Negură Bunget – “Tău” (2015)

Artist: Negură Bunget
Title: Tău
Label: Prophecy Productions
Year: 2015
Genre: Atmospheric/Folk Black Metal
Country: Transilvania

Tracklist:
1. “Nămetenie”
2. “Izbucu Galbenei”
3. “La Hotaru Cu Cinci Culmi”
4. “Curgerea Muntelui”
5. “Tărîm Vîlhovnicesc”
6. “Împodobeala Timpului”
7. “Picur Viu Foc”

8. “Schimnicește”

Correva l’anno 1995 ed usciva un demo intitolato “From Transilvanian Forest”, già emblematico per il titolo stesso, che (insieme agli austriaci Summoning e la loro doppietta di full-length “Lugburz”“Minas Morgul” del medesimo anno) presentava la prima risposta in assoluto, fieramente centro-europea, al Black Metal atmosferico seminale ed innovativo del celebre “conte” Varg Vikernes e la sua dibattuta creatura artistica Burzum che, nel 1994, si apprestava a dare alle stampe quello che sarebbe stato un disco destinato a creare una vera e propria nuova corrente dell’estremo genere in principio norvegese, ancora oggi (dopo vent’anni suonati!) preso come riferimento per le sonorità più in voga nel vastissimo sottobosco di evoluzioni della Nera Fiamma.

Il logo della band

“From Transilvanian Forest”, con la sua per forza di cose esigua durata, era la prima prova in assoluto su nastro dei Wiccan Rede, nient’altro che la prima incarnazione dei romeni Negură Bunget.
Che, nonostante l’importanza storica elevatissima nonché personalità fuori dal comune, il (al tempo) trio transilvano non abbia mai ricevuto il meritato interesse -da parte di pubblico ed addetti ai lavori- è assolutamente innegabile (gli acclamati Drudkh devono ben più di un ringraziamento alla band di Timișoara, per non parlare delle sonorità eufemisticamente copiate ai Nostri da parte di più giovani formazioni connazionali).
Che, a fronte di venti anni tondi di carriera, la band non sia stata (quantitativamente) produttiva, è altrettanto innegabile: infatti a distanza di cinque anni dall’ultima pubblicazione sulla lunga distanza (“Vîrstele Pămîntului”, 2010) tornano Negru e compagnia con la prima parte dell’ambiziosa trilogia che si pone come obbiettivo il trasmettere -grazie a musica ed immagini- le emozioni, sensazioni, riti, storia e natura della loro Terra natia, la Transilvania (la parte occidentale della culturalmente più che ricca Romania).
“Tău” è il titolo di questo primo appuntamento con il trittico, prodotto e rilasciato dalla tedesca Prophecy Productions tramite la sottoetichetta Lupus Lounge (tra le sue fila anche i due ex-compagni del mastermind Negru, ora nei Dordeduh), che presenta -come sempre nella storia della band- diversi cambiamenti rispetto al passato.

La band

Per contestualizzare al meglio l’opera, è necessario anche sapere che la formazione è profondamente cambiata in cinque anni (e ben più di una volta, ad onor di cronaca) e che chi ormai si era abituato alle incursioni fortemente Dark-Ambient della brava Inia Dinia, non troverà più un apporto così marcato negli strati di Korg alla base del sound dei pezzi. Certo, le tastiere svolgono ancora oggi un ruolo fondamentale ed immancabile nell’economia del quintetto, tuttavia sono utilizzate -e le loro partiture scritte- in modo spesso totalmente differente rispetto al passato e ora giocano, in molti passaggi, a dare un mood più epico che tetro o minaccioso al dipanarsi delle otto tracce.
Un altro cambiamento rilevante è stato l’ingresso di Tibor Kati (Grimegod) dietro al microfono, e questo è forse il primo aspetto negativo (uno dei pochi, invero) della release: le parti vocali di Tibor non sono sempre abbastanza varie come d’abitudine per i Negură in passato, e per la maggior parte del platter ripiegano su un growl a volte troppo basso di tono per quello che è il registro dei pezzi, risultando in alcuni frangenti poco incisive.
I cambiamenti sostanziali rispetto al passato (che non riguardino strettamente il songwriting) finiscono qui, senza però far mancare all’ascoltatore diverse grosse e piacevoli sorprese durante l’ascolto: ad esempio la grande quantità di ospiti ben utilizzati, tra i quali il più celebre -nell’ambiente Metal– è senz’altro Sakis Tolis dei greci Rotting Christ al microfono su alcune parti della quinta e riuscitissima traccia, che dona valore aggiunto nonché varietà al solo growl di Kati, il che, grazie anche alla composizione ecletticamente sublime, riesce a figurare come uno dei momenti di più alto interesse e particolarità del disco, così come la splendida ed intima accoppiata finale garantita da “Picur Viu Foc” e “Schimnicește”, o alla incalzante e più Black “Izbucul Galbenei”.
Non rimanga spaventato altresì chi ha apprezzato la band finora: le incursioni folkloristiche sono sempre garantite dal grande e variopinto utilizzo di strumentazione autoctona dei Nostri; infatti finezze come Dulcimer, Xilofono, Tulnic, diversi flauti e fiati, Nai, Kaval, Mellotron, Theremin e -per la prima volta- la tromba, sono presenti (così come le varie parti di tastiere) non solo come contorno ma vero e proprio solito asso nella manica del combo.

In sostanza, grazie alla classe tuttora fuori dal comune e ad una produzione all’altezza della situazione, i romeni riescono a fornire una prima prova (per quanto riguarda il progetto della trilogia e la totalmente rinnovata line-up) convincente sotto moltissimi punti di vista, soprattutto per chi li ha amati finora, ma con margine di miglioramento sotto pochi altri: il growl a tratti troppo soffocante, i cori a volte troppo insistenti e la parte centrale del disco affidata ad una coppia di pezzi troppo simili tra di loro, che appiattiscono un’ottima partenza (una track-list meglio congegnata avrebbe giovato ancor di più, in questo senso).
Con l’augurio alla band di trovare, con la nuova e validissima formazione, un equilibrio che li porti a lavorare insieme ed invariati almeno per tutta la trilogia, e la curiosità di sentire cosa i Nostri sapranno proporci con i prossimi due appuntamenti in studio, consiglio fortemente l’ascolto dell’album a chiunque abbia apprezzato il percorso fortemente sui generis della formazione proveniente da Timișoara, sconsigliandolo invece a chi non ha digerito la virata più “morbida” e meno profondamente Black Metal -giunta con il precedente disco- o a coloro i quali si aspettano il “solito disco à la Negură Bunget, facile tentazione (anti)artistica alla quale la formazione fortunatamente non ha mai ceduto.

Fedeli alla loro Terra e alle loro radici: questo sono da sempre i Negură Bunget, nonostante le diverse incarnazioni stilistiche adottate in corso d’opera. Prendere o lasciare, e chi scrive prende senza remore una delle creature che, come minimo, possono a ragione essere definite tra le più particolari, originali ed eclettiche che il Black Metal dal 2000 in poi abbia visto fino ad oggi.

Matteo “Theo” Damiani

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