Artist: Deadly Carnage
Title: “Through The Void, Above The Suns”
Label: Aeternitas Tenebrarum
Year: 2018
Genre: Atmospheric Black Metal
Country: Italia
Tracklist:
1. “Quantum”
2. “Matter”
3. “Hyle”
4. “Cosmi”
5. “Lumis”
6. “Ifene”
7. “Fractals”
8. “Divide”
9. “Entropia”
Il percorso evolutivo dei romagnoli Deadly Carnage meriterebbe uno scritto solo per sviscerarne appieno e con dovuta attenzione i contenuti. Attivi ormai da tredici anni, dieci esatti dall’approccio volutamente Raw del Black Metal contenuto nel debutto “Decadenza”, i nostri hanno sperimentato dapprima in “Ceneri” (secondo full-length del 2011) spostando l’ago della bilancia su una notevole modernizzazione e tecnicizzazione di soluzioni e produzione, collimando però l’estetica Doom già presente a capolino nei primi due capitoli in un oscuro e pesante flusso eterogeneo di novità tra Dark Metal e Post Metal in quella consacrazione di maturità compositiva che fu “Manthe”, già apprezzato proprio su queste pagine nel 2014.
Negli ultimi quattro anni la spinta progressiva non solo non ha apparentemente accennato a dileguarsi, tuttavia persistente non sempre con risultati ineccepibili, ma risulta oggi più intensa
che mai. L’estemporaneo e non esattamente convincente EP “Chasm” di due anni fa (in retrospettiva, per molti versi felicemente, quasi una battuta nulla) oggi sembra essere servito più come un trampolino di lancio e sonda, probabilmente troppo carica delle influenze esterne dei componenti, dai cui errori riprendere le fila interrotte in “Manthe” nell’atto di poter creare di nuovo minuziosamente il suo successore intitolato “Through The Void, Above The Suns”.
“Chasm”, sulla carta, non è tuttavia stato l’unico incidente di percorso della band negli ultimi quattro anni: lo storico cantante Marcello Cavalli lascia infatti la nave Deadly Carnage dopo le registrazioni dell’EP, ridimensionando i nostri ad un quartetto. È il già chitarrista Alexios a prendere le redini del microfono, come noteremo, con i risultati decisamente inaspettati di una prestazione che, per interpretazione, supera la più rosea aspettativa in quello che oltre ad essere il quarto full-length del gruppo nostrano si presenta come il loro primo concept album scritto con l’intento di essere tale.
Un sound più curato, stratificato e complesso è ciò a cui musicalmente i nostri hanno mirato per la creazione di “Through The Void, Above The Suns”, in linea con il personale concept scandagliante i misteri e gli anfratti delle nostre singolari percezioni all’interno di un cosmo vivente e pulsante, dalla nascita alla comprensione interiore, tra materia e sussurri in natura, che ci consegna una narrazione continua in nove atti (di cui sei effettive canzoni, raggruppate geometricamente in tre pacchetti da due, ognuno sua volta introdotto con varietà).
Anche se mormorii e meditazione rappresentano il fil rouge che a livello sensoriale lega ininterrottamente tutto il fluire dell’album, non è tuttavia difficile notare come parimenti il quarto full-length dei Deadly Carnage sia con immediatezza ed ampia probabilità il loro lavoro più stilisticamente capillare e variegato per emozioni e scelte pigmatiche. L’opprimenza dei due album precedenti non è dimenticata e, oltre ad essere accompagnata dalle armonie oscure e malinconiche già nell’opener, viene sporadicamente incanalata in partiture dalla chiusura quasi Industrial e meccanica: ne è il più lampante esempio la prima parte di “Hyle”, a sfumare velocemente in una splendida e luminosa apertura che non solo raddrizza i più recenti esperimenti della band, ma ripesca a piene mani da un percorso già iniziato in episodi come “Dome Of The Warders” dal non dimenticato “Manthe”.
Non si tratta di un caso isolato; pur essendo oscuro e fortemente intriso di poetica Doom Metal, fascinatio vacui del resto sempre ultima consolazione di fronte a processi in parte dogmatici, il disco è principalmente riflesso vitale di una visione, seppur ancora esistenzialista in termini, decisamente meno nichilista che in passato. Il continuo scambio di emozioni fa sì che ogni traccia, con una singolare eccezione, sia quando presa distintamente che come parte di un unico fluire di tre quarti d’ora, riesca a splendere di luce propria e allo stesso tempo illuminare in gioco di riflessi il resto delle brillanti composizioni, tra cui -per cesello e ricchezza di gusto- spiccano episodi come “Lumis”, “Ifene” e soprattutto la conclusiva “Entropia” (uno degli sforzi più votati al Post-Metal del combo romagnolo) a tirare le fila di ogni discorso lasciato in sospeso lungo i capitoli del concept.
Interessante è la costruzione che tende a schiarirsi e a farsi gradualmente suasiva in atmosfere durante lo sviluppo dell’album, richiudendosi tuttavia nel modo più cupo, coerentemente con il suo capitolo incentrato sulla distruzione come evento essenziale e mai marginale dell’intero processo ciclico, narrato con enorme trasporto sia quando teatralmente affidato alle vocals più aggressive, tanto quanto durante le non così saltuarie incursioni clean che giocano con riverberi tanto da sfiorare in più punti fascinazioni Dream-Pop ed Ethereal-Wave. Non mancando né momenti più propriamente Black, né quelli più ascrivibili all’universo comunemente noto come Blackgaze, vale la pena tuttavia notare come, sorprendentemente – data la personalità dello stile raggiunto in “Through The Void, Above The Suns” dai Deadly Carnage dopo anni di accorgimenti, un episodio come la poco fortunata “Divide”, pur non totalmente fallimentare per sé, non solo stoni all’interno del viaggio per la sua natura citazionistica in eufemismo, ma rischi per un momento anche di straniare eccessivamente l’ascoltatore attento -proprio per questo motivo- spezzando immotivatamente un raffinato viaggio che, altrimenti, sarebbe stato praticamente privo di sbavature.
Tirando dovute conclusioni, anche grazie alla produzione dal fascino analogico e da suoni di batteria (più in generale della strumentazione, registrata e prodotta nei Domination Studios di San Marino) incredibilmente naturali e organici, la bravura e attenzione al dettaglio dei Deadly Carnage, coadiuvati in questo vagabondaggio dal violoncello di Alice Masini e dai sintetizzatori di Mike Crinella (autore anche della parte di pianoforte in “Divide”), li spinge a scrivere il loro disco più riuscito in assoluto, ricco di freschezza e con picchi di unicità, nonché a riconfermarsi interpreti dalla sempre più grande originalità.
– Matteo “Theo” Damiani –