Column N.26 – Blut Aus Nord & Shining (2017)

 

Al luminare Vindsval, mente e principale corpo dei Blut Aus Nord, pur dopo più di vent’anni di musica obliqua e più di dieci full-length pubblicati (senza contare le numerosissime e spesso imperdibili prove minori), basta mescolare un minimo le carte in tavola per riuscire a sorprendere ed affascinare.
Con una piccola eccezione: l’ultimo “Memoria Vetusta” non mi era andato proprio giù. Lungi dall’essere un brutto disco, mancava totalmente tutta quella dose di novità ed imprevedibilità che fino a quel momento aveva presentato ogni (e dico ogni) colpo affondato dalla sua onirica creatura.
Classe da vendere, è vero, ma dopo la destrutturazione e disorganizzazione del Black Metal tutto nella stupefacente trilogia 777 (e dopo le pregevoli sparate estemporanee dei tre Liber) quella che fino a quel momento avevo visto come una delle più importanti, influenti, originali e al minimo interessanti manifestazioni che il genere abbia mai testimoniato, sembrava non aggiungere nulla non solo alla discografia (preso atto della categorizzazione a sé dei cicli di lavori) ma in realtà nemmeno parzialmente alla rinnovata trilogia “Memoria Vetusta”.
Mi si perdoni dunque la digressione forse squisitamente personale ma è con enorme piacere che possiamo notare come i Blut Aus Nord, dopo l’annuncio del nuovo e undicesimo full “Deus Salutis Meæ” (in arrivo il prossimo 27 ottobre per Debemur Morti Productions), abbiano apparentemente aperto un’ennesima nuova parentesi nel loro percorso creativo.
Almeno questo è ciò che sembra dirci l’anteprima di “Apostasis”, calata al popolo in settimana. Cinque minuti di squisita sperimentazione che pesca a piene mani da soluzioni ormai proprie del bagaglio della band, mescolando il tutto in un modo come sempre ancora nuovo e come sempre ancora unico.
Atmosfera spessa, disorganica, destrutturata ma in cui il perno tipicamente industriale degli asimmetrici tocchi di batteria (vana)gloriosamente elettronica (facciamo la conoscenza di Godflesh in iperattività cocainica) incontrano riffing dal cavernoso approccio Death e Black. Un suono fitto, religioso, sempre opprimente ma costellato di sbilenca creatività avanguardistica di cui Vindsval sembra essere questa volta unico e solitario autore (fatta eccezione per le parti vocali coadiuvate dal misteriorso Taysiah (già conosciuto oltre dieci anni or sono all’opera su “The Work Which Transforms God”).

Lo trovate su BandCamp.

Tracklist:
1. “δημιουργός”
2. “Chorea Macchabeorum”
3. “Impius”
4. “γνῶσις”
5.
“Apostasis”
6. “Abisme”
7. “Revelatio”
8. “ἡσυχασμός”
9. “Ex Tenebrae Lucis”
10. “Métanoïa”

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Prima o poi doveva arrivare il momento. Presto o tardi anch’io, in qualità di scribacchino, mi sarei dovuto cimentare con il controverso demone Shining. Una delle creature più amate/odiate (soprattutto odiate) del panorama Metal di tutti i tempi (me lo si concede?), che ha diviso fin dagli esordi scatenando la più fervente ammirazione o il più eloquente disappunto, tornerà ad inizio 2018 con un nuovo full-length. Il decimo, per di più, da una band da cui era lecito aspettarsene molti meno.
Eppure, piacciano o meno, c’è sempre un qualcosa che spinge amanti e detrattori a parlare degli Shining; sia l’antipatia personale nei confronti dell’istrionico Kvarforth o sia la qualità delle composizioni poco importa: a distanza di vent’anni dagli esordi la multicolore band svedese continua a far discutere.
I giudizi non mancheranno di sprecarsi anche qui, nel caso del nuovo estratto (che farà parte, prima ancora che del nuovo disco “X – Varg Utan Flock”, di un doppio singolo 10″ in vinile come antipasto) “Jag Är Din Fiende”.
“Io sono il tuo nemico”. Un nome un programma.
Con buona pace di chi li dà per morti dal secondo disco o giù di lì, l’evoluzione stilistica sembra ormai aver lasciato un segno indelebile anche sulla pelle della creatura di Niklas. Tuttavia, i sette minuti che compongono il brano non dimostrano di proseguire nella coraggiosa direzione blues-acustica che caratterizzava l’ultimo (e ottimo) disco, ponendo invece un pesante freno, quasi una retromarcia ricordando molto più le sonorità di “Redefining Darkness” (2012), con tanto di riffing sì malsano ma sempre groovy e la voce del frontman ormai assestata su toni graffianti dal piglio alternativo. Abbiamo la sezione più liquida, decadente, con cantato pulito, e su costruzione tipica Heavy Metal persino un assolo di LaRocque (sì, Andy, quello dei King Diamond che gli produce anche il disco) che però suona decisamente meno sentito di quelli soliti, da brividi, costruiti alla perfezione dalle pennate di Huss.
Ci ritroviamo di fronte all’ennesimo brano dal fortissimo marchio Shining, i cui estimatori del percorso apprezzeranno per la classe di scrittura e arrangiamento, che scevro dalle solite sterili critiche su personaggi e fatti mostra invece qualcosa di lampante e ben più interessante: la fortuna della band è al tempo stesso la sua più grande piaga. Un essere che ha intrapreso una direzione artistica che oltre a tagliare i ponti col passato, da ormai un bel po’, sta iniziando a tagliarli anche con un sempre meno distinto pubblico di riferimento. Più definita l’evoluzione, più forte il trademark ormai assodato, più feroci le critiche. Musicali e, più spesso, non.

Lo trovate su YouTube.

Tracklist:
1. “Jag Är Din Fiende”
2. “No Rest For The Wicked (The Coffinshakers Cover)”

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Matteo “Theo” Damiani

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