Árstíðir Lífsins – “Aldafǫðr Ok Munka Dróttinn” (2014)

Artist: Árstíðir Lífsins
Title: Aldafǫðr Ok Munka Dróttinn
Label: Ván Records
Year: 2014
Genre: Viking/Black Metal
Country: Islanda

Tracklist (CD I):
1. “Kastar Heljar Brenna Fjarri Ofan Ǫnundarfirðinum”
2. “Knǫrr Siglandi Birtisk Á Löngu Bláu Yfirborði”
3. “Þeir Heilags Dóms Hirðar”
4. “Úlfs Veðrit Er Ið CMXCIX”
5. “Máni, Bróðir Sólar Ok Mundilfara”

Tracklist (CD II):
6. “Tími Er Kominn At Kveða Fyrir Þér”
7. “Norðsæta Gætis, Herforingja Ormsins Langa”
8. “Bituls Skokra Benvargs Hreggjar Á Sér Stað”
9. “Sem Lengsk Vánar Lopts Ljósgimu Hvarfs Dregr Nærri”

Vento sferzante, onde del mare imperiture ed eterne, viola e violoncello aprono il terzo capitolo discografico degli islandesi Árstíðir Lífsins, intitolato “Aldafǫðr Ok Munka Dróttinn” e suddiviso in due dischi separati per timing ma non per fluire, costituenti in totale circa un’ottantina di minuti di musica.

Il logo della band

Ancora una volta il disco è prodotto dalle sapienti mani della Ván Records da Aquisgrana, che in questi anni continua a regalare vere e proprie piccole opere d’Arte in musica per i palati (o, forse, sarebbe il caso di dire padiglioni auricolari) più fini ed esigenti, non solo per quanto riguarda il Metal estremo o il Metal in generale.
L’ambizioso doppio disco “Aldafǫðr Ok Munka Dróttinn” giunge a due anni di distanza dall’ottimo “Vápna Lækjar Eldr”, seconda prova in studio che seguiva il debutto “Jǫtunheima Dolgferð” del 2010, che mostrava già la band capitanata da Marcel Dreckmann (che ritroviamo anche negli Helrunar) districarsi ottimamente replicando il successo artistico del disco del 2010 e consolidandone le caratteristiche stilistiche: un Black Metal dalle tinte spesso molto aspre, ma sempre e comunque addolcito e reso sognante e malinconico grazie alle incursioni folkloristiche varie e particolari, raffinate ed eleganti, il cantato totalmente in islandese (lingua per noi tanto incapibile quanto affascinante) e un flavour massicciamente Viking Metal debitore (anche concettualmente) in onorata parte ai primissimi Enslaved.

La band

Tutte queste caratteristiche sono immediatamente riscontrabili anche nel nuovo disco del trio islandese, a partire dall’opener “Kastar Heljar Brenna Fjarri Ofan Ǫnundarfirðinum” che già ben descrive quello che andremo ad ascoltare (non senza diverse e piacevolissime sorprese) lungo il dipanarsi degli ottanta minuti.
Infatti, i due dischi separati non mostrano grosse differenze stilistiche tra di loro tali da giustificarne una separazione: la motivazione è pressoché totalmente lirica, oltre al fatto che possiamo trovare un mood forse leggermente più rilassato nella prima parte che non nella (più tirata) seconda; tuttavia la separazione giova nel caso un ascoltatore non avesse il tempo di fruire in un qualunque momento di un disco da più di un’ora di timing.
Nonostante ciò, è bene dire fin da subito che l’ora e venti di musica destinata ai solchi di “Aldafǫðr Ok Munka Dróttinn” scorre magistralmente come se ci trovassimo innanzi ad un disco singolo di qualunque altra band, non presentando mai momenti di stanca o noia grazie alla sua varietà a tratti incredibile (variegati i registri vocali e narrazioni che permettono di immedesimarsi totalmente nelle musiche dei Nostri), quando ascoltato nella sua interezza e probabilmente -in questo modo- ancor di più che separato.
Il maestoso flavour Viking Metal, con cori e controcori maschili epici e potenti, fornisce il contraltare perfetto alla ferocia e schiettezza delle parti più Black-oriented, perno e matrice del disco, con una produzione secca e perfetta (merito di Markus Stock, mastermind di Empyrium, The Vision Bleak e proprietario della tedesca Prophecy Productions tramite il suo Klangschmiede Studio E), chitarre taglienti e coinvolgenti grazie all’elevatissima ispirazione delle partiture ad esse affidate, sfocianti spesso e volentieri nel Doom quando le atmosfere si fanno più malinconiche e strazianti.
La totalmente acustica “Tími Er Kominn At Kveða Fyrir Þér” apre alla perfezione la seconda parte del platter, staccando dai momenti più furiosi del primo disco ed introducendo altrettanto bene quelli che subito dopo verranno: infatti le due canzoni che seguono (“Norðsæta Gætis, Herforingja Ormsins Langa” e “Bituls Skokra Benvargs Hreggjar Á Sér Stað”) oltre a costituire uno dei momenti più alti dell’ora e venti di (doppio) disco, sono stati anche i due pezzi resi disponibili come anteprime all’annuncio dell’uscita (ben poco anticipata) dell’album.
“Bituls Skokra Benvargs Hreggjar Á Sér Stað” infatti rappresenta probabilmente il pezzo meglio composto non solo del disco, ma invero della discografia degli islandesi; trofeo non di facile vittoria -va amesso- che grazie ai raffinatissimi arrangiamenti ed un finale con tre parti urlate sovrapposte in sequenza garantisce un risultato emozionante come pochi.
Infine, la conclusiva “Sem Lengsk Vánar Lopts Ljósgimu Hvarfs Dregr Nærri” è l’epilogo del viaggio: mid-tempo con accelerazioni adrenaliniche presentante anche clangori di spade ed armi giunte al termine della battaglia e -probabilmente- della vita stessa.

Non vi è dubbio che “Aldafǫðr Ok Munka Dróttinn” sia da intendersi come un vero e proprio uggioso ma epico viaggio. Autentica poesia in musica che non mancherà di soddisfare tutti coloro che avranno tempo da dedicare ai suoi due complessi ma ripaganti dischi, i quali mostrano la band islando-tedesca comporre, realizzare e rilasciare il suo lavoro più maturo e riuscito, con stupore di chi (come il sottoscritto) già aveva molto apprezzato le derive personali del precedente capitolo targato 2012.
Da segnalare anche il (solito) lavoro pregevole per quanto riguarda l’aspetto grafico e visuale del disco: un elegante digipak racchiude a scrigno i due dischi ed il vasto e corposo booklet recante la vera e propria storia (in doppia lingua, non temete) che ascoltando “Aldafǫðr Ok Munka Dróttinn” degli Árstíðir Lífsins vi accingerete a conoscere, posto infatti come un libro al centro.
Ora, a voi.

Matteo “Theo” Damiani

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