Column N.30 – Cultes Des Ghoules & Barren Canyon (2018)

 

Va ammesso: non è una grande sorpresa che i Cultes Des Ghoules tornino con un grande album, ma lo è possibilmente la direzione che rescono a prendere ogni singola volta pur orbitando attorno al loro personalissimo pianeta stilistico. “Sinister, Or Treading The Darker Paths” non fa differenza in tal senso (e pertanto ne parleremo meglio e più approfonditamente in più di un’occasione a brevissimo, potete starne certi) e potete intanto ascoltarvelo tutto in streaming facendovi meglio un’idea su BandCamp essendo uscito ufficialmente settimana scorsa. Di conseguenza, una seconda colonna che veda protagonista un altro suo tassello è quasi d’obbligo considerato quanto potenziale interesse potete ritrovare nella sua interezza.
La scelta è ricaduta sulla densità della sua chiusura, interessante fin dal titolo che recita “Where The Rainbow Ends”, che in dodici minuti ci mostra con brillantezza scanzonata diversi lati (talvolta anche inesplorati) della band veloci ad emergere dal più profondo e solito marciume, ferocia dal caratteristico piglio in metro sonoro di Black Metal old-school fatiscentemente trascinante tra goia in sfortune e tragedie, sporcizia, polvere varia e stregonerie ormai perfettamente affilate. L’aspetto più affascinante dei Cultes Des Ghoules, fatta ingiusta eccezione per le distintive atmosfere che sanno creare con spessore in ogni lavoro (esteso o minore esso sia), è forse proprio la destrezza naturale nel plasmare con coerenza ed organicità singolari microcosmi in ogni suddivisione per traccia. “Where The Rainbow Ends” ne è ottimo esempio.

Lo trovate su BandCamp.

Tracklist:
1. “Children Of The Moon”
2. “Woods Of Power”
3. “Day Of Joy”
4. “The Serenity Of Nothingness”
5. Where The Rainbow Ends”

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Novità fresca fresca in casa Avantgarde Music è il secondo disco dei canadesi Barren Canyon, fumoso duo/trio dalle mansioni interne laconicamente descritte come liquide – che alle parole preferisce giustamente regalare un interessante full-length di soli due (lunghissimi) brani intitolato “World Of Wounds”, uscito la scorsa settimana. Idealmente dovrebbe essere qualcosa come la colonna sonora dell’estinzione del genere umano visto come fattore inevitabile del ciclo vitale e naturale sul pianeta – vissuta con impotente consapevolezza da parte delle future vittime.
Essendo appena uscito, anche in questo caso potete per l’appunto già ascoltarvelo tutto nella sua breve intensità; ma il secondo riflettore della domenica punta dritto sulla composizione eterogenea di -nel seguente ordine- freddo Ambient dal tocco settantiano e Black Metal (quest’ultimo non così lontano dalle peripezie stilistiche drammatiche di casa Downfall Of Nur per quanto concerne la parte métal noir) che si nasconde neanche troppo in profondità nel primo brano intitolato “Congress Of Oak”. Gli amanti di tale commistione atmosferica avranno senza il benché minimissimo dubbio di che gioire quando alle prese con i Barren Canyon, dal momento che in questo caso le due parti sono praticamente distribuite in guisa equa nel fluire del platter e con grande prova d’abilità in entrambe le musical-fazioni. Chi potrà fare un po’ di fatica, al contrario, è colui che cerca quella capacità (o volontà) di rendere più omogeneo il risultato e a cui i Barren Canyon non sembrano essere granché interessati: la cifra dei Nostri parte (e pende) più dalla musica eterea e liquida che non dal Metal in senso stretto, ed è pertanto questa la struttura sui cui versare poi la comunque solidissima ed iper aggressiva pece con cui annerire il tutto.
Dopo una lunga introduzione, che forse detto questo è scorretto reputare tale, “Congress Of Oak” vola e si dispiega con facilità modellando il tempo e facendolo scorrere con innata velocità per via del pathos costruito sul senso perenne di catastrofe imminente – mostrandoveli in sostanza al meglio delle loro capacità compositive.

Lo trovate su BandCamp.

Tracklist:
1. “Congress Of Oak”
2. “Taiga Blooms”
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Matteo “Theo” Damiani

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