Mosaic – “Old Man’s Wyntar” (2017)

Artist: Mosaic
Title: Old Man’s Wyntar
Label: Eisenwald Tonschmiede
Year: 2017
Genre: Atmospheric Black Metal
Country: Germania

Tracklist:
1. “Incipit: Geherre”
2. “Onset Of Wyntar”
3. “Im Winter”
4. “Snowscape”
5. “White Gloom”
6. “Black Glimmer”
7. “Silent World, Holy Awe”
8. “Vom Ersten Schnee”
9. “Silver Nights”

La stagione invernale può sorprendere con diverse sfaccettature, dimostrandoci che l’inevitabile gelo ad essa irrimediabilmente associato non è che la coltre più esterna di ciò che l’inverno in realtà può rappresentare nella sua intera gamma di manifestazioni. Non per forza ultimo, l’inaspettato calore di un focolare tradizionale e analogico.
Sentori mistici e rituali di cui vogliono renderci partecipi i tedeschi Mosaic, guidati dallo sciamano Inkantator Koura, alle prese con il primo vero e proprio full-length “Old Man’s Wyntar”.

Il logo della band

Un progetto che, senza essersi in realtà granché distinto nell’ambiente di riferimento fino ad oggi, fissa i suoi natali intorno al 2006 nonostante non abbia rilasciato proprio nulla fino al 2011. Un paio di lavori dalle fattezze minori anticipano la prima decisiva prova discografica, l’EP concettuale “Old Man’s Wyntar” del 2014 (Amor Fati Productions).
Proprio i primi mesi del 2017 vedono invece l’uscita tramite Eisenwald Tonschmiede dell’omonimo primo full-length, che oltre a condividere il titolo con l’EP di tre anni fa ne continua ed amplia il concept, espandendo ed arricchendo il magico mondo invernale con le sue segrete storie occulte, mediante oltre mezz’ora di nuovo materiale accanto ai brani già precedentemente rilasciati.
Un’opera complessa, dalla genesi tanto particolare quanto la natura dell’uscita risulta essere ambiziosa: un teatrale susseguirsi ed intrecciarsi di tre diversi capitoli incentrati su diversi aspetti della stagione più fredda e cupa dell’anno, con i suoi personaggi centrali e secondari, le sue storie, leggende, fiabe ed atti scanditi dal peculiare Black Metal narrativo ed atmosferico dei Mosaic.

Inkantator Koura

Tradizioni e folklore locale, ricchi di costumi e chiaroscuri naturali, pongono le basi dell’intenso concept di “Old Man’s Wyntar” e delle sue cangianti trame espressive. È proprio l’acuta e profonda espressività a farla da padrone per tutta l’abbondante durata complessiva di oltre un’ora e dieci minuti del disco.
La musica contenuta nel primo full-length dei Mosaic nasce per tenere fede al significato più lampante del monicker stesso: distinguersi come un patchwork disparato di influenze e suggestioni che confluiscono nel Black Metal ma spaziano tra Folk, Neo-Folk, musica Dark di vario spettro, Ambient più impalpabile, e che non disdegnano svariate incursioni rumoristiche (con un sicuro occhio di riguardo agli Agalloch di “Marrow Of The Spirit” per lo sperimentato e sperimentale approccio in tal senso, nonché per le scelte melodiche e dei riverberi dall’infinito delay delle lead guitars).
L’alternanza dei brani effettivamente Black Metal a quelli più delicati, descrittivamente acustici o affidati alle suggestioni stilistiche Ambient, non risulta un problema in seguito ad una remunerativa assimilazione. Il disco è senz’altro ostico, anche per via dell’ampia durata, ma la sua interessantissima natura non può che attrarre l’ascoltatore verso il suo elegante mondo scenografico. Sono, difatti, le ricercate ed arcane liriche a fornire la giusta (anche se criptica e non univoca) chiave di lettura del lavoro che dopo un paio di attenti ascolti inizia a scorrere alla perfezione non curante di mastodontica durata, complessità degli arrangiamenti e delle strutture, nonché dell’enorme quantità ed eterogeneità di materiale inclusavi. Il merito, oltre alla grande capacità compositiva, è in primo luogo ascrivibile a una visione omogenea e fluida, oltre che chiara, della sintassi lirico-musicale alla base delle storie che si susseguono, tessendosi a non finire sul mistico telaio dell’oscuro concept che permea i tre enfatici capitoli. La mira è quella di trasporre in musica volti e paradossi dell’inverno, facendo incontrare dunque l’aspetto incantevole e magico così come quello più duro, malevolo e minaccioso, concludendo infine con le sue sfaccettature più misteriose ed imperscrutabili, filtrandole tramite l’esperienze di Old Man Winter, Boreas, Hulda ed il resto dei protagonisti.
L’ascolto è dunque sicuramente impegnativo durante i primissimi approcci, ma gli svariati elementi di vigoroso interesse -tutto in crescita durante lo scorrere dei brani- consentono la fruizione di un album ambizioso e dalla rara perizia nel mescolare Black Metal atmosferico e fortemente sperimentale, letteratura romantica e tradizionale tedesca, spiritualità del folklore turingio e visiva arte pittorica, grazie al collante di un’interpretazione musicale dal taglio arcaico, sofferto e fortemente escapistico. Inoltre, l’utilizzo di mezzi analogici e scelte ruvide per grande parte della produzione non fanno altro che accrescere la successiva longevità delle sue litanie.
Per questo motivo, se già “Onset Of Wyntar” e “White Gloom” sono pezzi accattivanti e riusciti, è proprio il terzo e finale degli interconnessi capitoli a donare le sorprese più gustose dell’intero disco: gli oltre venti minuti della sola “Silver Nights”, ad esempio, sono così ricchi di pathos e notturna contemplazione naturale da far guadagnare al disco una rarefatta squisitezza anche presa singolarmente.

Le poetiche di George Trakl, Joseph Von Eichendorf e Sir Robert Frost devono aver abbondantemente ed efficacemente ispirato il polistrumentista tedesco, perché in ultima analisi “Old Man’s Wyntar” risulta essere debutto da non lasciarsi assolutamente sfuggire. Che siate estimatori del Black Metal più etereo, o di quello più sperimentale ed eclettico, o che siate affascinati da storie di antiche divinità, rituali e scrutatori dei più intimi volti dell’Inverno, il mondo di ottima musica generato dal fluire delle storie dei Mosaic farà senz’altro per voi.

Matteo “Theo” Damiani

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