Selvans – “Lupercalia” (2015)

Artist: Selvans
Title: Lupercalia
Label: Avantgarde Music
Year: 2015
Genre: Atmospheric Folk/Black Metal
Country: Italia

Tracklist:
1. “Matavitatau”

2. “Versipellis”
3. “O Clitumne!”
4. “Hirpi Sorani”
5. “Scurtchìn”
6. “N.A.F.H.”

“Preludio di una resa…”

Ci eravamo lasciati con l’epitaffio degli abruzzesi Draugr, quel loro “De Ferro Italico” del 2011 che tanto (giustamente) colpì l’audience avvezza a quel tipo di sonorità estreme ed al contempo profondamente folkloristiche che probabilmente rappresentava, ascoltato oggi a mente fredda, l’adeguato saluto e commiato a quanti li avevano seguiti fedelmente fino a quel momento.
Poi, lo scioglimento.
Ad inizio 2015 nascono però ufficialmente i Selvans (formati inizialmente da quattro dei sei ex-componenti della sopracitata band nostrana) e debuttano con un ottimo EP intitolato “Clangores Plenilunio” che mostra una band chiaramente già più che matura e coesa, viste le passate ed illustri esperienze, destreggiarsi ottimamente e confezionare un’anteprima, che stilisticamente ha ben poco a che spartire con la precedente band, mettente in luce buona parte delle potenzialità e suoni distintivi del combo e dedicata al prematuramente defunto ex-batterista e cantante Jonny.
Nonostante l’ennesima difficoltà incontrata sul loro percorso, i Nostri dimostrano di voler continuare a testa alta e la line-up si assesta infine nel duo di cui ci apprestiamo a parlare oggi: Selvans Haruspex (vera mente dietro al monicker Selvans) e Sethlans Fulguriator.

Il logo della band

Selvans, come in parte lo fu Draugr e come spiega nella nostra intervista lo stesso Haruspex, è ancora una volta tributo alle origini, tradizioni, terra ed antichi culti nonché oscuri e sanguigni miti del centro Italia (ed in particolare, ovviamente, dell’Abruzzo).
Tutto questo era già chiaro ad inizio anno grazie all’antipasto intriso di folklore, misticismo ed oscurità rappresentato dal già citato “Clangores Plenilunio”, prodotto dalla sempre attenta Avantgarde Music che -ancora una volta- si dimostra talentuosa nell’avere fiuto per proposte al debutto anche assoluto, e viene confermato con il puntualissimo full-length “Lupercalia” di cui ci apprestiamo a parlare in questa sede, ma invero ampliato in sensazioni, sfumature, colori stilistici ed emozionali.

