Galar – “De Gjenlevende” (2015)

De GjenlevendeArtist: Galar
Title: De Gjenlevende
Label: Dark Essence Records
Year: 2015
Genre: Melodic Black/Folk Metal
Country: Norvegia

Tracklist:
1. “De Gjenlevende”
2. “Natt… Og Taust Et Forglemt Liv”
3. “Bøkens Hymne”
4. “Ljós”
5. “Gjeternes Tunge Steg”
6. “Tusen Kall Til Solsang Ny”

“Nulla si crea, qualcosa si ripete…” (da “Manifesto Nichilista” dei bolognesi Malnàtt)

Nulla si crea: non è mai stato possibile creare qualcosa di effettivamente nuovo-tout-court, nella musica così come in qualunque altra manifestazione artistica.
Chiunque copia, inconsapevolmente o meno.
Il trucco, come disse tempo fa in un’intervista Ville Sorvali (frontman dei finlandesi Moonsorrow), sta semplicemente nel copiare senza permettere agli ascoltatori di accorgersene.
Si potrebbe quindi ridurre il tutto, semplicisticamente, ad “artisti che scopiazzano” ed “artisti che s’ispirano”.
Immagino non ci sia bisogno di dire quale delle due categorie sia quella che, mediamente ad essere eufemistici, riesce ad ottenere i risultati migliori.
I norvegesi Galar, autori dell’ottimo (lo premetto dal principio) “De Gjenlevende” di cui si vuole parlare in questa sede, sono decisamente parte della seconda -e senza dubbio più efficace- categoria.

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Il logo della band

Nati nel 2004 come duo, a Bergen in Norvegia, producono un piccolo (ed ancora molto derivativo) Demo omonimo nel 2005, che li porta però al contratto con la tedesca Heavy Horse Records per la pubblicazione del loro full di debutto del 2006, “Skogskvad”, che mostra già -oltre alle assolute carte in regola- il sound distintivo dei Nostri.
Una proposta che, senz’altro, porta con sé delle (positive e mai citazionistiche) analogie con, ad esempio, Windir o Taake (per rimanere sui connazionali), ma che non influisce minimamente sull’originalità (di cui si parlava nell’incipit) della band di Bergen, invero molto forte e marcata.
I due nomi qui sopra sono infatti unicamente utilizzati a scopo indicativo di coordinate stilistiche, difatti i Galar propongono un Black Metal fortemente melodico, arricchito molto spesso da cori e controcori maschili (a volte predominanti), da tradizione norvegese, mischiandolo con il loro folklore.
Ed è parlando di folklore che arriviamo al secondo capitolo targato Galar: “Til Alle Heimsens Endar” del 2010, uscito per la (senz’altro più nota) Dark Essence Records, affidata -la release- alla sotto-label Karisma Records.
Il disco vede una propensione maggiore dei Nostri all’utilizzo massiccio di parti folkloristiche (non solo per quanto riguarda strumenti tradizionali o acustici veri e propri), in modo molto più marcato e preponderante che non nel debutto.
Giungiamo al 2014, anno in cui il duo annuncia sulla sua pagina Facebook l’uscita del terzo lavoro, “De Gjenlevende”, poi posticipato ad inizio 2015 per piccoli ritardi, sempre per Dark Essence Records, evidentemente (e giustamente) rimasta più che soddisfatta dal secondo disco della band.

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La band

Il disco ci presenta i Galar, per chi già aveva avuto modo di approfondirli con le scorse release, in forma più che smagliante e che –stilisticamente– riprendono alcune atmosfere del debutto più tipicamente Melodic Black e meno Folk rispetto al precedente album.
La title-track posta in apertura è una summa, in sé, di quello che i due hanno da offrire con la loro musica: perfetto connubio di melodia soave, classe e ferocia.
Va infatti detto subito che “De Gjenlevende” non presenta grosse novità nel sound della band di Bergen, ma svolge il compito (solitamente arduo ed indegno) di dare seguito a due prime prove di portata inarrivabile per molti altri gruppi alle prime armi. Troviamo infatti sempre i cori armonizzati e le ottime melodie (queste sì, ora, spesso folkloristiche) a far da padrone nel pezzo.
La successiva “Natt… Og Taust Et Forglemt Liv”, dopo l’inizio a riff stoppati (decisamente inusuale nel genere proposto, ormai diventato marchio di fabbrica dei Galar), presenta una spiccata vena melodica (ancor più che nell’opener), infarcita anche da parti di pianoforte e di fagotto (strumento caro ai Nostri, ed impiegato a donare un tocco genuinamente e personalmente folkloristico fin dagli esordi) che vanno ad intrecciarsi alla perfezione con il riffing tagliente e la sfuriata centrale, prima del rallentamento che ci accompagna per mano verso la fine della traccia, profondamente intrisa di malinconia, dove ad inseguirsi sono le parti vocali in pulito e screaming.
“Bøkens Hymne”, probabilmente il pezzo più bello e vario del disco, si apre con delicati giri di pianoforte dal sapore quasi classico, accompagnati subito da archi soffusi come in una calma prima della tempesta. Infatti, in crescendo, non tardano ad entrare in scena comparto elettrico e, soprattutto, la melodia folkloristica di tastiere dal sapore epico che introduce ad una cavalcata in doppia cassa, impreziosita dagli intrecci vocali migliori di tutto il platter e dalla coda finale semplicemente di classe.
Con “Bøkens Hymne” si chiude il trittico di pezzi che, di fatto, apre il disco: non tarda infatti ad arrivare l’intermezzo di gran piano e fagotto, “Ljós” (che ricorda molto, nella sua struttura nonché posizione nella tracklist, l’intermezzo “Skumring” che si trovava nel debutto -a conti fatti, non l’unica analogia con “Skogskvad”-) il quale, oltre a spezzare letteralmente a metà il disco, predisponendo l’ascoltatore alle ultime due lunghe cavalcate che “De Gjenlevende” riserva, riprende anche inizialmente le note dell’apertura del pezzo che lo precede.
Le successive “Gjeternes Tunge Steg” e “Tusen Kall Til Solsang Ny”, non presentano grandi novità in casa Galar, e nemmeno rispetto ai primi tre pezzi del disco, pur rimanendo canzoni dello stesso livello qualitativo delle tre appena affrontate.
Il pezzo conclusivo (scelto dalla band e dalla label come singolo del disco in anteprima qualche mese fa), in particolare, spicca per la chiusura da sapore fortemente Post-Rock, mentre “Gjeternes Tunge Steg” si presenta come, fondamentalmente, il pezzo più classicamente Black Metal (ma pur sempre di stampo melodico) dell’intero lotto, per via della leggermente minore presenza e preponderanza delle parti in pulito, nonostante le armonie (e disarmonie) di chitarra distorta si tengano molto più ariose che non opprimenti, ed il prezioso e raffinato break centrale di (ancora una volta) fagotto e archi.

Nonostante, come detto, stilisticamente non ci siano novità stravolgenti nel suono dei Nostri, la band riesce nel compito che spesso risulta il più arduo per una formazione giovane: arrivare al traguardo del terzo full-length personale senza il minimo calo e, al contrario, con una crescita e maturazione invidiabilmente imponente.
Senza segreti, “De Gjenlevende” rappresenta -come minimo- il punto più alto finora (e non era affatto semplice impresa!) della discografia dei Galar, per via della sua maturità confermata in ogni pezzo del disco e della totale assenza di momenti di stanca all’interno dell’intero lavoro.
Per gli amanti -e non- di queste sonorità: vietato perderselo, non avrete scusante alcuna.

Matteo “Theo” Damiani

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