Rauhnåcht – “Unterm Gipfelthron” (2018)

Artist: Rauhnåcht
Title: Unterm Gipfelthron
Label: Debemur Morti Productions
Year: 2018
Genre: Folk/Black Metal
Country: Austria

Tracklist:
1. “Zwischen Den Jahren”
2. “Unterm Gipfelthron”
3. “Gebirgsbachreise”
4. “Ein Raunen Aus Vergess’ner Zeit”
5. “Winter Zieht Übers Land”

Dal 2010 l’austriaco Stefan Traunmüller conduce l’esistenza del suo solitario progetto Rauhnåcht, incominciato come incupita esplorazione in chiave Black Metal -quando non direttamente ri-arrangiamento o interessante riproposta- dei precisi caratteri alpini, di magia e folklore pre-cristiano insito nelle leggende e tradizionali locali rinverdite dal forse più noto collettivo Sturmpercht; un’ombrosa e a tratti spettrale cornice alternativa per le curiose apparizioni di silvantropi e altre creature in notturna uscita dai loro rifugi montani.
L’idea trova concretizzazione nell’immediata pubblicazione di “Vorweltschweigen” e le gustose collaborazioni col progetto che si potrebbe quasi definire padre putativo del seme Rauhnåcht non tardano ad arrivare (“Zur Ew’gen Ruh” esce per la prima volta in timida versione ridotta nel 2012, ma vedrà la sua effettiva pubblicazione finale ed estesa solo due anni dopo). “Urzeitgeist” nel 2014 cementa il carattere del debutto con dei tratti più aggressivi e, forse complici gli ottimi risultati del materiale offerto nella compilation collettiva “Spukgeschichten” solamente l’anno scorso, vale l’attenzione di casa Debemur Morti per la pubblicazione del terzo full-length intitolato “Unterm Gipfelthron”.

Il logo della band

Come si può forse immaginare già dalla sommaria introduzione di carattere generale, il sound dei Rauhnåcht è sempre stato di quelli attribuibili in larga istanza al filone atmosferico pur -in questo caso- dotato di spiccata personalità, qualità e gusto dialettale ben precisi (donato anche, ma non solo, dai testi stesi in quello della regione di provenienza del nostro). Per quanto già “Urzeitgeist” avesse maturato e snellito le coordinate del debut, i veri germi del salto di qualità che ascoltiamo oggi nei quaranta minuti abbondanti di “Unterm Gipfelthron” sono stilisticamente da ritrovarsi nella collaborazione del 2014 (in cui viene per definizione incanalata la parte di spirito più folkloristico Sturmpercht in quella più graffiante e mordente Rauhnåcht) oltre che nei venti minuti abbondanti di “Der Einsiedler” e “Ewiges Morgenrot” inclusi nell’uscita minore dell’anno scorso; a suo modo un’anticipazione dell’ampliamento della palette sonora del progetto, non dimentica dell’esperienza di Traunmüller come arrangiatore proprio (e non casualmente) del lato sinfonico dei Wallachia e, più recentemente, anche del più impalpabile in seno a The Negative Bias.

