loro astuti riverberi colossali tipici del filone, guidando invece l’ascoltatore per mano nel miasma del suono cupo e denso che creano i Beltez.

La band

Pur in minima e stilistica parte ancorati alle suggestioni romantiche tipicamente tedesche, connubio di culto della morte ed escapismo, i cinque brani di “Exiled, Punished… Rejected” (in sei tracce complessive, per tre quarti d’ora di musica) si riflettono in pozze di sconsolata personalità e fine talento che cesella le composizioni prevalentemente molto lunghe del disco.
L’intensità furente dell’opener “Adamantinarx” lascia presagire efficacemente la solida ricetta a base di riffing contiguo e torrenziale, vocals alternate tra toni sinistri e disperati, veemenza lancinante ammantata da un suono pieno, ricco e grasso. I brani scavano nel profondo, tormentando e torturando l’anima, melodie brevi si inseguono in un depresso ballo in cima a ritmiche ripetitive e ossessive che percuotono, ammaliando ma facendo del male autentico e tutt’altro che retorico.
C’è posto per immediate bordate dall’ampia tensione nella title-track, punitiva e carica d’odio, cattiveria e rabbia, dannata, dal guizzo ribelle e strafottente che rilascia tutto l’accumulo di adrenalina mai liberata dal resto del disco.
Ma “Exiled, Punished… Rejected” gioca principalmente sui contrasti di reiterazione che sfiora l’eccessivo parossistico solo quando serve, utilizzando la sua variopinta cassetta degli attrezzi in modo maturo, come mezzo per farsi strada nella mente dell’ascoltatore e perpetrare il suo messaggio, lasciando un solco emotivo e il conseguente vuoto.
Il lavoro eseguito in “Repent And Restless”, così come in “Algol”, è sfibrante, a tratti faticoso. La persistenza stilistica è snervante, ma in un continuo gioco di carota e bastone col sublime crea da una triste condizione (sottilmente umana) una vera e propria consapevolezza, sfociante nella catarsi finale: la pesantezza dei quasi quattordici minuti di “Soulweaving”, dove il layering chitarristico si fa vortice, dispiegandosi atonale e apatico sui cambi di tempo, raggiungendo oltre la prima metà il picco di oscurità espressiva dell’intero album.

Complice una produzione perfettamente bilanciata tra impatto immediato e dettagliata profondità di frequenze, i Beltez realizzano con il nuovo “Exiled, Punished… Rejected” non solo il loro miglior lavoro in assoluto -francamente di persino difficilissima previsione- ma un’opprimente opera di raffinata bellezza e tristezza, matura e in grado di affascinare alla prima nota un pubblico decisamente eterogeneo di ascoltatori per via della sua altissima qualità.
Lo sapevamo dall’inizio, bastava un solo sguardo: in un ciclo perpetuo che non prevede autentica salvezza, lo splendore di un’illusoria fiamma irraggiungibile, che una volta avvicinata rigetta a picco verso le immonde radici in eterno memori di fallimento e morte, è tutto ciò che possiamo contemplare in lontananza.

Matteo “Theo” Damiani

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