Alcest – “Kodama” (2016)

Artist: Alcest
Title: Kodama
Label: Prophecy Productions
Year: 2016
Genre: Atmospheric Black Metal
Country: Francia

Tracklist:
1. “Kodama”
2. “Eclosion”
3. “Je Suis D’Ailleurs”
4. “Untouched”
5. “Oiseaux De Proie”
6. “Onyx”

Kodama is way more personal than Shelter. We are proud of it, but I think it was maybe a bit too influenced by other things. I really was obsessed with Slowdive at that time. Shelter still sounds very ‘Alcest’, but maybe not as much as the other records. […] We felt the need to pick up on things where we left them.” (Neige)

Proprio con le parole di chi è sottoposto ad analisi e discusione, pare il caso di aprire questo scritto; ad onor di cronaca, infatti, per una volta, non vi sarebbe molto altro da aggiungere riguardo a cosa aspettarsi dalla nuova uscita dei francesi Alcest.

Il logo della band

Registrato nei Drudenhaus Studio a Limoges da Benoît Roux, prodotto successivamente da Mika Jussila (Finnvox Studios), “Kodama” è il quinto full-length del duo formato da Neige e Winterhalter.
Non circostanzialmente, il nuovo album giunge a distanza di due anni dal criticato “Shelter”, sempre tramite l’ormai solida collaboratrice di lunga data Prophecy Productions, e con non comune e quasi ammirevole onestà è annunciato (finanche mesi in anticipo) come il ritorno alle sonorità che avevano contraddistinto il secondo ed il terzo disco della band. Le attese erano dunque alte, giustificate da un singolo di lancio incendiario come “Oiseaux De Proie”; per scoprire ulteriormente le carte in tavola con anticipata direzione che vale più di mille presagi anche altri due pezzi sono stati nel mentre rivelati.
Tuttavia, è quasi lapalissiano asserire che un ritorno simile necessiti per forza di cose di un’ispirazione più che autentica per non finire a suonare forzato -nel migliore dei casi in cui questa sua assente- se non direttamente falso; ad uno sguardo disattento, persino la più comune pirite può sembrare oro.

La band

Procediamo dunque, utilmente, con l’attenzione che -diciamolo da subito- il disco merita.“Kodama” (“spirito dell’albero”, in giapponese, in riferimento a Hayao Miyazaki e la sua pellicola “La Principessa Monoke”), composto da cinque brani di medio-lunga durata e una breve coda, non perde tempo in orpelli introduttivi ed il riffing etereo della title-track ci introduce nel suo concept pregno di cultura e arte nipponica, a cavallo tra mondo fisico e metafisico.
Il feeling è decisamente organico, i suoni sono da subito corposi e densi più che mai, mantenendo e anzi andando a valorizzare in diacronia il sound assolutamente dreamy dei pezzi. Le liriche del brano a conti fatti non esistono: il testo udibile è improvvisazione vocale nella vena degli esperimenti sdoganati dalle leggendarie tecniche abusate dalle ugole di Dead Can Dance e Cocteau Twins (l’ascoltatore a suo agio con entrambi i mondi espressivi citati avrà modo di notare che l’assenza di premeditazione canora non è esattamente l’unico metro stilistico legante i mondi degli act in questione e quello degli Alcest). Ospite sul raffinato e lungo brano è Kathrine Shepard (Sylvaine), autrice dei brevi arrangiamenti di voce femminile, mentre il basso -così come sul resto del disco- è suonato in questa occasione dallo storico collaboratore live Indria Saray.
Le influenze melodiche mescolanti musica giapponese, World Music più in generale ed Art Rock, lasciano spazio a “Eclosion” in cui l’ottima scrittura in fatto di progressione ci permette di (ri)trovare screaming e blast-beat per quella che è una caratteristica della band oggi ancor più sviluppata che in passato: usare elementi di musica estrema pur riuscendo a suonare a cavallo tra il Dream Pop e il Black Metal.
La ritmata “Je Suis D’Ailleurs” riprende il discorso interrotto con gli episodi più particolari del terzo album (“Les Voyages De l’Âme”, 2012) ma lo fa con una maturazione invidiabile, dove chitarre più definite dal sapore Post-Rock lasciano spazio al più impalpabile andamento Shoegaze, pur approcciandosi all’ascoltatore in modo più diretto e terreno. Si ritorna a sognare per poco solo con il brano più soft del disco, “Untouched”, che rivanga reminescenze del famoso debutto ed episodi come “Les Iris” (“Souvenirs D’Un Autre Monde”, 2007) con le sue commistioni tendenzialmente etniche nel cantato.
Il sogno è gradualmente interrotto dalla malinconia feroce di “Oiseaux De Proie”, polarizzante gran parte degli elementi chiave dello stratificato Alcest-sound dimostrandosi non solo uno dei migliori esemplari dell’album ma probabilmente dell’intera produzione del combo d’Oltralpe. Il picco di dolorante passione sfuma nelle divagazioni rumoristiche proprie della musica Noise di “Onyx”, che ci accoglie e con un confortevole abbraccio accompagna lentamente lo spegnersi del disco.

Fare ammenda per un lavoro in parte non riuscito, dimenticare, rinnegare e tornare tout-court sui propri passi sarebbe stato tanto facile quanto falso ed illusorio, se privo di fondamenta ispirate. Queste vanno a catalizzarsi in una palese e prima d’ora inedita volontà di avvicinarsi a suoni più voluminosi ma allo stesso tempo meno sognanti, dove l’esperienze calcificanti il DNA di Slowdive e Sigur Rós sono ora usate per trovare una nuova strada.
In ultima analisi, “Kodama” ci mostra una band in piena consapevolezza del suo potenziale che non solo si è redenta dal passo falso commesso con “Shelter”, ma ne ha fatto fruttuosa occasione per trovarne i punti di forza produttivi e realizzare oggi il suo lavoro più maturo e completo: non ogni male viene insomma, apparentemente, per nuocere.

Matteo “Theo” Damiani

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