Stefan Traunmüller

L’evoluzione in “Unterm Gipfelthron” è infatti direttamente proporzionale allo sviluppo delle capacità d’arrangiamento esportata dalle già interessanti e convincenti idee passate dell’austriaco, non per nulla in questa occasione saggiamente avvalsosi per la prima volta di una calibrata ma decisiva serie di collaboratori; in primis demandando il ruolo dietro al drum-kit all’abilità di Yurii Kononov (già batterista nei White Ward di “Futility Report”), oltre che arricchendo le fondamenta di tutti e cinque i brani con l’indispensabile apporto d’inediti strumenti acustici, a fiato (tra gli altri troviamo il clarinetto e una variante di zufolo, oltre ad un più comune flauto traverso), e dell’espressive ugole di una manciata di amici a rinforzare la riuscita di cori decisamente caratterizzanti il lavoro.
A tenere le redini della realizzazione certosina sono le direttive evidentemente chiare di Traunmüller che, al solito, si destreggia ottimamente nella registrazione di ogni altro elemento di “Unterm Gipfelthron”, ognuno dei quali si direbbe portante nella realizzazione delle canzoni – non troviamo, difatti, abbellimenti narcisistici a rendere più complesso del dovuto il fluire di un disco che punta proprio sulla semplicità d’impatto delle emozioni che vuole andare a trasmettere.
Con questo non si va ad alludere a una presunta natura superficiale o statica del platter, al netto contrario s’intende che ogni elemento gioca il suo ruolo in profondità e in comunione d’intenti invidiabilmente indissolubile con ciò che vi sta intorno, qualcosa che va a rendere piacevolmente immediata anche la complessità strutturale di brani che superano i dieci minuti (i due conclusivi) o nel rendere la coesistenza virtuosa di Black Metal e minuzie Folk un unico esoscheletro (la comunque lunga title-track), un apparato inscindibile e impossibile da immaginare diviso. In questo modo le sfaccettature emotive e d’incantevole stupore che i Rauhnåcht vanno ad intessere in musica fanno centro senza rischiare d’essere appesantite ulteriormente dagli stessi artifici che le creano: espediente che riduce ai minimi, se non nulli, termini il possibile straniamento di un’apertura sui generis ed energicamente prorompente come quella di “Zwischen Den Jahren”, episodio più catchy e squillante dell’album, comunque esempio non a sé nel discorso di coesistenza a sfumatura di ritornelli esultanti e trascinanti -affidati ai cori- con veloci incupimenti e inasprimenti (in questo caso poderosamente centrali).
L’ottimo dinamismo non si estingue nel fascino arcano delle volte melodiche, malinconiche ma accattivanti, dell’intensa title-track che segue e nemmeno nella strumentale “Gebirgsbachreise” – cinque minuti dal timbro misterioso di pregevole stacco dal cantato acre di Traunmüller (comunque non posti ad inutile interludio) che separano dalla seconda metà del disco: diviene infatti presto chiaro come il nostro abbia ideato l’album suddiviso in due parti distinte e che, nonostante l’alta e non trascurabile qualità della prima, gli oltre venti minuti finali spartiti in soli due più lunghi, coraggiosi ma solidissimi brani siano la manifestazione più alta e romantica degli eleganti paesaggi sonori, lirici e visivi che i Rauhnåcht puntano a creare. Il folklore gentile, audace in fatto d’arrangiamento (le idee dei brani partono pur sempre dalla musica popolare e non viceversa) ma parco nell’illuminare senza rubare luce al resto della musica, getta luci in un Black Metal bombastico, avvincente, pieno di accenti, ricco di mordente e cambi ritmici, dettagli orchestrali che ricamano con contrappunti visioni a volo d’uccello di freddo a strapiombo su foreste innevate che all’improvviso sono dissipate dal calore dello scricchiolare di un camino in una baita calda, solo in attesa della prossima tormenta e dell’arrivo di Hulda al termine delle dodici notti.

Non serve però attendere l’emozionante concludersi di “Ein Raunen Aus Vergess’Ner Zeit” e “Winter Zieht Übers Land” per comprendere il valore di “Unterm Gipfelthron”, ma è allo sgranare dell’ultimo accordo che sfuma nell’eco lontano degli archi, dei cori in semplificazione e dell’effettistica dispersa nel vento, che possiamo finalmente dire con ogni certezza di avere tra le mani il disco della maturità per i Rauhnåcht; forgiato con una produzione realmente ineccepibile, reso irresistibile dal gusto estetico di accordi e melodie ricercate, “Unterm Gipfelthron” è un lavoro di passione chiaramente imperdibile per chiunque avesse già avuto il piacere di seguire l’operato austriaco ma anche -e soprattutto- per tutti coloro alla ricerca di nuovi e personali modi di sperimentare la grandiosità del Black Metal tramite quel filtro speculare che è lo spirito inamovibile ed eterno di tradizioni e folklore immortale, inestinguibile, per sempre vivo perché presente nelle infinite diversità e sfumature di chi lo conosce e lo sa seriamente trasmettere come fosse materia propria.

Matteo “Theo” Damiani

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