Mortichnia – “Heir To Scoria And Ash” (2016)

Artist: Mortichnia
Title: Heir To Scoria And Ash
Label: Apocalyptic Witchcraft Records
Year: 2016
Genre: Atmospheric Black Metal
Country: Irlanda

Tracklist:
1. “Searing Impulse”

2. “Carrion Proclamation”
3. “The Waning”
4. “A Furious Withering”
5. “Heir”

A seguito dello scioglimento dei veramente poco noti Wound Upon Wound, nascono nel 2014 i Mortichnia. Il quintetto, formato da tre componenti su quattro della vecchia band, coadiuvati da un nuovo cantante e un nuovo bassista, debutta sul finire di Aprile con il full-length “Heir To Scoria And Ash” tramite la anch’essa neonata Apocalyptic Witchcraft Recordings.

Il logo della band

Il nuovo monicker prende in parte le distanze dal vecchio progetto, andando a parare più sul versante di Black Metal dalle tinte atmosferiche contraddistinto da forti richiami tanto alla rivoluzione musicale del Post-Industrial con la sua oppressività (chi scrive fa riferimento all’ondata iniziata dai Godflesh nel 1989 con “Streetcleaner”), quanto agli accenni Post-Hardcore e Post-Metal (più propri, rispettivamente, a Isis, Amenra o Neurosis) – che negli ultimi anni è passato alla ribalta con il termine Post-Black Metal.
Ascoltando le note di “Heir To Scoria And Ash”, il primo nome che salta alla mente è sicuramente quello dei connazionali Altar Of Plagues. Non un caso, dato che i Mortichnia non mascherano eccessivamente l’influenza dell’ormai sciolto terzetto di Cork, tanto da farsi (ottimamente) produrre l’album da James Kelly in persona.

La band

Il disco è composto da cinque tracce per un totale di quaranta minuti di musica, tuttavia i lunghi ed effettivi brani sono solamente quattro: anche questa struttura, oltre alla produzione, va a tracciare dell’ulteriore trait d’union con “Mammal” (Candlelight Records, 2011).
In ossimorica guisa, però, tengo a precisare che “Heir To Scoria And Ash” è ben lontano dal ricalcare pedissequamente le orme degli Altar Of Plagues o di chiunque altro. Il rinnovato quintetto gioca con delle influenze palesi e ben stabili, andando a creare una miscela assolutamente personale.
L’opener “Searing Impulse”, ad esempio, pesca a piene mani dalle soluzioni accennate in apertura, trovando però la sua peculiare dimensione in elementi più tecnici e dal vago sentore progressivo.
“Carrion Proclamation”, in fatto di suoni, rinnova il sodalizio d’intenti con la defunta band di James Kelly, svelando però tutto il lato Doom Metal dei Mortichnia: il più lungo di tutto il lotto con i suoi quasi quattordici minuti di durata dove, a differenza della precedente, l’ipnoticità delle atmosfere soffocantamente tangibili spadroneggia senza troppe variazioni (dimostrando la già ampia bravura in sede di composizione dei Nostri), impreziosita da ottime trovate melodiche di lead-guitars fluttuanti tra sustain infiniti e brevi arpeggi distorti.
Lo screaming è straziante ed incomprensibile per tutto l’album, trovando il suo spazio mescolato in mezzo al resto della strumentazione, piuttosto che come veicolo lirico.
“The Waning” è un breve intermezzo che ha, se non altro, il pregio di dividere a metà l’album senza andare a distruggere la grande carica emotiva dei primi due brani.
“A Furious Withering” e “Heir” chiudono il lotto: la prima non distanziandosi eccessivamente per fattori stilistici da ciò che abbiamo avuto modo di ascoltare, se non per il crescendo che inganna l’ascoltatore spegnendosi a metà (in uno dei più tipici stratagemmi di casa Agalloch, fortuna del Black Metal atmosferico del nuovo millennio) e riprendendosi nel furioso finale completamente affidato ai blast-beat; la seconda è la traccia più bella e variegata dell’album, adagiantesi inizialmente su ritmiche più cadenzate e lancinanti passaggi atonali in tremolo-picking, per poi continuare un sali-scendi di pattern ritmici esplosivi e personalmente cangianti.

Un deciso plauso quindi, oltre ai Mortichnia per aver realizzato un debutto di ottima fattura, va alla giovanissima etichetta britannica che ha deciso di dare fiducia ad un nuovo quanto brillante act.
La band ha, invero, raccolto la pesante eredità stilistica di un combo incredibilmente influente come gli Altar Of Plagues (peraltro spentosi presumibilmente troppo presto), un involontario quanto incalcolato fardello che pone già ad inizio percorso un drammatico bivio: continuare su questo binario, con ogni rischio comportato dalla scelta, o cercare di affinare e sviluppare gli spunti più squisitamente personali ben dimostrati in “Heir To Scoria And Ash”?
In futuro la decisione potrebbe dimostrarsi fatale ma, ad oggi, qualunque sia la risposta alla domanda, grazie ad un debutto simile la band irlandese possiede un ottimo biglietto da visita da presentare al mondo intero, alimentando così curiosità ed interesse (nonché aspettative) con una delle sorprese musicali più inaspettate dell’annata in corso.

Matteo “Theo” Damiani

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