Artist: White Ward
Title: “Futility Report”
Label: Debemur Morti Productions
Year: 2017
Genre: Avantgarde Black Metal
Country: Ucraina
Tracklist:
1. “Deviant Shapes”
2. “Stillborn Knowledge”
3. “Homecoming”
4. “Rain As Cure”
5. “Black Silent Piers”
6. “Futility Report”
Due figure deviate (devianti?) si stagliano nella penombra, a tratti ricurve in un moto apparente ma perennemente incompiuto nelle sue intenzioni. Una selva cupa quanto i loro drappi fa da cornice e compendio, il candore dei teschi si libra insostenibilmente leggero per lo sguardo sullo sfondo uggioso della tetra e stramba processione.
Le misteriose figure dalle voluttuose corna sono il visivo biglietto da visita di una giovane band altrettanto enigmatica: gli ucraini White Ward si presentano quindi ufficialmente in questo modo al mondo, tramite “Futility Report”, sotto l’egida della coraggiosa Debemur Morti Productions.
Nati nel 2012, autori di un paio di inconsistenti prove minori servite senz’altro a farsi le ossa e maturare uno stile, chiarendo le sempre più decise idee, giungono a maggio 2017 al traguardo del debutto su full-length i sei di Odesa, forti di un contratto con la solida, intraprendente ed interessante label francese che negli anni ha saputo costruirsi un ruolo di primo piano non solo per quanto riguarda parte del Black Metal più sperimentale, ma anche di quello più cupo, storto e dalle direttive flirtanti con connotati Dark.
Non risulta più di tanto sorprendente dunque l’elevata ecletticità dei giovani White Ward, dove invece ad essere incredibile è il livello del songwriting e delle intuizioni contenute nei brani di “Futility Report”.
Nondimeno, la cura del dettaglio -sia essa di musiche o di contenuti lirici e visivi- corre veloce di pari passo all’ampio talento del gruppo. Suggestiva fotografia ad opera di Olia Pishchanska, il cui splendido contributo artistico le potrebbe tranquillamente valere un posto in formazione al pari degli effettivi strumentisti, produzione professionale e di livello ad opera di uno sconosciuto (ma evidentemente bravissimo) Alexey Nagornykh, onesta carica emotiva jazzy in bella mostra grazie all’operato importante del componente sassofonista Alexey Iskimzhi. Tutto ciò, nonostante non sia affatto poco di per sé, non è che la più diretta superficie del lavoro in analisi.
Il disco si compone di sei diversificati pezzi, per un’adeguata durata di quaranta minuti, dove una matrice a cavallo tra il Post-Black Metal e il Post-Hardcore si vede scalfita da continui attacchi alt-Jazz, di musica elettronica dalla forte componente Dark e sentori espressivi finanche emotional Hardcore.
Anche elencare tutto ciò risulta a conti fatti riduttivo: l’utilizzo del sassofono non si limita a cornice jazzistica o dalla (peraltro squisita) jazzy-vibe, ma risulta elemento integrato dall’importanza pari (se non superiore) alle chitarre e alla più canonica strumentazione Rock. È in questo modo che, se è vero che il sassofono -pur con il suo timbro quasi sempre accattivante in tale contesto- è già stato impiegato e sperimentato in ambito Black Metal / Metal estremo, è altresì immediato riconoscere che non era mai stato azzardato in tal misura, integrazione e con un simile utilizzo compositivo.
“Futility Report” ci ammalia con sprazzi Post-Punkish nella grandiosa e sperimentale opener, aggredisce con spontaneità disarmante e senza strafare in “Black Silent Piers”, mostrando sempre tutto il suo lato preponderatamente melodico, sprigionando catarsi notturna e vuoto urbano negli spazi Trip-Hop culminanti in un episodio stand-alone come la sorprendente “Rain As Cure”.
Gli eleganti contrappunti ritmici donano continuo scambio dinamico con le melodie di sax assiduamente incastonate nelle strutture, che mostrano il meglio quando rallentano e sprigionano tutto il loro lato ricercato, malinconico e disperato.
Freschezza compositiva è la parola d’ordine, originalità segue a ruota per forza di cose, la delicatezza delle moderne modulazioni elettroniche si sposa e amalgama con l’intimità delle sottili soluzioni Dark e Chill-Step, con la magniloquenza del finale affidato all’accoppiata degli ultimi minuti della già citata “Black Silent Piers” ed il congiungimento con la conclusiva ed allibente title-track, che sfiora la cruda natura del genio.
È necessario qualche giro sulla giostra macabra e verista dei White Ward per cogliere appieno la grandezza di un debutto come “Futility Report”, ma ogni sforzo sarà ampiamente ripagato da quello che va ben oltre l’essere un buon esempio di pregevole Jazzy Black Metal.
Opera intrigante, oscura, di soffice perdizione, di spiccato valore per una band tanto giovane quanto caparbia e coraggiosa, incurante di rompere regole e canoni. E proprio per questo valorosa e già grande.
– Matteo “Theo” Damiani –