La band

Intanto, è bene chiarire fin da subito che chi già conoscesse l’EP di debutto non si troverà davanti radicali cambiamenti o un’altra band: “Lupercalia” riprende il discorso interrotto con “Clangores Plenilunio” e “Lupercale”, aggiungendo però un’ambizione presentante alcuni tratti coraggiosamente sfacciati tipici dell’Avantgarde, da affiancarsi alla proposta di Black Metal atmosferico e dilatato da preziosi inserti folkloristici che permeano l’intera opera, garantendo (per arrangiamenti) personalità ed unicità.
Gli strati di tastiere mescolati all’impiego di fiati autoctoni (non fuori luogo un parallelo con l’utilizzo fatto da band come Negura Bunget e Nokturnal Mortum) aprono il disco grazie a “Matavitatau”, che può venir visto come un intro e più semplicemente prima parte effettiva di “Versipellis”, apertura vera e propria del platter, che ci trascina nell’universo sonoro dei Selvans in un turbinio di emozioni, velocità e furia dallo spiccato gusto melodico: i passaggi sono infatti molto ben strutturati e pregni di dinamica che non permette indifferenza, inoltre è chiara fin da subito la cura nel minimo dettaglio donata in sede di produzione alle sovraincisioni e ai vari strati tastieristici e chitarristici che -al netto degli arrangiamenti- possono portare ad un ben più che onorevole raffronto con i già citati Nokturnal Mortum di “The Voice Of Steel” e, andando un po’ più indietro, i mai abbastanza tributati Sacrilegium di “Wicher”.
Questi riferimenti nulla tolgono alla personalità e alla bontà (indiscutibile) delle composizioni del duo, valgono unicamente come riferimento stilistico e fonte di emozioni suscitate nell’ascoltatore, che giungono al primo picco con “O Clitumne!”: un episodio in mid-tempo che rallenta notevolmente rispetto all’opener, dove è ancor più facile rendersi conto delle ottime capacità compositive e di arrangiamento (l’elegante piano a coda centrale è una finezza rara per come è piazzato) che giungono al culmine nello stacco tra il progressivo e l’acustico che non disdegna una strizzata d’occhio alle sonorità tipiche dei finlandesi Moonsorrow, affidato alle sempre imperanti tastiere, mandolino per la melodia portante e contrappunto di organetto, che sfociano in un riattacco straziantemente tragico, malinconico ma allo stesso tempo solenne, come conclusione di un brano di rara bellezza e drammaticità.
Ma il viaggio è tutto in salita, e l’accoppiata “Hirpi Sorani” e “Scurtchìn” ci mostra i Selvans semplicemente al meglio: l’oscurità e le ritmiche più veloci e feroci spadroneggiano in entrambi i lunghi pezzi che, però, si differenziano notevolmente tra di loro; nel primo troviamo il duo esibirsi in quello che è forse l’episodio di più semplice assimilazione dell’intero lotto, ma non per questo scevro di elementi interessanti, al contrario il riffing è tra i più pregevoli e variegati che si possa sentire sul disco, e la sezione centrale è emotivamente incisiva anche grazie all’approccio fortemente Dark-Ambient dei sintetizzatori.
Quanto invece a “Scurtchìn”, rappresenta con pochi margini di dubbio l’episodio più particolare, intricatamente folkloristico e in definitiva migliore di “Lupercalia”, dove fa l’ingresso (dopo il già ampio utilizzo di elementi acustici e autoctoni o meno) anche lo scacciapensieri, a rendere ancor più pregevoli gli stacchi di quiete, in un pezzo tirato e con tante idee raggruppate al suo interno da poter scrivere una recensione unicamente ad esso dedicata (che siano le rapide toccate e fuga di tastiera, le invocazioni dal sapore rituale, o l’eleganza del pianoforte anni ’20 utilizzato come coda).
“N.A.F.H.” (acronimo di “Not Another Frivolous Hymn”) rappresenta la fine del viaggio, e per la prima volta abbandona la strumentazione acustica e folkloristica precedentemente lasciata in primo piano, risultando comunque un epico compendio di quello che la musica dei Selvans riesce a trasmettere. Nei suoi 17 minuti di durata assistiamo a due parti ben distinte, ma sapientemente amalgamate tra loro: il tripudio di epicità, marzialità e drammaticità condito dalle prime clean vocals presenti nel disco, seguito dalla spiazzante gelata di sangue finale, dove i Nostri si lasciano andare in una freddissima sezione di Doom estremamente lento e depressivo, con un narrato poetico (in italiano, in contrapposizione all’inglese utilizzato nella prima parte di suite) a chiudere il tutto, a portare la fine annunciata dal battere incessante della pioggia.

Il disco è stato realizzato ai Soluzioni Audio di Patrizio Tamborriello ed il risultato sonoro è ben più che soddisfacente, vista anche la grande quantità di materiale presente nei pezzi: ogni più piccolo elemento del sound dei Selvans e di “Lupercalia” è ben distinguibile e valorizzato nel complesso, trovando il suo spazio e la sua dimensione.
L’artwork, infine, è ancora una volta ad opera della brava Diletta di Eba Art e completa alla perfezione anche l’aspetto visivo della musica del progetto.

Se l’averci lasciati, da parte dei Draugr nel 2011, con la sconfitta finale della Legio Linteata era risultato drammaticamente profetico, sono pronto a scommettere che il verso finale di “N.A.F.H.” che recita “preludio del nulla” sarà -questa volta- tutt’altro che autobiografico.

Matteo “Theo” Damiani

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